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04 aprile 2022

La memoria del testimone: dieci domande della dott.ssa Silvia Spanò al prof. Giuseppe Sartori

 


(in foto: Silvia Spanò e Giuseppe Sartori)

Siamo onorati di ospitare l'intervento del Prof. Giuseppe Sartori, Professore Ordinario di Neuroscienze forensi e di Neuropsicologia forense nell’Università di Padova.

Quando un Giudice deve valutare l’attendibilità di un testimone ricorre a due criteri codificati dalla giurisprudenza. Il primo, quello denominato dell’attendibilità estrinseca, consiste nel corroborare quello che il testimone racconta mediante riscontri oggettivi esterni (es. SMS, video, documenti vari, etc.). Questo tipo di valutazione permette di verificare il livello di accuratezza con il quale il testimone riferisce i fatti da lui percepiti in un modo analogo a quello usato dallo psicologo cognitivo che calcola quanti errori fa un soggetto sperimentale nel ricordo di una lista di parole. Quando il resoconto del testimone non può essere riscontrato oggettivamente, esso può comunque essere valutato mediante i principi della cosiddetta attendibilità intrinseca.

L’attendibilità intrinseca riguarda quindi un giudizio di attendibilità formulato nei riguardi di una narrazione per la quale non è possibile trovare riscontri esterni. 

L’accuratezza con cui il testimone ricorda dipende da una molteplicità di fattori, come la distanza di tempo, le domande che vengono fatte per ottenere informazioni aggiuntive etc. la distanza temporale, la confondibilità del fatto, il numero di ripetizioni del ricordo, l’età del testimone, la personalità del testimone etc.

La semplice applicazione dei principi valutativi dell’attendibilità intrinseca, non ponderati con i dati scientifici rilevanti al caso specifico, non garantisce che quanto raccontato dal testimone sia accurato al punto tale da fondare su di esso un giudizio di colpevolezza  “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

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Su questo tema controverso, la dott.ssa Silvia Spanò, Psicologo Forense nonché Consulente e Perito in tribunale, intervista il prof. Giuseppe Sartori, Professore Ordinario di Neuroscienze forensi e di Neuropsicologia forense nell’Università di Padova,  in merito al suo ultimo lavoro “La Memoria del Testimone” pubblicato dalla Giuffrè, all’interno della Collana di Psicologia Giuridica e Criminale.  



1) Prof. Sartori, lei oggi può essere considerato una base sicura per la psicologia forense, per la scientificità delle sue considerazioni tecniche, per merito delle quali la psicologia della testimonianza mostra i propri principi metodologici, che seppur validi sono a volte oscurati da tendenze soggettivistiche ed impressionistiche degli esperti. Questi principi, peraltro, sono richiesti ormai nel procedimento penale. Basti pensare ai criteri della Daubert e della Cozzini.

A tal proposito, proprio negli ultimi mesi è stato pubblicato il suo ultimo lavoro, "La Memoria del Testimone" . Può dirci qualcosa di più in merito alle origini ed all'utilità di questo testo in Tribunale?


Come dice il sottotitolo si tratta di un manuale dove vengono presentati, con un taglio penalistico, tutti i dati scientifici sul ricordo del testimone. Questi dati spaziano su tutti gli aspetti della testimonianza come: il ricordo di conversazioni, il ricordo di fatti traumatici, il riconoscimento di facce a distanza etc. Esistono tantissimi dati empirici utili ad analizzare scientificamente i casi processuali che possono essere d'aiuto al Giudice all'Avvocato e al Consulente.
I dati scientifici però sono solitamente esposti in manuali scientifici dai quali non si ricava la possibile rilevanza per il processo.  Penso che un modo semplice per descrivere il manuale è quello di dire che è un manuale sulla memoria umana con alto tasso di forensicità. I dati scientifici vengono letti ed esposti anche per quello che può essere la loro utilità ed utilizzabilità nel processo penale.


2) Molti processi ruotano attorno alla valutazione della memoria del testimone. Che la memoria non sia perfetta lo sappiamo da sempre però oggi le scienze cognitive ci dicono che la memoria ha meccanismi specifici che vanno conosciuti se si vuole avere una valutazione scientificamente fondata dei resoconti dei testi. 

Quali sono state le prime evidenze dell'affidabilità generale della memoria nei processi?

