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27 settembre 2023

Una pronuncia di legittimità riconosce il valore della contestazione formale: rara avis?



La seconda sezione della Corte di legittimità ha riconosciuto la violazione dell'art. 521 c.p.p. in un caso in cui un episodio di corruzione e turbativa d'asta ascritto all'imputato non si rinveniva nel "suo" capo di imputazione, ma in quello precedente afferente il pubblico ufficiale accusato di corruzione. 

Per i giudici di merito i due capi di imputazione andavano letti in maniera congiunta, cosicché la condotta contestata non si doveva ricavare dalla sola imputazione afferente il ricorrente, il cui diritto di difesa non era stato peraltro leso. 

Tuttavia, la Corte di legittimità ha manifestato diverso avviso poiché <<in assenza di un'adeguata descrizione nel capo di imputazione, detta condotta non può ritenersi ricompresa nella contestazione, perché descritta nel capo di imputazione relativo ad altro soggetto imputato della corruzione attiva>>(Cass. 12167/23, al link).

La pronuncia è senz'altro condivisibile e meritoria a fronte del fiorire di interpretazioni svilenti il principio di correlazione tra imputazione e sentenza. 

Al riguardo si rammenti l'indirizzo di legittimità secondo cui <<l'accertamento nel corso del processo di una diversa forma (rispetto a quella contestata) di estrinsecazione della condotta partecipativa che integri la medesima figura di reato contestata (...) non determina alcuna violazione del contraddittorio (Sez. 3, n. 39894 del 28/05/2014, P.G. in proc. Bollini, Rv. 260385; Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, Di Guglielmi e altro, Rv. 257278; Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Bilotta e altri, Rv. 264772; Sez. 5, n. 51248 del 05/11/2014, Cutrera, Rv. 261741) né , parimenti, alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, Addio, Rv. 265946; Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051)>> (Cassazione penale sez. II, 08/10/2020, n.6560).

Invero la pronuncia da ultimo citata afferma che <<con riferimento al primo profilo, non v'é alcuna violazione allorquando  l'enunciazione dei fatti e delle circostanze ascritte all'imputato possa essere desunta dal complesso della motivazione della sentenza e, ancor più quando essi siano stati oggetto di completa descrizione in sede cautelare, in esito al quale l'imputato sia stato messo nelle condizioni di conoscere l'accusa e di esercitare le proprie difese, essendo la contestazione riferibile non solo al contenuto formale del capo d'imputazione in senso stretto, ma a tutti gli atti inseriti nel fascicolo processuale conosciuti o conoscibili dall'imputato>>.

Ed ancora, continua la medesima pronuncia <<con riferimento al secondo profilo, la violazione é inesistente tutte le volte in cui il fatto accertato non si ponga, rispetto al fatto contestato, in termini di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale ovvero costituisca uno sviluppo del tutto imprevedibile della dinamica accusatoria>>.

Il superiore principio è stato poi più volte ribadito dalla quinta sezione, secondo cui <<la contestazione (...) non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l'imputato in condizione di conoscere in modo ampio l'addebito>> (Sez. 5 Num. 24898 Anno 2022, al link , nonchè Sez. 5 Num. 1102 Anno 2022 al link).

V'è da chiedersi se la superiore prospettiva non finisca per ascrivere al  Giudice un potere di scrittura della contestazione, ricavando la contestazione ex actis   

Speriamo il recente ripensamento della seconda sezione abbia successo.