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25 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 7.1 la riforma del giudizio monocratico - Le risposte del giudice, Francesco Giarrusso (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", ora nella partizione "Il processo che verrà" del nostro blog, ospitiamo l'intervento sul progetto di riforma del giudizio monocratico con due domande al Giudice, Francesco  Giarrusso.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.





1- La riforma intende introdurre un’udienza filtro per i procedimenti a citazione diretta, in cui il Giudice sarà chiamato, tra le altre cose, a valutare se sussiste una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria. Le pare una riforma cui potrebbe conseguire un reale effetto deflattivo dei giudizi, oppure si rischia di inserire un passaggio procedurale che dilaterà i tempi processuali?
In un contesto in cui, come si è visto, vi sono obiettivi e plurimi riscontri circa il fatto che l’udienza preliminare funzioni male, tanto da essersi ventilata in dottrina la possibilità di una sua soppressione, la direttiva di delega di cui all’art. 6 del ddl. Bonafede non può che suscitare forti perplessità. Quest’ultima, infatti, propone di introdurre per i reati a citazione diretta di cui all’art. 550 c.p.p. un’inedita udienza filtro, celebrata dinnanzi a un giudice monocratico diverso da quello dibattimentale, nella quale, da un lato, dovrebbero essere richiesti (a pena di decadenza) alcuni riti alternativi, e, da un altro lato, il decisore sarebbe chiamato a valutare la sussistenza o meno dei presupposti per pronunciare sentenza di non luogo a procedere. 
In estrema sintesi, in modo del tutto anomalo, si vuole dar vita per i reati finora giudicati con il rito a citazione diretta a una “mini udienza preliminare”, finalizzata «a consentire un vaglio volto a evitare la comunque onerosa celebrazione di dibattimenti inutili, che appare scontato o notevolmente probabile che si concluderanno con il proscioglimento». 
Ebbene, nella realtà, una tale modifica che a parere dello scrivente, è frutto di una palese sfiducia nei confronti della selezione effettuata da parte dei pubblici ministeri circa le azioni penali meritevoli di essere esercitate, produrrebbe un significativo aggravio per la macchina della giustizia, ossia un effetto marcatamente in contrasto con i propositi di economia processuale, perseguiti dai riformatori. 
Infatti, è del tutto illusorio pensare che la mera fissazione di un filtro prognostico sulle imputazioni azzardate possa davvero sfoltire un gran numero di regiudicande. 
È alquanto criticabile il fatto che nell’art. 6 del ddl. Bonafede il Governo faccia riferimento soltanto al giudizio abbreviato, al patteggiamento e all’oblazione e non anche alla messa alla prova per adulti. Ci si riferisce, ad esempio, oltre a quanto si è osservato in tema di riti alternativi, al fatto che il Governo, in modo assai criticabile, non ha aggiornato la regola di giudizio per emanare la sentenza di non luogo a procedere in siffatta udienza davanti al giudice monocratico, all’ultima versione dell’art. 425, comma 3, c.p.p. di cui è proposta l’introduzione. 
In altre parole, sembra evidente che allorquando le forze politiche hanno deciso di cambiare, rispetto alle bozze iniziali di legge delega, la formulazione letterale del criterio decisorio dell’udienza preliminare, si sono dimenticati di coordinare tale innovazione con le proposte in tema di Tribunale in composizione monocratica.
Così si esprime la Relazione illustrativa al ddl., cit., p. 8. a prediligere il rinvio a giudizio rispetto al non luogo a procedere in una percentuale altissima di casi. Un tanto porta a dire che l’analisi costi e benefici, compiuta dal delegante quando ha ideato tale nuova udienza, non sia corretta: a fronte di una percentuale probabilmente molto bassa di regiudicande che la stessa riuscirebbe a filtrare, si verificherebbe un sicuro, significativo aumento di costi a carico di un sistema giustizia già in estrema difficoltà. In un momento in cui emerge con sempre con maggiore chiarezza che la scelta di creare l’udienza preliminare si è dimostrata censurabile, dar vita a un nuovo meccanismo pressoché analogo per i reati a citazione diretta non rappresenterebbe altro che la ripetizione di un errore. Non si può che auspicare pertanto che, nel dibattito parlamentare, la direttiva di delega venga del tutto eliminata.


2- L’articolo 12 del disegno di legge prevede dei termini entro cui concludere i giudizi. Per quello innanzi al Tribunale monocratico la celebrazione del processo dovrebbe avvenire, senza distinzione alcuna, entro un anno, col rischio di sanzioni disciplinari ove i termini non siano rispettati per negligenza inescusabile. Quale il suo giudizio al riguardo?
In merito alla durata dei processi, la ritengo meritevole di attenzione anche in considerazione, come avviene per le stragrandi categorie professionali, regolamentare la sanzionabilità di quei comportamenti, qualificabili dal legislatore “negligenti” da parte di chi amministra la giustizia, costituendo un valido strumento di controllo. 
Pertanto, alla luce della riforma, risulterebbe assolutamente necessario, una regolamentazione sul monitoraggio della conduzione delle attività processuali.
Però, una attenta critica va evidenziata in merito ai termini di durata circoscritti in “un anno” entro i quali deve avvenire la celebrazione di un procedimento. 
Pertanto, da un lato è ragionevole pensare ad un contenimento delle fasi processuali entro limiti ragionevolmente contenuti, ma dall’altro, non si può tacere, sull'ambito delle competenze del Tribunale Monocratico, ove possano delinearsi fenomeni di illeciti diversi tra loro nei quali risulterebbe ipotizzare vari tempi di durata dei procedimenti a secondo delle tipologie di reato.
Quindi, a parere dello scrivente, corretto indicare un tempo di durata, ma sicuramente più elastico, benché comunque contenuto, per consentire e garantire alle ipotesi penalmente più gravi un lasso di tempo maggiore per un sereno giudizio da parte degli operatori della giustizia. 



(*) Francesco Giarrusso:
 avvocato penalista, cultore di diritto e procedura penale minorile, è attualmente Giudice Onorario presso il Tribunale Penale di Trapani.