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06 febbraio 2024

Il saluto romano è reato. Note a margine delle errate informazioni di stampa: quando è utile spiegare cosa sono i reati di pericolo (astratto e concreto)

 





Ci eravamo già occupati della questione (link), pubblichiamo adesso il contributo di Mariangela Miceli in commento alla vicenda giudiziaria sulla quale si sono pronunciate le Sezioni Unite.

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Il presente contributo trae spunto dalla vicenda della quale è stato investito il Tribunale di Milano, dovendo giudicare della responsabilità di due soggetti in merito al reato contestato di cui agli artt. 81, co.2, 110, co. 1, d.l. m. 122 del 1993 e s.m.i.

La condotta contestata si era verificata in occasione di una manifestazione pubblica commemorativa nel corso della quale i due ricorrenti salutavano e rispondevano con il “saluto fascista” alla chiamata accompagnando il gesto con la risposta “presente”.

Tale condotta – come noto – è altresì conosciuta come “saluto romano”.

La sentenza di primo grado emessa il 23 dicembre 2020 si era conclusa con l’assoluzione, poiché, il Giudice di prime cure ha ritenuto inesistente il c.d. elemento soggettivo di reato ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 del codice penale.

La sentenza assolutoria era stata motivata non solo sul presupposto dell’inesistenza dell’elemento soggettivo ma, altresì, in considerazione del fatto che, secondo i precedenti giudiziari la condotta materiale era stata qualificata si sensi della legge n. 645 del 1952 e, più precisamente, in riferimento a quanto disposto dall’art. 5 della predetta legge.

Tuttavia, la Corte territoriale ha smentito la decisione del Tribunale ed affermato la responsabilità degli imputati.

La condotta contestata si era verificata in occasione di una manifestazione pubblica commemorativa nel corso della quale i due ricorrenti salutavano e rispondevano con il “saluto fascista” alla chiamata accompagnando il gesto con la risposta “presente”.

Tale condotta – come noto – è altresì conosciuta come “saluto romano”.

La sentenza di primo grado emessa il 23 dicembre 2020 si era conclusa con l’assoluzione, poiché, il Giudice di prime cure ha ritenuto inesistente il c.d. elemento soggettivo di reato ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 del codice penale.

Ma, come detto, la decisione era stata ribaltata in appello con l'affermazione della responsabilità penale degli imputati.

Della questione sono state investite le Sezioni Unite che in una recentissima pronuncia (informazione provvisoria) sono state chiamate a dirimere il contrasto tra due orientamenti.

Secondo un primo orientamento, il “saluto romano”, sussumibile nella fattispecie dell’art. 2 d.l. n. 122 del 1993, è «una manifestazione esteriore propria od usuale di organizzazioni o gruppi indicati nel decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122 […], ed inequivocabilmente diretti a favorire la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico […]» (Sez. I, n. 21409 del 27.03.2019, Leccisi; Sez. I, n. 25184 del 04.03.2009, Saccardi). Il saluto fascista, dunque, sarebbe riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 2 d.l. n. 122 del 1993, concretizzando una manifestazione tipica in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa, riconducibile a fenomeni di intolleranza e di violenza di matrice xenofoba o antisemita ascrivibile, quindi, alla figura dei reati di pericolo astratto.

Un Secondo un secondo orientamento, contrapposto al primo, invece, il “saluto romano” sarebbe riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 5 della legge n. 645 del 1952, ovvero al principio di diritto per cui “ Il delitto i cui all’art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645 (come modificato dall'art. 11 della legge 22 maggio 1975, n. 152) è reato di pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell’ideologia fascista in sé, attese le libertà garantite dall’art. 21 Cost., ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all’ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell’ordine democratico e dei valori ad esso sottesi” (Sez. I, n. 11038 del 02.03.2016, Goglio; Sez. I, n. 37577 del 25.03.2014, Bonazza; Sez. 5, n. 36162 del 18.04.2019, Alberga).

Tale principio di diritto, quindi, postula, che tali condotte siano idonee a determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni che si ispirano, direttamente o indirettamente, all’ideologia del disciolto partito fascista.

In questa cornice, i contrasti giurisprudenziali concernenti l’inquadramento del “saluto fascista”, hanno richiamato l’esigenza di assicurare l’uniformità dell’interpretazione su questioni interpretative di notevole rilevanza.

Per tali ragioni, la Prima Sezione Penale ha ritenuto opportuno rimettere alle Sezioni unite della Corte di Cassazione i ricorsi in esame, formulando il seguente quesito: “Se la condotta consistente nel protendere in avanti il braccio nel "saluto fascista", evocativa della gestualità tipica del disciolto partito fascista, tenuta nel corso di una manifestazione pubblica, senza la preventiva identificazione dei partecipanti quali esponenti di un’associazione esistente che propugni gli ideali del predetto partito, integri la fattispecie di reato di cui all'art. 2 d.l. 26 aprile 1993, n. 122, convertito dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, ovvero quella prevista dall'art. 5 legge 30 giugno 1952, n. 645; se entrambe le disposizioni configurino un reato di pericolo concreto o di pericolo astratto e se le stesse siano tra loro in rapporto di specialità oppure possano concorrere” (ordinanza al linkriscontrandosi su rilevante tale profilo, un marcato contrasto giurisprudenziale sull’applicazione di un rapporto di specialità tra le fattispecie suindicate.

Le Sezioni Unite si sono pronunciare il 18 gennaio 2024 e l’ informazione provvisoria n. 1/24 (link) del 18 gennaio 2025 recita: «La condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel c.d. “saluto romano”, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dall’art. 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. A determinate condizioni può configurarsi anche il delitto previsto dall’art. 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205 che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità e possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge».