Con il contributo di Mariangela Miceli, socia della Camera Penale di Trapani, si apre "La Rifoma che vorrei", una nuova sezione del nostro blog.
Il Legislatore, con l'art. 1, comma 9, lett. p) e q) della l. 27 settembre 2021, n. 134: “Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, intervenendo sullo spinoso tema della sindacabilità da parte del giudice dei ritardi del pubblico ministero nella iscrizione prevista dall'art. 335 c.p.p., tenta di ridisegnare la misura della ragionevolezza nel tempo delle indagini, anche ai sensi dell’art. 11 della Carta costituzionale.
Come emerge dal titolo del disegno di legge, l'efficienza assurge a leitmotiv propulsore e direzionale dell'agire del legislatore delegato, il quale è stato chiamato a ripristinare la ragionevole durata del processo e realtive delle indagini.
Come noto, la trasmissione di una notizia che presenti il fumus di rilevanza penale fa sorgere in capo al pubblico ministero l'obbligo di tempestiva iscrizione con la conseguente operatività delle norme che regolano l'avvio del procedimento .
Nella prassi, tuttavia, non mancano situazioni nelle quali si assecondano consuetudini che comportano termini dilatori di iscrizione.
Proprio in tale contesto si cala la c.d. “riforma Cartabia”, la quale ha il merito di fungere da precursore, da un lato, per la definizione di notizia di reato, attualmente assente nel codice di rito.
In merito, la riforma Cartabia, tuttavia, avrebbe potuto spingersi oltre ed agire meno tiepidamente.
Tra gli atteggiamenti elusivi la perentorietà dei termini fissati dall'art. 407 c.p.p. a cui segue la dichiarazione di inutilizzabilità degli atti tardivi, si segnalano, innanzitutto, quelli su cui la riforma interviene ovvero “l'annotare il fatto appresso dalla Procura della Repubblica nel registro dei fatti non costituenti notizia di reato, al fine di monitorare la reale ricorrenza di un reato e raccogliere elementi per la possibile attivazione del procedimento ordinario; lo svolgimento di attività investigativa senza aver operato alcuna iscrizione, garantendo una maggiore libertà per lucrare irrituali e incontrollabili allungamenti dei tempi, e l'iscrizione di notizie di reato, senza provvedere alla tempestiva identificazione del soggetto, oppure con indicazione di “persona da identificare” pur quando gli elementi di identificazione siano disponibili o di pronto reperimento” .[1]
Vi è da sottolineare come, la legge delega non ha previsto strumenti normativi atti a contrastare l'ulteriore e frequente ipotesi di frazionamento nell'iscrizione della notizia di reato: a titolo esemplificativo, si osservi la possibilità per il p.m. di poter stravolgere, nell'aggiornamento del registro, la notizia di reato.
Può capitare, poi, che nell'aggiornamento dell'originaria notizia di reato vengano indicati ulteriori reati in continuazione o in concorso materiale; ciò sarebbe corretto se l'effetto non fosse quello di unificare per tutti i termini già in corso.
Il pubblico ministero precostituisce così, in maniera incontrollata e artificiosa, una situazione di oggettiva complessità, utile, poi, alla proroga.
A sommesso avviso di chi scrive, la riforma, forse, avrebbe dovuto dedicare un'autonoma parentesi anche all'ipotesi di errata iscrizione, non solo con riferimento al dato cronologico ma anche a quello della qualificazione giuridica del fatto.
D'altronde, è prassi nota, nella quotidianità processuale dei Palazzi di Giustizia, l'iscrizione della notizia di reato e il contestuale deposito di richieste cautelari articolate e ben strutturate, frutto di lunghe ed occulte pre-investigazioni dal sapore inquisitorio.
Il legislatore, dunque, dovrà fare i conti con quanto rilevato in dottrina, in cui si osserva che, costituendo tutta l'attività svolta del pubblico ministero «il presupposto dell'obbligo e [...] delle determinazioni inerenti l'esercizio dell'azione penale», la tenuta del sistema «sarebbe salvaguardata dalla possibilità di estendere anche [all'attività pre-iscrizione] le disposizioni afferenti agli eventuali vizi dell'atto prodotti dalla deviazione del modello legale» [2].
E’ illogico enfatizzare l'esercizio di un diritto «quando poi non si garantisce la possibilità di realizzare tutte quelle attività che rendono concreto quel diritto, primo fra tutti, la conoscenza di versare in una situazione che consente di esercitare [...] il diritto astrattamente riconosciuto»[3].
Sulla scorta di tale argomentazione, risulta che la riforma Cartabia abbia mancato un'importante occasione: prevedere per il giudice, così come ipotizzato dalla precedente Commissione Canzio , un poter ex officio di controllo e retrodatazione in ordine ai tempi d'iscrizione della notizia di reato e del nome della persona alla quale il reato è attribuito.
In conclusione, appare doveroso sottolineare ulteriormente il grande pregio dell'assetto congegnato dalla novella recupera la corretta gestione del modello di garanzia della durata ragionevole dei tempi di indagini, trasferendo, nel rispetto dell'art. 112 Cost., al giudice la valutazione, sul dies a quo del termine di durata delle indagini preliminari.
[1]Marco Merolla, Cassazione Penale, fasc.5, 1 MAGGIO 2022, pag. 1990.
[2] Falato, Gli effetti dell'inosservanza dell'obbligo di iscrizione, in Giur. it., 2010, p. 1406.
[3] Dinacci, Sempre incerti ruolo e limiti, cit., p. 3019, riferendosi alla natura meramente ricognitiva dello status di persona sottoposta ad indagini.