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29 marzo 2021

Riforma del processo penale e conversione in sanzione pecuniaria: sempre un ragguaglio da Paperon de' Paperoni - le riflessioni di Daniele Livreri


In questi giorni nella nostra rubrica "Il processo che verrà", stiamo raccogliendo autorevoli opinioni sul disegno di legge di riforma del processo.

Spero allora che i lettori di questo blog non si dispiacciano per l’intrusione di un modesto leguleio.

Mi imbatto in un decreto penale di condanna risalente a qualche tempo fa ed emesso per sanzionare il furto di un quantitativo imprecisato di energia elettrica. Come sa chiunque frequenti le aule dei Tribunali si tratta di un' ipotesi ricorrente di impiego del decreto penale, così come avviene anche per altri delitti contro il patrimonio. Chi frequenti le aule dei Tribunali sa altrettanto bene che questi decreti non vengono e di fatto non possono essere pagati. Il riscosso rappresenta circa il 10% dell'intimato.

Nel decreto che ho davanti il PM per giungere ad una cifra non dico accettabile, ma almeno non tale da potere essere pagata soltanto da Bill Gates, ha concesso le circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alla contestata aggravante, ha preso a riferimento il minimo della pena edittale detentiva (sei mesi di reclusione) e quasi di quella pecuniaria (180 euro di multa), ha applicato la diminuzione per il rito nella misura massima consentita, giungendo così a quantificare una pena di 2 mesi di reclusione e 60,00 euro di multa.

Non si può davvero rimproverare all’Autorità giudiziaria di non aver concesso ciò che poteva. Ma nonostante tutto ciò, combinando pene edittali elevate e mirabolanti tassi di conversione della pena pecuniaria, nel decreto si condanna l’imputato a pagare una pena pecuniaria di 15.060,00 euro di multa.

Una cifra all'evidenza impossibile da pretendere ed una pena ingiusta, muovendo dall'assunto del Pubblico Ministero secondo cui la sottrazione di energia effettivamente accertata è stata di "entità modesta".        

Ora, il disegno di legge al vaglio della Commissione Giustizia allo scopo di incoraggiare il ricorso al decreto penale di condanna e <<di assicurarne l'efficacia anche ai fini dell'effettivo recupero delle pene pecuniarie>>, subordina l'estinzione del reato <<all'effettivo pagamento della pena pecuniaria>>. Sempre a tal fine <<si è prevista la possibilità della riduzione di un quinto della somma dovuta nel caso di rinuncia all'opposizione e di pagamento entro il termine di dieci giorni decorrente dalla notificazione del decreto penale di condanna>>.  

A corredo di queste previsioni, si rettifica il tasso di conversione di un giorno di detenzione da 250 euro al giorno a 180 euro, così auspicando vi sia una platea più estesa di soggetti che aderiscano ai riti alternativi.

Siccome io mi ritrovo davanti persone in carne ed ossa, ho fatto un gioco: se applicassi la novella al destinatario del decreto penale che ho davanti, egli avrebbe potuto incrementare quel 10% di imputati che ha pagato il decreto penale ? 

I conti sono presto fatti, i residui due mesi di pena detentiva convertiti a 180 euro al giorno danno luogo a 10.800 euro cui devono sommarsi i 60 di pena pecuniaria: dunque il destinatario di quel decreto penale dovrebbe pagare 10.860 euro. Se poi li pagasse tutti e subito lo Stato gli verrebbe incontro, riducendo l'importo dovuto di un quinto, cioè residuerebbero “soltanto” 8.688,00.

Davvero qualcuno può ritenere che tali somme verrebbero pagate e percepite come giuste ?

Mi chiedo che studi vengano condotti in Via Arenula prima di propinare simili ipotesi di riforma.