Storicamente, una delle prime ricerche empiriche è stata quella del Prof. Musatti che, nel 1930 circa, ha rilevato come l’accuratezza e completezza del ricordo di un gruppo di testimoni variava tantissimo. Così come ci sono persone che sanno fare i calcoli a mente meglio di altre ci sono testimoni che ricordano molto bene ed altri molto male. Nei processi, però, non si fanno valutazioni della capacità di base di ricordare e tutti i testimoni sono trattati in modo uguale. Il ricordo di un grande memorizzatore vale come il ricordo di un memorizzatore scarso.
Il metodo migliore per comprendere la frequenza con cui la memoria umana commette errori consiste nell'analizzare  situazioni nelle quali tanti testimoni vedono, e successivamente descrivono, la medesima scena. I casi giudiziari nei quali questo avviene non sono moltissimi ma in queste situazioni si osservano delle diversità notevoli nel racconto da un testimone all’altro.

3) Quali sono i tipi più frequenti di distorsioni della memoria che si riscontrano nelle testimonianze rese in un’aula di tribunale?


Ci sono moltissimi fattori che riducono la precisione con cui il testimone ricorda. Ad esempio, l’elevata distanza di tempo, l’età del testimone, quante volte ha ripetuto il racconto, se ha sentito il racconto da altri co-testimoni, se  è stato interrogato con metodi inadeguati dagli investigatori etc. Forse uno degli elementi che riducono l’accuratezza del ricordo è la confondibilità dell’evento che deve essere raccontato. Ad esempio, una pugnalata è un evento non confondibile che viene ricordato molto meglio, a parità di tutto il resto, rispetto ad una conversazione casuale al bar. 

Di coltellate non ne abbiamo mai viste mentre le conversazioni al bar sono cose che succedono ogni giorno.

4) Come si può valutare la qualità dei riconoscimenti di persona?

E’ stato dimostrato come gli errati riconoscimenti di persona (tipicamente effettuati mediante il riconoscimento all’americana o mediante riconoscimenti fotografici) siano la fonte più frequente di errore giudiziario. Ad esempio, il 75% dei condannati, poi assolti in un successivo processo di revisione basato sul DNA, erano stati erroneamente dichiarati colpevoli per errori di riconoscimento. Le ricerche scientifiche hanno messo a fuoco le procedure migliori per evitare questi errori di riconoscimento alla luce di una grande quantità di ricerche empiriche, procedure incluse in vere e proprie linee guida. Un riconoscimento all’americana dovrebbe partire, ad esempio, da come il testimone descrive verbalmente l’autore del crimine (es. 60 anni, calvo, con i baffi) e tutti i soggetti inseriti nel confronto dovrebbero avere queste caratteristiche. Raramente, però, questo criterio viene seguito. In un caso il sospettato, uomo di circa 80 anni, è stato messo a confronto con due giovani di circa 25 anni. E’ chiaro che una procedura come questa non permette di avere la certezza che l’80enne presentato fosse effettivamente l’80enne che aveva commesso il crimine.

5) Esistono le amnesie per il crimine? Può essere che un assassino non ricorda quello che ha fatto? 
Che conseguenza ha tutto ciò sul processo?


L’amnesia per il crimine viene riferita molto frequentemente dal criminale, il quale usa questo termine quasi sempre in modo improprio. Le vere e proprie amnesie per il crimine (tecnicamente si chiamano amnesie lacunari psicogene) sono molto rare. Più frequentemente si tratta di un impoverimento del ricordo dovuto alla mancanza reiterazione del ricordo. Ad esempio, ad un omicida che ha ucciso il figlio non piace ripercorrere mentalmente quello che ha fatto. La mancata ripetizione del ricordo determina un impoverimento del ricordo stesso ma questa non si può considerare una vera e propria amnesia. Ci sono infine le amnesie utilizzate come strategie defensionali per evitare di riferire aspetti del crimine che magari possono dar origine a contestazioni di aggravanti che l'amnesia permette invece di evitare.

6) Che valore possono avere i racconti dei bambini? Cambia qualcosa se sono le presunte vittime o soltanto dei testimoni?


