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09 gennaio 2021

Cambia ancora il nuovo appello pandemico: le modifiche introdotte dalla legge 176/2020 - di Marco Siragusa

Il nuovo statuto legislativo dell’appello pandemico, introdotto dalla legge 176/2020ha ribadito gli oneri a carico delle parti la cui inosservanza “scarta” la trattazione dell’appello sui binari cartolari, ma ha anche introdotto ulteriori forme di inammissibilità delle impugnazioni.



IL QUADRO NORMATIVO

Il 25 dicembre 2020 è entrata in vigore la L. 176/2020.

La legge si compone di un solo articolo al quale è allegato il testo del decreto legge Ristori (il n. 137 del 2020) convertito con modificazioni (art. 1 comma 1 l. cit.).

Non tragga in inganno il comma 2 dell’art. 1, che prevede l’abrogazione dei decreti legge nn. 149 e 157 del 2020. 

Infatti, se da un lato, restano “validi gli atti e i provvedimenti adottati e … salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi”, dall’altro, la tecnica legislativa adottata, è stata quella della c.d. successione impropria con il recepimento nel nuovo testo normativo della disciplina prevista dagli originari decreti legge e, in particolare, per quel che qui rileva, dall’art. 23 del decreto legge n. 149/2020.

In questo contributo il focus sarà concentrato sugli articoli 23, 23 bis e 24 della L. 176/2020.

Le novità saranno affrontate con taglio pratico per fornire agli operatori del diritto alcune indicazioni sul come orientarsi e sul come determinarsi nelle strategie processuali.

Rimangono immutate le perplessità già segnalate in sede di commento alla normativa sull’appello pandemico introdotta dal Ristori bis, in particolare quelle sulla scelta del legislatore di “affidare” alla conversione con voto di fiducia lo stravolgimento dello statuto del processo di appello attraverso norme che derogano ai principi e alle regole dettate dal codice di rito.


Il TEMPO PANDEMICO

Il punto di partenza è quello dell’orizzonte temporale della normativa emergenziale.

Sebbene lo scettico lettore sarà portato a supporre un consolidamento a regime delle nuove regole dell’appello penale, esse si applicheranno dal 24 novembre 2020 sino a tutto il 31 gennaio 2021, salvo proroghe che il “sospettoso” lettore potrà autonomamente prefigurarsi. Del resto, come scriveva Giuseppe Prezzolini, <<In Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio e nulla di più provvisorio del definitivo>>.

Il tempo è però scandito dalla legge di conversione in tre fasi, due delle quali non più attuali ma destinate a perpetuare i propri effetti in ragione della “sanatoria” legislativa sia pure con qualche modifica rispetto al decreto legge.

La prima fase, è quella che va dal 9 novembre al 23 novembre 2020.

La seconda fase, è quella che va dal 25 novembre 2020 al 9 dicembre 2020.

La terza fase, è quella che va dal 10 dicembre 2020 al 31 gennaio 2021 (salvo proroghe che s’attendono, come si diceva).

Le prime due fasi rilevano solo ai fini della sanatoria: l’articolo 1 comma 2 della L. 176/2020 fa infatti salvi gli “atti e i provvedimenti adottati” nonché “gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti” sulla base del decreto legge n. 149/2020. 

Ne segue che:

  • per la prima fase, cioè per i processi di appello celebrati nel periodo compreso tra il 9 e il 23 novembre 2020, nulla è cambiato. Tali processi furono “trattati” secondo le regole ordinariamente previste dal codice di procedura penale e l’art. 23 bis comma 5 della L. 176/2020 dispone che <<Le disposizioni [pandemiche] non si applicano nei procedimenti nei quali l'udienza per il giudizio di appello è fissata entro il termine di quindici giorni a far data dal 9 novembre 2020>>;
  • per la seconda fase, cioè per i processi di appello trattati nel periodo compreso tra il 24 novembre e il 9 dicembre 2020 vige(va) il regime “derogatorio della deroga”, ora disciplinato dall’art. 23 bis comma 6 della L. 176/2020: la parte che intende(va) fare istanza di discussione orale doveva presentare richiesta entro cinque giorni (il termine era perentorio, ma non era libero).
  • per la terza fase, quella che va dal 10 dicembre 2020 al 31 gennaio 2021, la parte che voglia fare richiesta di discussione orale deve presentare l'istanza entro quindici giorni liberi (dunque sedici giorni prima) ex art. 23 bis comma 4 L. 176/2020.


