Sezioni

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20 luglio 2023

Alcune domande al Professor Guido Colaiacovo sull' abbreviato Cartabia.


 



1.  Caro Professore, prima di valutare alcuni aspetti specifici del nuovo abbreviato disegnato dalla c.d. Riforma Cartabia, vorrei chiederTi quale sia il tuo giudizio complessivo sulla stessa.

 

È una manovra ampia e complessa, sulla quale non è possibile esprimere un giudizio secco, come se si volesse attribuire un voto al legislatore.

Le innovazioni si irradiano in tutto il sistema della giustizia penale, e si spingono in profondità anche dal punto di vista culturale. Alcune sono sicuramente condivisibili, poichè consentono di perseguire l’obiettivo di rendere efficiente la procedura penale senza entrare in contrasto con i principi del giusto processo. Mi vengono in mente, ad esempio, le previsioni sulla trattazione cartolare delle impugnazioni che consentono di agevolare la gestione della procedura e, nel contempo, riconoscono all’interessato il diritto di chiedere, ove lo ritenga per interloquire con il giudice e le altre parti, che l’udienza si svolga in presenza.

D’altro canto, molte disposizioni muovono in direzione assolutamente contraria e sacrificano oltremodo il diritto di difesa in nome della speditezza della procedura. È quanto avviene, per restare nella materia delle impugnazioni, con la pretesa di nuovi requisiti formali e con la correlata - e sproporzionata - sanzione di inammissibilità collegata all’eventuale inadempimento delle prescrizioni.

Moltissime poi sono le incognite, in primis, quelle sulla transizione del processo nella dimensione telematica e quelle sulla giustizia riparativa.

Solo la prassi, dunque, consentirà di saggiare l’impatto concreto di queste novella e poter trarre un bilancio.

Detto questo, sono sempre più convinto di quanto avevo scritto in un’altra occasione sempre sulle vostre pagine: è probabilmente giunto il momento di una riflessione radicale che conduca non tanto all’ennesima riforma (che peraltro sembra essere già in cantiere), ma al varo di un nuovo codice, anche per ricondurre a sistema le modifiche che si sono accumulate nel tempo. Ma è una operazione che esige, prima ancora di qualsiasi considerazione di natura tecnica, una convergenza su una visione condivisa del processo penale e della sua funzione.

 

 

 

2. Sono mutati i requisiti di ammissibilità dell’abbreviato condizionato; adesso al requisito della necessità dell’integrazione probatoria richiesta si affianca quello dell’economia processuale rispetto ai tempi dell’istruzione dibattimentale. Quest’ultimo è un requisito con una qualche concreta funzione selettiva?


C’è da dire, innanzitutto, che le modifiche apportate al giudizio abbreviato appaiono finalizzate ad incentivare l’accesso al rito, evitando l’approdo al dibattimento delle regiudicande.

Se si adotta questa chiave di lettura, la conclusione è che la formula attuale, rispetto a quella previgente, dovrebbe essere una apertura alle richieste di integrazioni probatoria.  Dunque, è una formula che, almeno all’apparenza, concede margini di manovra più ampi per l’esercizio del diritto alla prova. Soltanto la prassi, tuttavia, consentirà di accertare se si tratta di un’innovazione capace di rimodellare la fisionomia del rito o se non si costituisca piuttosto una modifica meramente lessicale (sul punto, Barazzetta, Le modifiche al giudizio abbreviato, in Castronovo - Donini - Mancuso - Varraso, La riforma Cartabia, Cedam, 2023, p. 721 e ss.).

 

 

3. La questione della restituzione in termini per chiedere l’abbreviato al fine di beneficiare della diminuente c.d. in executivis ha diviso la giurisprudenza di merito. Qual è la tua posizione al riguardo?

 

Credo che il contrasto sia stato ormai risolto dalla Suprema Corte che ha chiarito le ragioni per le quali non è possibile applicare la diminuente a procedimenti nei quali si è già celebrato il giudizio di impugnazione (Cass., sez. I, 10 marzo 2023, n. 16054).