Anche i bambini possono essere testimoni idonei, ma si deve tener presente che uno dei parametri che influisce sull'accuratezza del ricordo è il grado di maturazione dei meccanismi della memoria umana. Nel bambino la capacità di memorizzazione diventa circa come quella dell’adulto verso i 11-12 anni. Prima dell'acquisizione minimale del linguaggio, però, il bambino non potrà riferire verbalmente quello che ha visto. Anche dopo i 3-4 anni il ricordo è molto limitato in termini di completezza ed accuratezza e molto influenzato dalla sua (limitata) conoscenza del mondo. Solitamente il Giudice, soprattutto se il bambino è piccolo, si avvale di un Perito per capire se il piccolo testimone può produrre una testimonianza valida.  Inoltre, la precisione con cui si raccontano i fatti cambia molto se il comportamento da descrivere viene visto agire o agito in prima persona dal testimone.



7) In generale, quali sono le tecniche che il giudice oggi può impiegare per capire meglio se il ricordo del testimone, le dichiarazioni dell’imputato o della vittima sono sincere e realistiche o dovute a una distorsione della memoria?


Come ho scritto nel libro il Giudice, il PM e l’Avvocato sono i professionisti che più frequentemente hanno a che fare con la valutazione della memoria, forse più frequentemente dei cosiddetti esperti, psicologi e psichiatri. Sono loro che dovrebbero diventare i veri esperti nella valutazione del testimone. Molte volte il senso comune aiuta la valutazione ma in molti altri casi quello che dice un testimone dovrebbe essere valutato sulla base dei dati scientifici. Un problema grosso è la valutazione del testimone che mente. E’ cosa nota, a livello scientifico, che non è possibile dire, nemmeno per un esperto investigatore, se una persona mente o meno. Eppure c’è il convincimento comune che il mentitore riveli se stesso dal comportamento (es. nervoso, arrossisce etc.). Gli studi scientifici permettono di comprendere quando il testimone sbaglia a ricordare pur essendo sincero e quindi convinto di riferire cose da lui ritenute come realmente accadute.


8) Con riferimento a questi studi scientifici, può riportare a titolo esemplificativo uno studio che permetta di comprendere quando il testimone può sbagliare a ricordare?

Ce ne sono tantissimi, ma forse quelli più interessanti, perché contro intuitivi, sono quelli che vale la pena di menzionare. Ad esempio, una delle regole auree utilizzate dai Tribunali di tutto il mondo per decidere se quello che racconta un testimone sia accurato, o meno, consiste nel basarsi sul  suo grado di sicurezza. Il testimone sicuro è solitamente considerato più accurato del testimone insicuro. Le ricerche, però, dimostrano come il grado di sicurezza con cui il testimone valuta il suo racconto (sono molto sicuro versus non sono sicuro) è un blando predittore dell'accuratezza del suo ricordo e quindi non dovrebbe essere pesato più di tanto.


Altre ricerche molto importanti sono quelle che dimostrano gli effetti fuorvianti delle domande suggestive nei bambini. E' facilissimo far dire una cosa mai successa ad un bambino usando domande suggestive e questo effetto è tanto più forte quanto più il bambino è piccolo.


9) Ci può raccontare qualche caso giudiziario noto, in cui la valutazione affidabile, o non affidabile, della memoria abbia giocato un ruolo importante?

Un caso recente famoso è quello del Giudice della Corte Suprema Americana Kavanaugh. Quando si è prospettata la sua candidatura, una sua compagna di liceo ha denunciato alla stampa alcuni comportamenti molesti che il candidato Giudice avrebbe messo in atto 30 anni prima ad una festa studentesca, dove correva molto alcol. In questo caso si sono intrecciati i tipici fattori che rendono problematica la valutazione dell’accuratezza del ricordo di un testimone ovvero distanza di tempo elevatissima, influenzamento delle opinioni politiche sulla “coloritura del ricordo”, gli effetti del trauma sull’accuratezza del ricordo. Il PM che ha svolto le indagini ha archiviato il caso proprio sulla base di tutti questi fattori che rendono incerto il ricordo della donna. Altri casi famosi sono quelli di Dominique Strauss Kahn che ha visto interrotta la sua corsa all’Eliseo per una accusa di abuso sessuale; oppure quello di Assange, fondatore di Weakileaks o del giocatore Neymar. Tutti casi poi archiviati in quanto l’incertezza nel racconto impediva una ricostruzione certa di quanto realmente accaduto


10) In un’ottica predittiva, i giudici e gli avvocati saranno disposti a dare maggiore spazio alle scienze cognitive ed agli esperti nella valutazione dei resoconti dei testi? 