Il regime pandemico e l’imputato. La medesima “possibilità” accordata al difensore è riservata all’imputato, che può chiedere, per il tramite del difensore, la discussione orale della causa nei termini che si sono da ultimo esaminati (art. 23 bis comma 4 ultima parte L. 176/2020). 

Fanno naturalmente eccezione i processi con imputati detenuti a qualsiasi titolo: ai sensi dell’art. 23 comma 4 L. 176/2020 <<la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate, in stato di custodia cautelare, fermate o arrestate, è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale>>.


IL TEMPO "CONFUSO" DEL LEGISLATORE FRETTOLOSO

La legge di conversione prevede espressamente che gli effetti decorrono “a far data dal 9 novembre 2020.

È ora, dunque, evidente che i termini dell’appello pandemico relativi alle prime due fasi devono essere fissati, rispettivamente al 23 novembre 2020 e al 9 dicembre 2020 (dies a quo computatur: a far data dal 9 novembre …).

Ma il testo originario, quello cioè del decreto legge, aveva una diversa “formulazione”: l’art. 23 comma 5 del D.L. 149/2020 dispone(va) infatti che la novella non si applica(va) ai giudizi di appello fissati <<entro il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto>>. Com’è evidente, quindi, nella previsione del decreto d’urgenza, diversamente che da quella della legge di conversione, dies a quo non computatur. Poiché il decreto legge è entrato in vigore il 9 novembre 2020, sino a tutto il 24 novembre 2020 compreso (prima fase), e sino a tutto il 10 dicembre 2020 compreso (seconda fase), nulla cambia(va) sulla base delle previsioni del decreto legge.

Si pone dunque il problema di stabilire cosa ne sia delle udienze di appello del 24 novembre 2020 al fine di verificare, rispettivamente, se esse andassero trattate secondo le regole ordinarie ovvero secondo il regime “pandemico”. Analogo problema si pone anche con riferimento alle udienze del 10 dicembre 2020 quanto al termine di scadenza dell’istanza di discussione orale.

La questione non è di poco momento, giusta l’evidente differenza sui “termini” che la legge di conversione ha introdotto rispetto al decreto legge. 

In altre parole, stando alla lettera della legge di conversione, in assenza dell’istanza di discussione orale presentata dalle parti, il 24 novembre 2020 la trattazione avrebbe dovuto essere cartolare; e così, analogamente cartolare, avrebbe dovuto essere la trattazione dell’udienza del 10 dicembre 2020, in assenza di un’istanza di discussione orale presentata entro il 24 novembre (quindici giorni liberi prima).

Riteniamo, tuttavia, che si sia in presenza dell’ennesima “schizofrenia” legislativa, figlia del pressappochismo con il quale vengono “concepite” norme dirette ad incidere su questioni esiziali.

Infatti, l’articolo 1 comma 2 della L. 176/2020 fa salvi gli “atti e i provvedimenti adottati” nonché “gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti” sulla base del decreto legge n. 149/2020. Ne segue che, gli effetti del regime eccezionale disciplinato dalla decretazione d’urgenza devono essere posposti di un giorno - rispettivamente sino a tutto il 24 novembre e sino a tutto il 10 dicembre 2020 - come avevamo segnalato in un precedente contributo.


LA DISCIPLINA DEL NUOVO APPELLO PENALE: SCENARI E MAPPE DI ORIENTAMENTO.

Ecco, per punti, gli scenari alternativi secondo i quali si celebrerà il giudizio di appello sino al 31 gennaio 2021.


A) Prima ipotesi di giudizio di appello: tutto come prima.

Ha appellato il pubblico ministero (e/o la parte civile) per motivi attinenti alla valutazione della prova (art. 603 comma 3 bis c.p.p.): l'udienza si celebrerà secondo le regole tradizionali della trattazione orale previste dal codice di rito.

Sarà un’udienza orale e pubblica (salva la celebrazione a porte chiuse a causa delle restrizioni sanitarie, art. 23 comma 3 l. cit.) e le parti non dovranno far altro che attendere la notifica dell’avviso ex art. 601 comma 5 c.p.p.. Indi interverranno all’udienza discutendo la causa, more solito.

Infatti, ai sensi dell’art. 603 comma 3 bis c.p.p., in casi simili, il giudice di appello deve rinnovare l'istruttoria e l’art. 23 bis comma 1 della L. 176/2020 deroga alla disciplina transitoria <<fuori dai  casi di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale>>. Se, infatti, è ben vero che il giudice di appello non sia tenuto sempre a disporre la “riassunzione” della prova, in quanto potrebbe ritenerla superflua ai fini della conferma assolutoria secondo la regola del dubbio ragionevole, riteniamo che il contraddittorio debba essere innescato in udienza orale, dal momento che l’art. 23 bis comma 1 cit, non lascia spazio ad altre interpretazioni.

