Sezioni

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03 agosto 2022

Le Sezioni Unite "protraggono" la prescrizione in caso di recidiva.

Con la sentenza n. 30046 depositata il 29 luglio (sentenza al link), le Sezioni Unite hanno escluso ogni operatività del limite di aumento di pena previsto dall'art. 99 VI co. c.p., sia ai fini della determinazione della prescrizione ordinaria che di quella prorogata.

Per una migliore intelligenza del quesito sciolto dal massimo collegio della Corte, giova rammentare che ex art. 157 II co. c.p., <<per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante>>. 

Di talché ai fini della determinazione del tempo minimo necessario ad estinguere il reato deve tenersi conto degli aumenti di pena previsti per le ipotesi di recidiva qualificata. 

Analogamente l'art. 161 c.p. detta una disciplina specifica per la proroga della prescrizione in caso di recidiva qualificata. 

Sennonché l'art. 99 c.p. u.c. dispone che  << in nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo>>.  

La giurisprudenza si è interrogata se i limiti previsti dall’appena citato art. 99 abbiano un qualche riflesso sulla disciplina della prescrizione, in caso di recidiva.  

Un orientamento giurisprudenziale minoritario ha ritenuto che, ove l'aumento di pena praticato per la recidiva non superi un terzo della pena applicata per il reato contestato, la recidiva perda la sua natura di circostanza aggravante ad effetto speciale e quindi non se ne possa tener conto, né ai fini del calcolo del termine ordinario di prescrizione, ex art. 157 c.p., né ai fini di quello prorogato, ex art. 161 c.p..

Diversamente, un indirizzo maggioritario ha ritenuto che la natura di aggravante ad effetto speciale della recidiva non dipenda dal concreto aumento di pena ex art. 99 c.p. u.c. e che pertanto l'aumento del termine ordinario della prescrizione, previsto dall'art. 157 cpv., vada comunque applicato, sebbene con i limiti dell'art. 99 c.p., sesto comma. Per ciò che invece attiene alla proroga dei tempi di prescrizione in forza di atti interruttivi, il disposto di cui all'art. 161 c.p. prevede degli aumenti prefissati, che non risentono in alcun modo del meccanismo mitigatorio citato.

Le SS.UU. hanno rigettato l'uno e l'altro indirizzo. 

Anzitutto la Corte ha negato che la concreta quantità di pena applicata in forza della recidiva ne possa far mutare la natura, così ripudiando una ricostruzione della recidiva "a geometria variabile". 

Ma i supremi giudici hanno anche smentito l'altro indirizzo esegetico.

Infatti nella sentenza che si annota, la Corte regolatrice ritiene che il mancato richiamo negli artt. 157 e 161 c.p. all'art. 99 risponda ad una visione unitaria, a mente della quale il calcolo della prescrizione risponde ad una logica generale e astratta, lì dove invece i meccanismi di determinazione della pena sono necessariamente correlati a profili concreti e individuali.

Tuttavia la Corte risulta conscia che la portata applicativa dell'impianto normativo così ricostruito potrebbe, in forza di un chiaro effetto duplicatorio dell’ aumento del termine di prescrizione, porre, in taluni casi, problemi di costituzionalità.    


in forza del meccanismo di cui