Concordato in appello – Modifiche introdotte dall’art. 98, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 150 del 2022 – Natura meramente processuale dell’istituto – Applicazione del principio del “tempus regit actum” – Conseguenze.
La Sesta Sezione penale ha affermato che le modifiche al concordato in appello introdotte dall’art. 98, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 – per effetto delle quali sono venute meno le preclusioni inerenti ai reati di particolare gravità ed agli imputati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza – soggiacciono, in assenza di disciplina transitoria e in quanto riguardanti un istituto di natura meramente processuale, al principio del “tempus regit actum”, sicché producono i propri effetti nei soli giudizi che si svolgono a decorrere dall’entrata in vigore della norma abrogante, senza possibilità di applicazione retroattiva nei processi in cui il giudizio di appello sia stato già definito.
In particolare la Corte ha rigettato ogni accostamento, invocato dalla difesa, col rito abbreviato, posto che il c.d. concordato in appello è privo di ogni requisito di premialità sostanziale.
Tuttavia ci pare che sottotraccia resti una questione irrisolta: dopo la sentenza Scoppola, la linea di demarcazione tra processuale e sostanziale, si è fatta meno netta e i confini, un tempo formali, sono ormai da tracciare nuovamente.