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31 ottobre 2020

Una lettura garantista della ragionevole durata del processo in un caso di omesso deposito degli atti d'indagine




Si ritiene opportuno segnalare l'ordinanza con cui il Tribunale di Perugia (Gd. F. Loschi), dando seguito ad un, fin qui, minoritario arresto ermeneutico della Suprema Corte (Cass. pen. sez. II-10.04.2018 n. 20125), ha affermato che l'omessa ostensione, in sede di deposito ex art. 415 bis c.p.p., di atti dell'indagine preliminare comporta non già l'inutilizzabilità degli stessi, per come ritenuto dall'indirizzo di legittimità ad oggi assolutamente prevalente (cfr. ex alias Cass. pen. sez. IV-8.11.2013 n. 7597), ma la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e degli atti conseguenti. 
Al riguardo, il Giudice circondariale, richiamando l'isolato precedente della Suprema Corte, ha osservato che l'omesso deposito di atti, impedendo all'indagato di esercitare compiutamente i diritti correlati alla notifica dell'avviso di conclusione indagini, lede le prerogative difensive. A tale violazione può essere posto rimedio soltanto con la sanzione della nullità, che, attraverso la regressione del procedimento alla fase in cui si è verificata la lesione delle garanzie difensive, consente al Pubblico Ministero di rieditare correttamente la sequenza procedimentale. Diversamente la sanzione dell'inutilizzabilità, risolvendosi in una eliminazione di parte del compendio probatorio, finirebbe per aggravare e consolidare le conseguenze pregiudizievoli già prodotte. 
Il Giudice territoriale ha peraltro precisato che la rilevata nullità riveste carattere intermedio. Si noti che proprio tale carattere del vizio aveva consentito alla Corte di Cassazione, nel precedente richiamato dal Tribunale, di ritenere sanata la nullità, giacché, dopo la tempestiva deduzione in udienza preliminare, l'imputato aveva optato per il rito abbreviato. 
Giova infine rilevare che a margine della sua esegesi, il Tribunale ha manifestato una sua precisa "opzione culturale", secondo cui in presenza di contrasti nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione su tematiche suscettibili di travolgere l'intera attività processuale da compiersi prossimamente, l'adesione all'orientamento più rigoroso risponde ad indubitabili canoni di prudenza, che consentono però, a ben guardare, una riduzione della durata complessiva del procedimento, anche perché, a fronte della completa ostensione degli atti, gli interessati potrebbero optare per un rito alternativo. 
Una lettura garantista della ragionevole durata del processo.