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06 ottobre 2022

Dal Cybercrime ai reati sessuali in rete - di Mariangela Miceli


Questo contributo si innesta in un programma più vasto, patrocinato anche dalla Camera Penale di Trapani, in cui si parlerà di sexting e Revenge porn.

Riguardo ai crimini che si consumano all’interno della sfera reale, quelli di estrazione virtuale, che vengono compiuti nel cyber spazio, si fregiano di attività più agevolmente fattibili, che comportano il dispendio di esigue risorse rispetto alla possibile utilità o nocumento generato. Tra le proprietà dell’illecito virtuale, oltre all'immaterialità e deterritorializzazione, vi è l’elevato potenziale offensivo della condotta incriminata, l’elevata rapidità e astrattezza, la facilità nell’occultamento dei dati informatici, la depersonalizzazione e il consequenziale anonimato del rapporto reo–vittima, cui segue l’opportunità per il soggetto attivo del fatto oggetto del reato informatico, di palesarsi sotto molteplici vesti all’interno dello spazio virtuale, lasciando tracce decodificabili solo a seguito di intense attività d’indagine.
Da ciò si evidenzia l’importanza raggiunta da taluni fatti costituenti reato, relativi l’apparato comunicativo ed in modo particolare la diffusione rivolta ad un numero indefinito di utenti di contenuti penalmente illeciti, facilmente realizzabili nella rete con un conseguenze lesive altamente rilevanti. Infatti, la nostra giurisprudenza considera commesso pubblicamente un fatto attuato nel Web parificandolo ad un mezzo di propaganda diverso dalla stampa, ex art. 266, comma 4, n. 1, c.p., al punto di applicare l’aggravante per la diffamazione on line poiché essendo il Web accessibile ad un numero indefinito di utenti definisce tale circostanza come l’utilizzo di altro mezzo di pubblicità ex art. 595 comma 3, c.p.35
L’arduo tema del cybercrime ha sopportato, ponderosi e decisivi sviluppi nell’ultimo ventennio, fino a convertirsi da argomento a questione di grave consistenza. Le attività criminali cibernetiche non sono altro che la fisiologica trasformazione del crimine verso innovative azioni illegali: se è vero che ogni innovazione tecnica spalanca le porte a nuovi tipi di azioni criminali, ne consegue come l’applicazione delle evolute tecnologie informatiche e telematiche ad azioni esplicitamente illecite, sia a tutti gli effetti inevitabile. Con il progresso delle tecnologie informatiche si è assistito, dunque, ad una digitalizzazione della criminalità organizzata, riguardando spesso fenomeni di elevata rilevanza globale, tra cui quello inerente il contrasto ad ogni profilo terroristico presente sulla rete, intesa come aggravante disciplinata al comma 2, art. 270-quinquies c.p., introdotta dal D.L. 18.2.2015, n. 7 convertito dalla L. 17.4.2015, n. 43 considerando il Cyberspace come luogo di propaganda, arruolamento, addestramento, nonché al finanziamento allo stesso tramite raccolta fondi on line. Altri efficaci interventi mediante l’uso di dispositivi normativi avanzati, hanno riguardato il nostro Paese nel contrasto ai crimini sessuali in danno dei minori, in danno di donne, in danno di chi subisce revenge porn, in generale.
Già nel 1996 fu approvata la legge 15 febbraio 1996, n. 66, rubricata: “Norme contro la violenza sessuale”, che ha introdotto nella sezione II, capo III, titolo XII, libro II del codice penale, gli articoli da 609-bis a 609-decies inerenti ai crimini sessuali, per la prima volta valutati come delitti contro la persona e non più avverso la moralità pubblica e il buon costume. Il 1998 è teatro di un nuovo progresso normativo: con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante «Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù», che incide notevolmente non solo sulla collocazione sistematica delle disposizioni all’interno del codice Rocco ma, anche e soprattutto, sul profilo culturale di uno dei reati più aberranti che la nostra società, tipizzando nuove fattispecie di reati, inerenti lo sfruttamento sessuale dei minori, con particolare riguardo alla prostituzione e alla pornografia minorile. Gli effetti di tali leggi sono stati ulteriormente rafforzati con la L. 6 febbraio 2006, n. 38, recante “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografica anche a mezzo internet”, che è intervenuta sul piano dell'intensificazione delle pene detentive, sul contrasto dei reati di pedopornografica realizzati sul cyberspace, la cui salvaguardia è stata ampliata con la L. 1.10.2012, n.172, in esecuzione della Convenzione di Lanzarote del 2007, che ha immesso all’interno del dell’impianto penale, gli articoli 414-bis e 609-undecies. Un modesto iniziale intervento in questi termini contro la criminalità informatica, si ha avuto nel nostro ordinamento con la Legge 547 del 1993 che ha introdotto l’art. 