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23 gennaio 2021

Proposte serie e deflative per la riforma del processo penale, quel che manca al Recovery plan - di Daniele Livreri


Su questo blog abbiamo già dato conto, con un post del Presidente della Camera penale di Trapani, avv. Marco Siragusa, di tutte le riserve che nutriamo in ordine alle prospettate riforme della Giustizia, contenute nel "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza". 

Personalmente mi colpisce il modesto spazio dedicato, nell'analisi dei principi ispiratori, ai riti alternativi. Ci si limita a considerare che si modificherà <<la disciplina dei riti alternativi in modo da incentivarne l'adozione, eccezion fatta per i casi in cui si proceda per reati molto gravi>>.

I connotati della riforma restano imperscrutabili, a differenza di altri istituti per i quali il Piano ha già indicato la direzione, invero non condivisibile, su cui ci si indirizza. Eppure il vero tavolo su cui si giocano le sorti del sistema processuale penale è quello dei riti alternativi. Anzi degli strumenti deflattivi a disposizione degli attori processuali. 

Sappiamo bene che possono esserci delle resistenze culturali e se vogliamo in qualche senso etiche agli strumenti deflattivi, li espresse, a proposito del rito abbreviato, financo l’allora Senatore Vassalli, che poi da Ministro firmò il novello codice (Cfr. intervento in  Senato del 19 novembre 1986). Ma senza di essi l'unica alternativa è quella del ricorso ad interventi di clemenza generalizzati, cui si ricorreva non poco all'epoca del codice Rocco. 

Ed allora sarebbe bene affrontare senza reticenze il tema vero: cosa vogliamo fare per rendere più accessibili i riti alternativi? 

Vogliamo continuare ad ampliare il numero dei reati che ne sono esclusi? Non sono forse i reati più gravi propri quelli più dispendiosi in sede di accertamento dibattimentale. E poi una tale esclusione non sottende che chi accede ad un rito alternativo sia un colpevole che lucra uno sconto di pena? Sembra una tesi diffusa:  in tutte le occasioni in cui ho discusso del rito abbreviato con degli studenti di procedura penale mi sono sentito ripetere come un mantra che il vantaggio dell'abbreviato è lo "sconto" di pena, piuttosto che la rapida definizione del processo. 

Possiamo subordinare l'ammissibilità della richiesta di patteggiamento a restituzioni integrali e risarcimenti? Possiamo introdurre anche le pene accessorie quali conseguenze del patteggiamento per i reati contro la pubblica amministrazione? Certo possiamo, ma è davvero appetibile in questo modo il rito alternativo?

E' pensabile che si continuino a introdurre pene accessorie, soprattutto confische, camuffate variamente e giustificate nei modi più vari? 

Si può continuare a ritenere opportuno il controllo sul quantum di pena concordato tra le parti? Perché il Giudice dovrebbe divenire muto spettatore della scelta unilaterale di una parte di rinunciare ad una prova da Egli ammessa al dibattimento e invece potrebbe censurare il quantum di pena condiviso tra le parti?

Davvero l'imputato che abbia scelto il rito abbreviato deve correre il rischio che il Giudice introduca nuove prove, lì dove il rito in questione  presuppone la completezza delle indagini?

Si può continuare ad assistere alla continua introduzione di aggravanti ad effetto speciale che rendano impossibile la messa alla prova? 

E' sensato consentire al Pubblico Ministero di contestare separatamente o cumulativamente le imputazioni, impedendo però al prevenuto di accedere in maniera parziale agli strumenti deflattivi? Vogliamo chiarire al riguardo se la messa alla prova in continuazione è ammissibile? 

In sintesi: vogliamo avere una visione sistematica del processo accusatorio?!?