La tendenza generale è quella della “scientificizzazione” del processo penale.  Fino a 50 anni fa c’erano solo i testimoni per ricostruire il fatto di interesse. Adesso ci sono, oltre ai testimoni,  i social networks, le email, la geo localizzazione che aiutano molto. Nonostante questo il testimone gioca e giocherà sempre un ruolo centrale nel processo penale e, quindi, la sua valutazione resterà sempre importantissima. Le scienze cognitive mettono a disposizione molti dati scientifici certi, utili a valutare la qualità di una testimonianza. L’utilizzo di questi dati, però, si deve scontrare con il convincimento degli operatori del processo che la testimonianza non rientri a pieno titolo fra le aree di indagine scientifica e che la sua valutazione possa fondarsi solo sull’intuizione. In realtà il testimone del processo penale ha caratteristiche molto diverse da quelle del testimone reale.  E' un testimone che dice il vero fino a prova contraria,  il cui ricordo non è influenzato da fattori come il passare del tempo. A questo riguardo,  ci sono processi nei quali il testimone chiave viene risentito dopo 10-15 anni quando a questa distanza di tempo l’accuratezza del ricordo (a parte casi particolarissimi) è decisamente bassa. L'eventuale accuratezza del ricordo dopo tanto tempo dovrebbe essere vista con sospetto dai Giudici in quanto non si riferisce a percezioni dirette, ma magari a rilettura della documentazione etc. Nel processo accusatorio le parti possono introdurre un consulente tecnico che presenti al Giudice i risultati scientifici che possono valere come quella “prova contraria” richiesta per confutare quell’“autosufficienza” della dichiarazione di un testimone. Il caso storico di successo forse più rilevante è stata la Consulenza tecnica del Prof. David Canter, il quale ha condotto una ricerca empirica sulla calibrazione del photo-line up usato dagli investigatori inglesi con il testimone chiave del processo Lockerbie,il  sig. Gauci. Egli ha dimostrato empiricamente come il photo line-up  fosse distorto al punto tale da permettere a  qualunque persona, per il solo fatto che sapeva di dover individuare un terrorista, di identificare il terrorista come Al Megrahi. La cosiddetta pista libica aveva portato all’isolamento decennale della Libia di Gheddafi ed addirittura giustificato il bombardamento americano di Tripoli. Sappiamo ora, dopo la Consulenza Tecnica di David Canter, che si era trattato di un errore giudiziario con conseguenze geopolitiche gigantesche, reso possibile da clamorosi errori nella costruzione di un line up che non seguiva i requisiti di qualità minimi richiesti dagli studi cognitivi.  











GIUSEPPE SARTORI: CV AL LINK


SILVIA SPANÒ: Laureata in Psicologia a Padova e specializzata in Psicoterapia di Coppia e Familiare presso il Centro studi di Terapia Familiare e Relazionale di Roma. Da sempre appassionata alla Psicologia Giuridica e alla Criminologia, ha arricchito il proprio  percorso di studi, coltivando una formazione integrata su più livelli, fra cui si citano la Fondazione Gulotta e l’Istituto IRPSI (Istituto Italiano Rorschach E Psicodiagnostica Integrata), entrambe di Milano. E’ socia dell’Associazione Italiana Consulenti Psicoforensi- A.I.C.P.F.

E’ autrice di diverse pubblicazioni, fra cui il “Cammino verso una scientificità della Perizia Psicologica per l’affidamento dei figli in caso di separazione e divorzio” nella rivista online “Psicologia E Giustizia”; il saggio breve “Dati personali e psicologia psicoforense: quando la sovraesposizione crea danno e quando invece è determinante. Due case history” in “WEB SOCIAL  ED ETICA”, presentato anche presso la Camera dei Deputati, nel 2019; "Una lotta prognostica fra affetto e contesto" in "Ecologia Della Mente",  rivista di Psicoterapia del Prof. Luigi Cancrini.

E’ un’attiva relatrice in convegni riguardanti la Psicologia Forense. Svolge l’attività di Consulente Tecnico d’Ufficio e Perito del Tribunale e di Consulente Tecnico di Parte nei procedimenti Civili, Penali e Minorili. Pratica l’attività di Psicoterapia,  a Marsala ed a Trapani, rivolta ad adulti, coppie e famiglie. Ha effettuato interventi volti alla tutela ed alla cura dei minori e delle famiglie in Centri specializzati.