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21 luglio 2022

La Riforma che vorrei per la magistratura onoraria- di Sabrina Argiolas

 
 


Mi è stata offerta la possibilità di esprimere in modo semplice e diretto la Riforma che vorrei sulla Magistratura Onoraria, tralasciando di rievocare il travagliato iter che dopo decenni di <<battaglie>> portate avanti dalle organizzazioni rappresentative di categoria, perveniva all’attuale situazione, ancora incerta da un punto di vista normativo interno sul suo legittimo status giuridico. 

Sono veramente grata per questa offerta che mi permette di esprimere, in un tentativo di sintesi, il senso di fedeltà allo Stato da parte dei magistrati onorari,  una categoria – disconosciuta - di lavoratori, che si sono profusi per oltre vent’anni – nel garantire a tutti gli altri cittadini un servizio pubblico essenziale, con tutti gli oneri e doveri connessi, ma senza il riconoscimento del loro status di lavoratori ed i conseguenti diritti giuslavoristici, in termini di equa retribuzione, tutela assistenziale e previdenziale.  

Ma una piccola premessa è necessaria, almeno per tentare di spiegare da cosa scaturiscano le illusioni di questa categoria di <<lavoratori>> e non appaiano utopistiche pretese.         

É stata da tutti riconosciuta l’importanza dell’apporto fornito dai magistrati onorari al funzionamento della Giustizia del nostro Paese, definiti ripetutamente – e forse beffardamente - i <<PILASTRI della Giustizia>>, senza i quali si assisterebbe all’immediata paralisi delle attività giurisdizionali.

Giusto per chiarire, la magistratura onoraria italiana è costituita da figure eterogenee, molto diverse tra loro, che sono state istituite dal Legislatore nel corso degli anni ed hanno sempre mantenuto funzioni e caratteristiche diverse. Si va dalla partecipazione diretta dei cittadini all'amministrazione della giustizia, pur rimanendo questi estranei alla magistratura (art. 102 comma 3 Costituzione: esperti delle Sezioni Agrarie, giudici popolari della Corte d'Assise etc.), ai magistrati onorari nominati ai sensi dell'art. 106 comma 2 Costituzione (in virtù della quale sono stati istituiti: i c.d. G.O.A. (Giudici Onorari Aggregati); i c.d. G.O.T. (Giudici Onorari di Tribunale) ed i V.P.O. (Vice Procuratori Onorari), tutti previsti in via del tutto transitoria e con funzioni di supplenza dei magistrati togati; i Giudici di Pace, ai quali sono state attribuite funzioni giurisdizionali civili e penali da svolgere in piena autonomia (quasi in un circuito parallelo).

Si può certamente sorvolare sulla nuova figura – introdotta dal D.L. n. 69/2013, convertito in Legge 98/2013 - del Giudice Ausiliario presso le Corti d’Appello, poiché con la sentenza n. 41/2021 la Corte Costituzionale ne ha già dichiarato l’illegittimità, sebbene concedendo loro una <<temporanea tollerabilità costituzionale>>, sino alla data del 31 ottobre 2025, che consenta loro di continuare a ridurre l’arretrato ed assicurare <<una necessaria gradualità nell’attuazione della normativa costituzionale>>. 

Ma i <<PILASTRI della Giustizia>>, a cui sopra si faceva riferimento, sono quelli che operano all’interno dei Tribunali e negli Uffici del Giudice di Pace, sulla cui legittimità costituzionale non vi è alcun dubbio e che secondo quanto prevede l’ancora vigente art. 4 del Regio Decreto n. 12/1941, <<appartengono all’ordine giudiziario>>, con garanzia di autonomia, indipendenza e imparzialità nell’esercizio delle rispettive funzioni.

Statistiche alla mano, emerge incontestabile un dato: i Giudici Onorari di Tribunale smaltiscano le gravi pendenze del carico giudiziario e garantiscano una produttività superiore al 50 %, mentre per i Giudici di Pace la produttività sale al 100%. I Vice Procuratori Onorari, con delega del Procuratore della Repubblica, rappresentano la pubblica accusa nel 100% delle udienza penali innanzi al Giudice di Pace ed almeno nel 90% delle udienze penali in Tribunale.

