Sezioni

Sezioni

16 febbraio 2022

La gravidanza non scrimina il delitto di invasione di edifici



Torniamo ad occuparci di stato di necessità (lo avevamo fatto con il contributo al link), e pubblichiamo un'interessante sentenza del Tribunale di Marsala (al link).

Con riferimento al reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p. non integra la causa di giustificazione dello ‘‘stato di necessità’’, ex art. 54 c.p., la semplice condizione di gravidanza dell’imputata, atteso che – secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale – la scriminante in esame presuppone il pericolo attuale e transitorio di un danno grave alla persona e non altrimenti evitabile, sicché deve escludersene la configurabilità nell’ipotesi in cui il reo abbia agito per «sopperire alla necessità di risolvere in via stabile la propria esigenza abitativa›› (cfr., da ultimo, Cass. Sez. II, Sent. n. 7993/2017).

E invero, come chiarito in modo esemplare dalla Suprema Corte, «per la configurabilità dello stato di necessità (la cui prova spetta all'imputato che la invoca), occorre che il pericolo sia ‘‘attuale’’. Tale ultimo requisito presuppone che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius – al fine di evitare ‘‘un danno grave alla persona’’ – il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio (Cass. 3310/1981 riv 148374). L'attualità del pericolo, per argumentum a contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo. Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto. Invero, il pericolo non sarebbe più attuale (rectius: imminente) bensì permanente proprio perché l'esigenza abitativa – ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessità ‘‘di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona’’ – necessariamente è destinata a prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 54 c.p. alla luce dell'art. 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l'attualità del pericolo con l'esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un'ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque, un'alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale: cfr. sul punto, Cass. 35580/2007 riv 237305; Cass. 7183/2008 riv 239447» (cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 9655/2015, relativa ad una fattispecie in cui è stata esclusa la scriminante de qua invocata dal ricorrente in ragione dello stato di gravidanza del proprio coniuge).

Ne consegue che l’anelata stabilità dell’occupazione abusiva esclude in nuce la sussistenza della causa di giustificazione dello ‘‘stato di necessità’’, essendo l’operatività della stessa limitata alle ipotesi in cui – come anzidetto – la condotta del reo sia volta a fronteggiare problematiche contingenti e transeunti: infatti, la necessità di reperire una stabile sistemazione può essere soddisfatta dai consociati mediante l’attivazione della procedura amministrativa per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica presso l’Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) o presso il Comune e, in attesa che l’iter si concluda con esito favorevole, mendiate il supporto dei competenti servizi socio-assistenziali ovvero di amici e familiari.

Inoltre, avuto riguardo al bene giuridico presidiato dalla norma incriminatrice in commento, un eventuale vaglio di ‘‘particolare tenuità dell’offesa’’ ex art. 131 bis c.p. dev’essere effettuato dall’Autorità Giudiziaria con estremo rigore, sulla scorta di una «una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo» (Cass. Pen., SS.UU., n. 13681/2016): e ciò in quanto le procedure pubbliche di assegnazione degli alloggi popolari – finalizzate, per l’appunto, a risolvere le esigenze abitative dei consociati – sono appositamente congegnate ‘‘ne cives ad arma ruant’’ e improntate, all’uopo, al principio della trasparenza dell’azione amministrativa.

Com’è agevole intuire, dunque, l’occupazione sine titulo di un alloggio di edilizia popolare è astrattamente idonea ad arrecare un serio e concreto pregiudizio a coloro i quali, non meno bisognosi di un alloggio rispetto al reo, ne avrebbero avuto diritto all’esito di una regolare procedura amministrativa: spetta, pertanto, al Giudice della cognizione il compito di effettuare un’attenta valutazione del ‘‘caso concreto’’, in relazione al quale ponderare l’intensità dell’offesa arrecata dall’imputato al bene giuridico tutelato dall’ordinamento.