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01 febbraio 2023

Il Ministero dà conto del calo delle pendenze. Ma noi non troviamo ragioni di giubilo.


 

Il Ministero ha pubblicato sul suo sito gli esiti dell'ultimo monitoraggio trimestrale delle pendenze[1], enfatizzando il calo delle medesime (pubblicazione ministeriale al link).

Tuttavia, cercando di leggere il dato disaggregato, nei limiti in cui il monitoraggio lo consenta, il risultato in ambito penale lascia interdetti e ciò nonostante il Ministero, nella sua breve presentazione dei dati, faccia riferimento ad una tendenza <<coerente con quella rilevata in ambito PNRR>> (ulteriore pubblicazione al link).

Vi sono anzitutto dei numeri che consentono di riscontrare un trend costantemente positivo.  

Ci si riferisce segnatamente a quelli del Giudice di pace, davanti al quale i processi pendenti[2] si sono ridotti dai 164.967 del 2013 agli “attuali”[3] 89.435[4]. Sembra che quel rito abbia ormai trovato una sua chiara capacità di smaltimento del lavoro.

Meno sicura è l’interpretazione da offrire ai risultati delle pendenze innanzi agli uffici GIP e GUP.

Invero anche in tal caso si registra un andamento sicuramente positivo, almeno dal 2012, allorquando si registravano pendenze finali pari a 781.529, contro le attuali 424.135[5].

Tuttavia con specifico riferimento a tali dati l’approccio deve essere più prudente, e ciò non soltanto perché i numeri del monitoraggio riguardano soltanto i soggetti noti[6], ma anche perché ci potrebbe essere il rischio che una frazione di queste variazioni sia leggibile in termini di contrazione del ricorso ai riti alternativi.

Ma sono soprattutto i numeri registrati presso i Tribunali che destano preoccupazione. 

Il Tribunale in composizione collegiale, unico tra gli organi giudiziari di primo grado, vede un costantemente aumento dal 2011 dei processi pendenti a fine periodo, passando da 21.943 pendenze, alle attuali 33.808[7].

Per ciò che attiene al Tribunale monocratico esso ha sì assorbito gli incrementi del 2020 e 2021, ma presenta un dato di 2.000 unità superiore a quello del 2019, facendo registrare ben 607.999 processi alla fine del trimestre rilevato.

Orbene, se il monocratico è fermo ai numeri del 2019, anzi li ha peggiorati, dobbiamo guardare con una certa apprensione alla recente riforma che ne ha incrementato l’attribuzione di reati ed ha introdotto ulteriori carichi di lavoro, sia con l’udienza predibattimentale che con (l’eventuale) sentencing finale.

Si tratta all’evidenza di una gigantesca scommessa:

aumentare il lavoro del monocratico in ingresso e in uscita, sperando che ciò riduca la mole dei procedimenti innanzi al giudice del dibattimento e a quello di sorveglianza.

Cosa autorizza a sperare di vincere tale scommessa? Non certamente la precedente esperienza del filtro in udienza preliminare. Al riguardo non si è in grado di citare numeri precisi, ma credo che sia esperienza comune che quel filtro non abbia funzionato.

Si obietterà che la regola di giudizio per far proseguire il processo è altra rispetto a quella evanescente che ha fin qui caratterizzato l’udienza preliminare e quindi si può sperare che questa volta il filtro funzioni. Tuttavia anche questo auspicio rischia di non verificarsi. Paolo Ferrua ha già dato conto, in questo blog, come la tecnica normativa prescelta possa favorire, nel dubbio, il rinvio a giudizio piuttosto che il proscioglimento, soluzione questa indotta anche dalla necessità di motivare quest’ultimo esito e non il primo provvedimento. A tali fondate osservazioni si può aggiungere, più prosaicamente, che per realizzare la selezione auspicata, tutti i fascicoli dovrebbero essere oggetto di studio in sede predibattimentale: una sorta di gigantesco giudizio abbreviato da esercitare in tempi rapidi, con l’ulteriore aggravante che per scongiurare le incompatibilità previste dalla norma alcune sedi giudiziarie potrebbero destinare soltanto parte dei giudici a tale attività di filtro. Davvero i giudici avranno la capacità di affrontare una sfida simile?

Il rischio di un fallimento della scommessa è alto e i primi a pagarne le conseguenze saranno gli imputati: “prevedibili condannati”, secondo un PM prima e un Giudice poi.

Insomma, i numeri ministeriali non ci suscitano molte ragioni di giubilo.