La situazione che si é in concreto determinata è lo specchio della necessità sorta nell’amministrazione della Giustizia, in conseguenza delle carenza di organico nei ruoli della magistratura professionale e del sempre maggiore aumento del contenzioso civile e penale registratosi nel tempo. La stratificazione disorganica delle norme, che si sono succedute e che hanno determinato un quadro di precariato mortificante ed insoddisfacente per la stessa condizione personale/professionale/economica dei magistrati onorari e per la programmazione e gestione dell’attività giudiziaria, imponeva da anni una revisione organica della magistratura onoraria, divenuta ormai indispensabile per lo svolgimento dell'attività giudiziaria di primo grado.

A fronte di tale indiscussa e concreta realtà, la scelta contenuta nella c.d. Riforma Orlando è stata quella di ridurre fortemente l’apporto della Magistratura Onoraria rispetto all’attuale carico di lavoro, che alla data del 15.08.2021 avrebbe spiegato i suoi più nefasti effetti, determinando gravi disagi nell’amministrazione della Giustizia, nell’organizzazione del lavoro degli Uffici Giudicanti, costringendo i Presidenti dei Tribunali, già in sofferenza per le note carenze di organico, a ridurre ulteriormente l’attività giurisdizionale dei Giudici Onorari, con conseguente aggravio nello smaltimento e nel rispetto del principio di ragionevole durata del processo.

All’esito di un periodo difficilissimo, ancor più esasperato dalle criticità emerse nel corso dell’emergenza pandemica da COVID-19, proprio per evitare il disastro definitivo e dovendo garantire l’attuazione delle riforme del PNRR, con Legge 6.08.2021 n. 113, in sede di conversione del D.L. 9.06.2021 n. 80, veniva prevista la proroga dell’entrata in vigore della parte più nefasta della Riforma Orlando, differendola sino al 31 dicembre 2021.

Con la Legge di Bilancio 2022 – anche al fine di raffreddare la procedura di infrazione UE avviata nel luglio scorso, che avrebbe minato l'erogazione dei fondi del PNRR secondo il regolamento dell’Unione – il Governo ha previsto per i magistrati onorari in servizio la possibilità di presentare istanza per partecipare ad una procedura di selezione-conferma sino all’età di 68 anni, a pena di decadenza immediata per chi non avesse ritenuto di parteciparvi, con rinuncia ex lege ad ogni pretesa sul pregresso. Pur non qualificandosi quali lavoratori subordinati, ai magistrati onorari selezionati-confermati da tale procedura, nel caso in cui vorranno optare per il regime di esclusività verrà corrisposta <<un’indennità>> parametrata al trattamento economico, assistenziale e previdenziale spettante al funzionario amministrativo di area III, in relazione agli anni di servizio prestati.

Lasciando ancora i magistrati onorari in un limbo senza fine.

Neanche l’urgenza dei correttivi, auspicata anche dal Presidente della Corte Costituzionale, nel giorno del suo insediamento in data 16 dicembre 2020, aveva avuto l’esito di compulsare l’ennesima Commissione ministeriale, istituita dal nuovo Ministro Marta Cartabia per definire l’ineludibile annosa questione e consegnare un testo condiviso, frutto di un ulteriore prezioso lavoro di studio, ove ancora ci fossero stati dubbi o temi inesplorati negli ultimi vent’anni.

Ma cosa non può essere riconosciuto ai magistrati onorari dal Legislatore?

Supportati da una Costituzione che garantisce uguaglianza e pari dignità sociale a tutti i cittadini, quale ostacolo impedisce il riconoscimento e la tutela del lavoro svolto dai magistrati onorari, garantendo loro una retribuzione conforme ai parametri costituzionali di proporzionalità e sufficienza, la contribuzione per la pensione di vecchiaia o di anzianità, le ferie, la tutela della maternità, la garanzia retributiva di matrice costituzionale, la tutela previdenziale in caso di malattia, il trattamento di fine rapporto ed ogni altro diritto fondamentale riconosciuto ai lavoratori subordinati?

È innegabile che ai magistrati onorari l’ordinamento interno abbia sinora riservato un trattamento <<economico>> e normativo indiscutibilmente deteriore non solo rispetto al lavoratore comparabile, ma anche rispetto a qualunque altro lavoratore.