266-bis, c.p.p., riguardante Intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche, mentre la Convenzione Cybercrime del 2001 dedica due terzi al diritto processuale riguardo la ricerca, raccolta, circolazione delle prove elettroniche, nonché gli strumenti cautelari da utilizzare, e la cooperazione internazionale, giudiziaria e di polizia. Il provvedimento di ratifica e attuazione della Convenzione avvenuto con la L.18.3.2008 n. 48, nelle relative norme di adeguamento ha espressamente previsto in sette diversi punti delle regole che già da tempo sono considerate best practices nel settore scientifico della computer forensics, la scienza che studia le problematiche tecniche e giuridiche in relazione alle investigazioni su dati digitali. Pur presentando limiti e difetti rilevati in dottrina ed affiorati in giurisprudenza le prove elettroniche rappresentano le basi per le indagini informatiche riguardanti qualsiasi tipo di crimine, anche non cibernetico purché risulti la prevalenza di tracce elettroniche. Mentre con interventi estensivi liminari all’analogia la giurisprudenza fa ricorso al sequestro preventivo per bloccare la diffusione o l’utilizzazione di contenuti illeciti nel Web.Contrastare eventi di siffatta portata, diventa un’attività assai articolata, a cagione di problematiche di varia natura, che si manifestano sul piano nazionale e internazionale. I profili tipici di giurisdizione, infatti, si snodano sul concetto di “confine”, e le norme su quello di sovranità territoriale. Da ciò ne consegue una lacuna al sistema penalistico della maggior parte degli ordinamenti giuridici, che si basano sul concetto di territorialità come parametro fondamentale nella definizione del giudice competente a conoscere il fatto illecito. Considerando che il cybercrime si è ramificato in una dimensione transnazionale, si comprende come sia necessario allontanare la visione tipicamente nazionalistica del contrasto al cybercrime, in favore di un orientamento universale, che oltrepassi gli steccati nazionali nell’esecuzione del diritto. Per tal ragione si ritiene necessario rapportare il concetto di globalizzazione della criminalità, a quello di globalizzazione della giustizia, per venire incontro a ragioni di sicurezza pubblica interna e internazionale, perseguendo l’obiettivo di posizionare gli operatori del diritto nelle reali condizioni di arginare la criminalità informatica transnazionale.
In tal senso si giustifica il potenziamento della funzione dell’Europa sulla cornice sopranazionale mediante il raggruppamento dei mezzi comunitari di politica estera: è quanto prevede il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007, ed entrato in vigore nel 2009, in cui la criminalità informatica così attesa, si attesta come oggetto di competenza penale concorrente dell’Unione Europea per quanto riguarda sia le norme di diritto penale sostanziale rivolte a determinare reati e sanzioni ai sensi dell’art. 83, Par. 1, TFUE, sia le norme di diritto processuale penale, ai sensi dell’art. 82, TFUE. Oltre a tutte le fonti dell’Unione Europea che hanno dato e danno applicazione al principio del mutuo riconoscimento dei provvedimenti degli Strati membri in materia penale di cui all’art. 82 TFUE e le relative disposizioni nazionali per l’esecuzione, che hanno incluso dal 2002 il settore della criminalità informatica nella lista dei crimini indipendentemente dal requisito della doppia incriminazione, in tal modo da rendere più sicura e veloce l’esecuzione da parte dello Stato richiesto così da rafforzare la cooperazione internazionale e garantire un grado adeguato di armonizzazione dei sistemi penali in questo ambito.
Più nel dettaglio, il Trattato in questione annuncia un consolidamento della carica del Parlamento europeo e dei relativi parlamenti nazionali, proponendo ai consociati una più intensa opportunità di adesione ed una maggiore chiarezza mediante una lineare distribuzione delle competenze a livello europeo e nazionale. La finalità è quella di un quadro europeo più democratico ed efficace, fondato sulla piena identificazione dei diritti di libertà e sicurezza e del valore della solidarietà, grazie altresì all'integrazione della Carta dei diritti fondamentali dell'uomo nel diritto primario europeo.



Mariangela Miceli, Avvocato del Foro di Trapani, dottoressa di ricerca in diritto commerciale, è consulente tecnico per il Fondo FEASR presso l´Assessorato dell´agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea della Regione siciliana.
Autrice di pubblicazioni scientifiche. Contributor per il blog Econopoly24 del Sole24ore. 
Altri contributi: 
- Collaboratrice per il Vol. L´interpretazione del diritto a cura di F. Caringella ed. DIKE ed. 2021;
- Co - Autrice del testo edito da Giuffrè CRIPTOATTIVITÀ, CRIPTOVALUTE E BITCOIN, a cura di Stefano Capaccioli ed.2021