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21 marzo 2021

La Riforma del Processo penale - 1.1. la riforma dell'udienza preliminare - Le risposte del Giudice, Simone Alecci (*)




Inauguriamo la nuova rubrica "La Riforma del Processo Penale", al momento "ospitata" all'interno della sezione Foro del nostro blog, con il primo di una serie di interventi sul progetto di riforma del quale ci siamo più volte occupati.
La nuova rubrica sottoporrà alcune domande a un giudice, un pubblico ministero e un avvocato.
Inizieremo con la riforma dell'udienza preliminare e con 3 domande al GIP, Simone Alecci

Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.



1- Dottor Alecci, ritiene opportuna e davvero praticabile la modifica della regola di giudizio ex art. 425 c.p.p. così come prospettata nel progetto di legge?

La prospettiva di una rivisitazione lessicale nonché semantica del canone di giudizio pulsante nell’art. 425, terzo comma, della trama codicistica processuale si rivela indubbiamente suggestiva, se non altro nella misura in cui si propone di porre rimedio alla (statisticamente inconfutabile, avuto altresì riguardo a quanto rammentato dal Primo Presidente della Corte di Cassazione nell’alveo della “Relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2019”) timida funzione di filtro dell’udienza preliminare.

Pare proprio, detto altrimenti, che il diritto vivente non abbia ancora compiutamente metabolizzato le coordinate ermeneutiche recentemente sancite dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (16 luglio 2020, n. 37207), che hanno ancora una volta riconosciuto all’udienza preliminare le vesti di una dimensione processuale completa e di un momento di cognizione piena.

Tuttavia, come correttamente osservato dalla dottrina, è davvero improbabile che la rivisitazione lessicale di un criterio decisorio in chiave prognostica riesca effettivamente a scardinare l’attuale stato dell’arte.

Semmai, potrebbe al più trattarsi della positivizzazione di un’esortazione a disporre il giudizio solo allorquando affiori dagli atti un orizzonte probatorio connotato, in quel preciso momento, da un coefficiente di serietà e solidità (il che indurrebbe l’interprete ad abbandonare la regola di giudizio prognostica in luogo di quella diagnostica, che valorizza icasticamente – anche in questo stadio procedimentale - il principio in dubio pro reo).

Così stando le cose e preso atto della scarsa efficacia filtrante dell’udienza preliminare nel diritto vivente, è forse opportuno domandarsi se la provocazione dottrinale (brillantemente propugnata, ad esempio, dal professore Marcello Daniele e, ancor più recentemente, da Jacopo Della Torre, i quali giustamente rimarcano che nessuna disposizione di rango costituzionale sarebbe a ciò ostativa) che predica l’abolizione di questo momento procedimentale conservi il suo mordente operativo (ancor prima che ideologico).

In altre parole, sarebbe il caso di comprendere in chiave legislativa se una generalizzazione della citazione diretta assicurerebbe o meno quel significativo risparmio di risorse che potrebbero essere impiegate per velocizzare le altre fasi procedimentali.


2- Per rimediare alla eccessiva e incontrollata durata delle indagini, la riforma non corre il rischio di penetrare in aree di discrezionalità del Pubblico Ministero ?

Le coordinate ermeneutiche che valorizzano (almeno astrattamente) il momento di cognizione piena dell’udienza preliminare rendono persuasivo l’intento del legislatore volto ad innestare in questa capsula procedimentale il controllo giudiziale sulle regole inerenti ai termini per le indagini preliminari.

Ciò, a ben vedere, risponde all’esigenza di evitare di continuare a considerare come insindacabile le scelte dell’ufficio di Procura sul versante dell’iscrizione della notizia di reato (che la dottrina etichetta da tempo alla stregua di santuario incomprensibilmente inviolabile).


3- Il controllo del GUP sulle indagini attribuisce alla sua funzione nuove “competenze di giudizio”, sono compatibili con il giudizio dell’udienza preliminare?

La morfologia (ribadita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione) dell’udienza preliminare come momento di cognizione piena rende del tutto ammissibili, anche in prospettiva dogmatica, l’innesto di nuove competenze di giudizio nella sfera del giudice dell’udienza preliminare.

Il GUP deve continuare ad esser considerato come organo giurisdizionale poliedrico e non certo esser degradato alle vesti di visconte dimezzato.




(*) Simone Alecci:
Magistrato ordinario con funzioni giudicanti penali presso il Tribunale di Palermo dal 2017 (attualmente in servizio presso la Sezione GIP-GUP e già giudice del dibattimento nel triennio 2017-2020), è membro del comitato direttivo delle riviste “Diritto civile contemporaneo” e “La nuova procedura civile”. Laureato con lode presso l’Università degli Studi di Palermo, ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Diritto Privato presso la “Scuola Internazionale Tullio Ascarelli”. E’ autore di pubblicazioni in materia di obbligazioni, di società a partecipazione pubblica nonché in tema di sovraindebitamento del consumatore.