A mio avviso, però, c’è una questione sulla quale sarebbe stato opportuno predisporre una disciplina di diritto intertemporale ad hoc, al fine di regolare la posizione di coloro che, al momento dell’entrata in vigore della riforma, avevano proposto impugnazione. Più precisamente, sarebbe stata opportuna una disposizione che riconoscesse la possibilità di rinunciare all’impugnazione prima che fosse fissata l’udienza o, se già fissata, in limine. In simili casi, l’abdicazione avrebbe avuto ancora una apprezzabile capacità di deflazione del carico di lavoro della macchina giudiziaria e avrebbe eliminato possibili disparità di trattamento. Nel silenzio del legislatore, tuttavia, mi sembra difficile ipotizzare percorsi che riescano a colmare la lacuna in via interpretativa.

 

 

4. Se, a seguito dell’ulteriore riduzione di un sesto, la pena detentiva comminata dal giudice della cognizione rientra - in astratto- tra quelle suscettibili di sostituzione, vi sono spazi normativi per consentire un qualche intervento al riguardo del Giudice dell’esecuzione?

 

La scelta di affidare al giudice dell’esecuzione il compito di applicare la diminuente di un sesto è, in realtà, foriera di una pluralità di problemi, tutti collegati agli effetti che la riduzione della pena può determinare per l’accesso a istituti che incidono notevolmente sulla condizione del condannato (sulla alternativa tra il “fuori” e il “dentro” per usare le parole del Giudice delle leggi): la concessione della sospensione condizionale, la sospensione dell’ordine di esecuzione e, appunto, l’accesso alle nuove sanzioni sostitutive.

In alcuni casi, il giudice dell’esecuzione ha senz’altro i poteri per impedire che la collocazione in executivis dell’applicazione della diminuente possa riverberare effetti negativi sulla libertà personale del condannato. Penso, ad esempio, all’incidente di esecuzione attivato ai sensi dell’art. 676 c.p.p. al fine di contenere l’entità della pena entro i limiti fissati per la sospensione dell’ordine di esecuzione.

In altri casi, come avviene per la sospensione condizionale, il raggiungimento di tale risultato appare complicato dall’assenza di previsioni specifiche, che riconoscano al giudice dell’esecuzione il potere di intervenire sulla sentenza per modificarne il contenuto.

E a queste ultime ipotesi appare riconducibile la materia delle sanzioni sostitutive che sembrano appannaggio del giudice della cognizione. Pure qui, pertanto, è difficile ipotizzare una diversa soluzione.

 

5. La riduzione di un ulteriore sesto è prevista soltanto in favore di chi, giudicato nelle forme dell’art. 438 e ss. c.p.p., non proponga appello. Possono esservi dei profili di incostituzionalità per l’omessa previsione di analogo beneficio per chi non proponga impugnazione, seppur giudicato con rito ordinario?

 

Se la ratio della norma è quella di incentivare l’imputato a prestare acquiescenza alla decisione di prime cure, il riconoscimento della diminuente non dovrebbe tollerare distinzioni determinate dalla tipologia di procedimento - speciale oppure ordinario -  all’esito del quale è stata emessa la sentenza.

A mio avviso, nella scelta del legislatore di collegare l’effetto premiale soltanto alla acquiescenza prestata alle sentenze rese al termine di un giudizio abbreviato si deve intravedere un implicito invito ad accedere a tale rito e rinunciare al dibattimento.

La tenuta costituzionale di questo assetto è quindi vincolata alla ragionevolezza di tale opzione e alla possibilità di giustificare un differente trattamento tra imputati.


Guido Colaiacovo è Professore associato di diritto processuale penale nellUniversità di Foggia e avvocato del Foro di Sulmona. 

Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Diritto e Procedura penale presso la Sapienza - Università di Roma ove è stato anche assegnista di ricerca e docente presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali

Attualmente, è titolare di contratto di docenza integrativa presso la Luiss Guido Carli di Roma.

È autore di articoli, note a sentenza e altri contributi in opere collettanee.

Nel 2015 ha pubblicato la monografia Il latitante, nella collana «Problemi attuali della giustizia penale», edita da Cedam e ,nel 2019, sempre nella medesima collana, la monografia «Il sistema delle misure cautelari nel mandato darresto europeo. La tutela della libertà personale nella procedura di consegna», nuova edizione aggiornata della precedente «Il sistema delle misure cautelari nel mandato darresto europeo» pubblicata nel 2018.