Dare del "pezzente" non è diffamazione se l’affermazione è udita dai soli avvocati presenti in udienza. Con una pronuncia garantista la corte regolatrice dà rilevanza al contesto e alla diffusività dell’espressione ingiuriosa per escludere la diffamazione (sentenza Corte di Cassazione, quinta penale, sentenza 25 giugno 2024, n. 25026 al link).
Si legge in sentenza:
Risulta invero dal tenore delle sentenze dei giudici di merito che la parola "pezzente" sia stata pronunciata dall'imputato isolatamente, in modo improvviso ed occasionale, al di fuori di un più ampio ed articolato contesto dialogico, in occasione di un non meglio precisato riferimento , emerso nel corso di un'udienza di una controversia civile, ad una denuncia per truffa che il DP, parte civile costituita nel processo penale, avrebbe presentato nei suoi confronti. La parola è stata udita dai due patrocinatori del DP, che, dopo aver chiesto ed ottenuto di apprendere a chi fosse rivolta, l'hanno comunicato a quest'ultimo, che ha formalizzato querela. La sentenza impugnata si è limitata, affermativamente, a chiosare che il termine usato possiederebbe indiscussa pregnanza offensiva. Orbene, se per un verso non è dato comprendere il senso compiuto dell'esclamazione nel contesto, per altro intimamente e necessariamente conflittuale, dell'interlocuzione tra le parti del processo civile in corso, che già di per sé innesta un ragionevole dubbio sulla configurabilità di un inequivoco "attacco ad hominem", non è possibile cogliere, per altro verso, l'effetto lesivo che si proietterebbe sulla vita di relazione della persona offesa e sul riconoscimento alla sua dignità nella realtà socio-culturale circostante. In altre parole, al di là dell'avvenuta percezione, da parte dei due avvocati, dell'esternazione verbale, non è ravvisabile, alla lettura delle proposizioni delle decisioni di merito, indicatore alcuno e soprattutto appagante dell'idoneità del mero vocabolo, avulso da un quadro d'insieme minimamente esplicativo, ad incidere sulla reputazione del destinatario di essa, intesa quale patrimonio di stima, di fiducia, di credito accumulato dal singolo nella società e, in particolare, nell'ambiente in cui quotidianamente vive e opera (cfr. sez .5, n.12898 del 2020, Pavani, non messa).
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