Va da sé che deve procedersi analogamente, e previo contraddittorio orale, anche nell’ipotesi in cui l'atto di appello non contenga la obbligatoria richiesta di rinnovazione dell'istruttoria. In casi del genere, infatti, il giudice deve dichiarare in via preliminare inammissibile l’appello ai sensi degli articoli 581 comma 1 lett. c) c.p.p. e 591 comma 1 lett. c) c.p.p., sulla (mera) constatazione che mancano i requisiti legali dell’atto.

Sono però esclusi dalla trattazione “tradizionale e codicistica” gli atti di appello del pubblico ministero e della parte civile che devolvano alla cognizione del giudice di appello questioni diverse da quelle attinenti alla valutazione della prova come, ad esempio, questioni sull’illegalità della pena ovvero, per la parte civile, questioni attinenti al quantum risarcitorio ovvero alla formula assolutoria.

In casi simili, la corte d'appello potrebbe procedere nelle forme cartolari meglio indicate al punto che segue.


B) Seconda ipotesi: il nuovo appello emergenziale.

In tutti gli altri casi di appello, la corte d’appello procede con la "trattazione scritta" (art. 23 comma 1 L. 176/2020), secondo il nuovo, ordinario, statuto dell'appello penale.

Vediamo come "funziona" la trattazione scritta.

Ai sensi dell'art. 601 comma 5 c.p.p. il presidente della Corte fa notificare alle parti l'avviso dell'udienza.

A questo punto il pubblico ministero formula le conclusioni con atto scritto trasmesso alla cancelleria del giudice entro il decimo giorno precedente l'udienza.

La cancelleria, a sua volta, trasmette le conclusioni immediatamente (id est: subito) ai difensori delle altre parti, i quali entro il quinto giorno precedente l'udienza possono presentare le conclusioni con atto scritto trasmesso secondo le (obbligatorie) modalità introdotte dall'art. 24 della L. 176/2020.

Nel silenzio della norma, continua a non esser chiaro cosa ne sia dell'ordine (art. 523 c.p.p.) della "discussione scritta", atteso che, a rigore, quella della difesa dell'imputato deve seguire, per ultima, quella delle altre parti. Neppure la legge di conversione ha risolto i dubbi sui tempi di trasmissione delle discussione scritte delle parti private che, com’è previsto dal codice, devono precedere quelle della difesa dell’imputato. Rimane, infine, ancora dubbio quando la cancelleria debba dare avviso alle parti che è stata presentata un’istanza di discussione orale.

Con questa "forma" di pseudo contraddittorio scritto, il giudice di appello procede in camera di consiglio e fa comunicare il provvedimento reso alle parti (art. 23 bis comma 3 L. cit.). 

Il legislatore non ha tenuto conto delle critiche alla “remotizzazione” delle Camere di consiglio; critiche che in molti distretti hanno comportato l’adozione di una protocollazione in deroga al regime normativo. 

Tuttavia, anche nella legge di conversione, si continua a parificare alla Camera di consiglio il “luogo da cui si collegano i magistrati” (art. 23 comma 9 L. cit.), così, di fatto, “pixelizzando” la collegialità con ogni intuibile detrimento della “qualità” del momento decisionale. 


C) Terza ipotesi: l’istanza di discussione orale.

Ecco la rivoluzione copernicana introdotta dal legislatore “pandemico”.

Le parti che intendono veder celebrato il giudizio di appello nel pieno rispetto delle previsioni codicistiche, devono fare richiesta di discussione orale entro il termine perentorio di quindici giorni liberi (cioè sedici, ndr) previsto a pena di decadenza (art. 23 bis comma 4 L. 176/2020).

Costituisce una novità della legge di conversione (art. 23 comma 7 L. cit.), che non era prevista dal decreto legge Ristori bis, l’estensione del regime pandemico anche ai procedimenti per le misure di prevenzione e agli appelli cautelari, con la sola eccezione che deriva dalle peculiarità dei procedimenti camerali: in questi casi l’istanza di discussione orale deve essere presentata cinque giorni liberi (cioè sei, ndr) prima dell’udienza, a pena di decadenza. 


Inammissibilità: ce ne occuperemo nella pubblicazione di domani e con riferimento a tutte le impugnazioni.