La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 85, comma 2-ter, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "riforma Cartabia"), in riferimento all’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza). La disposizione impugnata stabilisce che, per alcuni reati (violenza sessuale, atti persecutori e diffusione illecita di immagini sessualmente espliciti), si continui a procedere d’ufficio anche quando il reato connesso, originariamente procedibile d’ufficio, divenga perseguibile a querela per effetto di una modifica normativa successiva.
Contesto del Caso
Fatto: Il Tribunale di Verona ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in un procedimento penale per atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.). La persona offesa aveva rimesso la querela, ma l’applicazione dell’art. 85, comma 2-ter, impediva l’estinzione del reato per sopravvenuta remissione, mantenendo la procedibilità d’ufficio.
Norma impugnata: L’art. 85, comma 2-ter, prevede che i reati di cui agli artt. 609-bis, 612-bis e 612-ter c.p. restino procedibili d’ufficio se connessi a un reato divenuto perseguibile a querela per effetto della riforma Cartabia o del decreto correttivo (d.lgs. n. 31/2024).
Argomenti del Rimettente (Tribunale di Verona)
Violazione del principio di retroattività della legge più favorevole (lex mitior):
La disposizione impedisce l’applicazione di un regime più favorevole (procedibilità a querela) introdotto successivamente, senza giustificazioni ragionevoli.
Contrasta con l’art. 3 Cost., poiché crea un trattamento diseguale tra casi omogenei.
Disparità di trattamento:
La norma opera solo per i reati connessi a delitti modificati dal decreto correttivo (d.lgs. n. 31/2024), ma non per quelli modificati dalla riforma Cartabia, creando un’ingiustificata differenza.
Difesa dello Stato (Avvocatura Generale)
La deroga al principio di retroattività è giustificata dalla tutela delle vittime vulnerabili, evitando loro di doversi "esporre" a querela a distanza di tempo.
La disparità di trattamento è inesistente, poiché i reati connessi sono diversi (danneggiamento vs. altri reati).
Decisione della Corte Costituzionale
Natura della disposizione:
La norma ha carattere derogatorio rispetto al principio di retroattività della lex mitior, poiché blocca l’applicazione di un regime più favorevole.
Violazione dell’art. 3 Cost.:
La deroga non è giustificata da esigenze costituzionalmente rilevanti. La tutela delle vittime non è sufficiente, poiché:
Nel caso di atti persecutori, la vittima può già rimuovere la querela anche a processo avviato.
La procedibilità d’ufficio forzata può ledere la riservatezza della vittima, costretta a partecipare al processo.
La disparità di trattamento tra reati connessi a diversi decreti è irragionevole.
Rimedio:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 85, comma 2-ter, nella parte in cui si applica al reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) connesso a danneggiamento (art. 635 c.p.).
Stabilisce che i termini per la querela decorrano dalla pubblicazione della sentenza in G.U.
Schema Riepilogativo
Aspetto | Descrizione |
---|---|
Norma impugnata | Art. 85, comma 2-ter, d.lgs. n. 150/2022 (riforma Cartabia). |
Parametro costituzionale | Art. 3 Cost. (uguaglianza e ragionevolezza). |
Contesto | Procedimento penale per atti persecutori e danneggiamento; querela rimessa. |
Problema | La norma blocca l’applicazione della procedibilità a querela per reati connessi. |
Argomenti pro illegittimità | 1. Deroga ingiustificata alla lex mitior. 2. Disparità di trattamento. |
Difesa dello Stato | Tutela delle vittime vulnerabili. |
Decisione Corte | Illegittimità costituzionale: la deroga non è ragionevole e viola l’art. 3. |
Effetti | Decorrenza dei termini per querela dalla pubblicazione della sentenza. |
Punti Chiave
La Corte ribadisce che le modifiche al regime di procedibilità sono soggette al principio di retroattività della lex mitior.
La deroga al principio deve essere giustificata da esigenze costituzionali, assenti in questo caso.
La sentenza favorisce l’imputato e la vittima, consentendo l’estinzione del reato per remissione di querela.