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20 giugno 2022

Ne bis in idem: la Corte Costituzionale (sentenza n. 149/2022) dichiara incostituzionale l’art. 649 cod. proc. pen.

 




La questione: il Tribunale ordinario di Verona, sezione penale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale, censurandolo «nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato, al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo non legato a quello penale da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto, una sanzione avente carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei relativi protocolli», in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

Il rimettente, investito dell’opposizione a un decreto penale di condanna alla pena della multa pari a 8.100 euro, deve giudicare della responsabilità di P. O., imputato del reato previsto dall’art. 171-ter, primo comma, lettera b), della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), per avere, a fini di lucro, detenuto per la vendita e riprodotto abusivamente, presso la copisteria di cui è titolare, opere letterarie fotocopiate oltre il limite consentito, in numero pari a quarantanove testi.

Per la medesima condotta, l’imputato, in solido con la società gestrice della copisteria, è già stato colpito, ai sensi dell’art. 174-bis della legge n. 633 del 1941, da sanzione amministrativa ormai definitiva, per l’importo di 5.974 euro, pari al doppio della sanzione minima (103 euro) moltiplicato per venticinque libri di testo, dei quarantanove totali, dal prezzo non determinabile, oltre a «un terzo dell’importo massimo previsto per le opere il cui prezzo di vendita era conosciuto».

Quanto alla non manifesta infondatezza della questione sollevata, il rimettente rileva che, in base alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, grande camera, del 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, e della Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, del 20 marzo 2018, in causa C-524/15, Menci, la sottoposizione di un imputato a un processo penale per il medesimo fatto per cui sia già stato definitivamente sottoposto a sanzione amministrativa di carattere punitivo secondo i “criteri Engel” integra una violazione del ne bis in idem, a meno che tra i due procedimenti che sanzionano il medesimo fatto sussista un legame materiale e temporale sufficientemente stretto.

Tale legame dovrebbe essere ravvisato quando le due sanzioni perseguano scopi diversi e complementari, connessi ad aspetti diversi della medesima condotta; quando la duplicazione dei procedimenti sia prevedibile per l’interessato; quando esista una coordinazione, specie sul piano probatorio, tra i due procedimenti; e quando il risultato sanzionatorio complessivo, risultante dal cumulo della sanzione amministrativa e della pena, non risulti eccessivamente afflittivo per l’interessato, in rapporto alla gravità dell’illecito. Al contempo, si dovrà valutare «se le sanzioni, pur convenzionalmente penali, appartengano o no al nocciolo duro del diritto penale, perché in caso affermativo si dovrà essere più severi nello scrutinare la sussistenza del legame e più riluttanti a riconoscerlo in concreto».

Nel caso in esame, ad avviso del rimittente, sarebbe indubbia la natura punitiva, secondo i “criteri Engel”, della sanzione amministrativa contemplata dall’art. 174-bis della legge n. 633 del 1941, il cui importo viene determinato quale multiplo (comunque non inferiore a 103 euro) del prezzo di mercato di ciascuna opera indebitamente riprodotta, oppure, in caso di non determinabilità del prezzo dell’opera, in una somma da 103 a 1.032 euro per ciascuna violazione.

Tale meccanismo moltiplicatore determinerebbe significative ricadute nella sfera patrimoniale del trasgressore, anche in relazione a fatti di modesta gravità – come quello in specie contestato a P. O. – e svelerebbe il «carattere afflittivo e non meramente restitutorio nonché la finalità repressiva e deterrente» della sanzione in parola. Finalità che trasparirebbe anche dai lavori preparatori della legge 18 agosto 2000, n. 248 (Nuove norme di tutela del diritto di autore), la quale ha inserito l’art. 174-bis nel corpo della legge n. 633 del 1941, nell’intento di «incrementare il grado di dissuasività delle misure di contrasto, introducendo, in aggiunta alle sanzioni penali già previste dalla legislazione esistente, alcune sanzioni e misure amministrative che appaiono, riprendendo la terminologia usata dal legislatore “dotate di autonoma deterrenza in quanto rapidamente applicabili”».

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 149/2022 (al link), ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p. con queste dispositivo: 

Per Questi Motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174-bis della medesima legge.