Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Torino, quale giudice dell’esecuzione, concedeva all'espiando quarantacinque giorni di liberazione anticipata, in relazione
alla pena della reclusione applicatagli, con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., sostituita con la pena dei lavori di pubblica utilità.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino interponeva ricorso per cassazione avverso
la citata ordinanza, denunciando violazione di legge, sotto plurimi profili.
Un primo profilo lamentava la incompetenza funzionale del Giudice
dell’esecuzione ad applicare un istituto, la liberazione anticipata, che l’art. 69, comma 8, ord. pen.,
attribuisce esclusivamente al Tribunale di sorveglianza.
Sotto altro aspetto, la parte pubblica evidenziava come il G.E. abbia applicato un istituto previsto
per la pena detentiva, sulla base di una erronea equiparazione alla stessa del lavoro di pubblica
utilità, fondata sull’errata lettura dell’art. 76 legge 689 del 1981; quest’ultima norma, infatti, non
prevede l’applicazione automatica alle pene sostitutive di tutte le norme dell’ordinamento
penitenziario, ma solo di quelle «compatibili». Osservava, tuttavia, il P.M. come «ben difficilmente»
possa ritenersi compatibile con la liberazione anticipata il lavoro di pubblica utilità, la cui
equiparazione alla pena detentiva ex art. 57 legge 689 del 1981 è effettuata esclusivamente ai fini
del computo della pena.
La Corte di cassazione, inverstita del superiore ricorso, ha anziutto scrutinato il secondo motivo di censura, logicamente prioritario a quello sulla competenza a decidere sull'istanza.
Al rigaurdo la Corte di legittimità ha precisato che <<l’evoluzione normativa e sistematica consente ... di affermare che la natura detentiva della
misura in espiazione non è più un discrimine per la concessione del benefici, dal momento che, per
poter beneficiare della libertà anticipata, non è richiesto che la detenzione sia in atto e comporti la
carcerazione all’interno di istituto penitenziario, essendo piuttosto preteso il mancato esaurimento
del rapporto di esecuzione penale in corso, sulla cui protrazione temporale l’istituto vada ad incidere in senso favorevole al condannato, anticipandone la cessazione>>.
Ciò premesso, la Corte ha poi considerato che la
più ampia e possibile equiparazione tra condannati in espiazione di pena sostitutive e condannati in
espiazione di pena detentiva attraverso misure alternative alla detenzione, per come emerge dalle norme interessate, fa ritenere che non sussiatno motivi di incompatibilità tra il LPU e la liberazione anticipata. concludendo che <<l’istituto della liberazione anticipata di cui
all’art. 54 ord. pen., in forza del combinato disposto di cui agli artt. 57 e 76 legge 689 del 1981, 47
comma 12-bis e 54 ord. pen., è applicabile alla pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità>>.
Per ciò che attiene al tema della competenza, i giudici nomofilattici hanno ritenuto <<il dato normativo inequivoco: ai
sensi dell’art. 69-bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 come sostituito, da ultimo, dal d.l. 4
luglio 2024, n. 92 conv. in l. 8 agosto 2024, n. 112 (in epoca successiva, quindi, all’entrata in
vigore del d.lgs. 150 del 2022), la competenza funzionale a decidere in ordine alla
concessione della liberazione anticipata spetta al magistrato di sorveglianza (art. 69 bis cit,
comma 4: «Il provvedimento che concede o nega il riconoscimento del beneficio è adottato dal magistrato di sorveglianza»), che decide con ordinanza reclamabile al Tribunale di
sorveglianza (art. 69-bis cit., comma 5: «Avverso l’ordinanza di cui al comma 4 il difensore,
l’interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o
notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio»)>> (sentenza al link).