La Riforma che vorrei – o meglio <<che avrei voluto>> - per garantire ai magistrati onorari di poter continuare a svolgere serenamente le loro funzioni, con le tutele giuslavoristiche riconosciute a tutti i lavoratori subordinati, ricalca quella che già veniva attuata con la Legge 18 maggio 1974 n. 217, con la quale si disponeva semplicemente la <<conservazione dell’incarico>> con la retribuzione del magistrato di Tribunale per i vice pretori onorari, svolgenti all’epoca funzioni di magistrati onorari.  

Quale dogma inconfessabile si infrangerebbe?

Sulla Legge 18 maggio 1974 n. 217 non vi è mai stata alcuna pronuncia di illegittimità costituzionale. 

Al contrario la tesi secondo cui l’attività prestata dai magistrati onorari non potrebbe mai essere qualificata alla stregua di un rapporto di lavoro - sfuggendo di conseguenza all’applicazione dei diritti fondamentali applicabili alla generalità dei lavoratori in materia retributiva, previdenziale ed assicurativa - deve ritenersi in aperto conflitto con quanto sancito dalla Corte Europea, e ogni sua riproposizione non potrebbe che risolversi in un contrasto inammissibile fra l’ordinamento nazionale e l’ordinamento europeo.

Non appare più realistico e legittimo sul piano interpretativo e metodologico, sia con riferimento al diritto interno che con riferimento alle statuizioni della Corte di Lussemburgo, continuare a trincerarsi sotto l’impostazione qualificatoria di <<rapporto volontario di carattere onorario>> con attribuzione di funzioni pubbliche, al fine di ritenere non configurabile un rapporto di lavoro subordinato, trattandosi di una categoria concettuale incompatibile con quelle proprie del diritto dell’Unione. Secondo il noto e costante orientamento della Corte di Giustizia Europea, sono infatti riconducibili alla nozione di lavoratore, valida ai fini dell’applicazione del diritto del­l’Unione, tutti quei rapporti la cui “caratteristica essenziale (…) è la circostanza che una persona fornisca prestazioni di indiscusso valore economico a un’al­tra persona e sotto la direzione della stessa, riceven­do come contro­partita una retribuzione. Il campo in cui le prestazioni sono for­nite e la natu­ra del rapporto giuridico fra lavoratore e datore di lavoro sono irrilevanti ai fini dell’art. 48 del trattato” (sentenza 03.07.1986, C-66/85, Lawrie-Blum).

Nonostante le battaglie giudiziarie interne, nonostante le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nonostante la Commissione Europea abbia già più volte riconosciuto la violazione della normativa nazionale in relazione all’applicazione del diritto del lavoro dell’Unione Europea, i Magistrati Onorari di Tribunale ed i Giudici di Pace ancora ad oggi sono rimasti privi di tutele retributive e previdenziali, ma soprattutto ancora privi dello stesso riconoscimento dello status di LAVORATORI SUBORDINATI.

Sabrina Argiolas     


La dott.ssa Sabrina Argiolas sin dall’anno 1999 svolge le funzioni di magistrato

onorario, prima in qualità Vice Procuratore Onorario presso la Procura della Repubblica di Palermo e dal 2005 in qualità di Giudice Onorario di Tribunale presso il Tribunale di Palermo, ove tutt’ora esercita le sue funzioni in modo esclusivo. Per la situazione determinatasi nel periodo 2010-2012 – per il carico lavorativo e l’impegno richiestole, venendo meno la stessa possibilità materiale di continuare a dedicarsi in modo continuativo allo svolgimento della professione di Avvocato, richiedeva la cancellazione dall’Albo Avvocati del Consiglio dell’Ordine di Termini Imerese.
A seguito di elezioni straordinarie, indette a seguito dell’emissione del D.L.vo 31
maggio 2016 n. 92 e svoltesi nei giorni 24-25 luglio 2016, veniva eletta in
rappresentanza dei Giudici Onorari di Pace del Distretto di Palermo, quale componente della Sezione Autonoma del Consiglio Giudiziario della Corte d’Appello di Palermo, sino al 5 ottobre 2020.