"Foro e Giurisprudenza", per il mese di agosto, sospenderà le pubblicazioni quotidiane.
Daremo conto soltanto di approfondimenti e novità, se ve ne saranno.
Le pubblicazioni riprenderanno regolarmente dal mese di settembre.
Buone vacanze!
"Foro e Giurisprudenza", per il mese di agosto, sospenderà le pubblicazioni quotidiane.
Daremo conto soltanto di approfondimenti e novità, se ve ne saranno.
Le pubblicazioni riprenderanno regolarmente dal mese di settembre.
Buone vacanze!
Siamo sicuri che sia agevole, almeno per ogni calciofilo che abbia superato gli "anta", rammentare la frase di Vujadin Boskov, indimenticato allenatore della Sampdoria, secondo cui "rigore è quando arbitro fischia". La celebre espressione dell'allenatore serbo potrebbe spiegare il senso di una recente sentenza della Corte di legittimità.
Invero i giudici nomofilattici hanno precisato che nella decisione delle questioni di invalidità degli atti procedimentali, in applicazione del cd. "criterio di pregiudizio effettivo", <<perché sussista la nullità, non è sufficiente che sia stato posto in essere un atto non conforme al tipo, ma è necessario valutare se la violazione abbia effettivamente compromesso le garanzie che l'ipotesi di invalidità era destinata a presidiare (Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016 - dep. 17/02/2017, Amato, Rv. 269028; negli stessi termini: Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, Rossi, dep. 2012, Rv. 251497; Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, Micciullo, Rv. 239396; Sez. U, n. 10251 del 17/10/2006, dep. 2007, Michaeler, Rv.235697)>>. E ciò perché- hanno chiosato i supremi giudici- << le forme processuali sono un valore nella misura in cui servono a garantire la celebrazione di un giusto processo, i cui principi non vengono certamente compromessi da una nullità in sé irrilevante o inidonea a riverberarsi sull'effettivo esercizio del diritto alla difesa (Sez. 5, n. 49287 del 30/9/2019, Budui). Da qui l'onere, che incombe sul soggetto interessato a far valere l'invalidità processuale, di specifica allegazione del fatto suscettibile di generare il vulnus subito nel concreto esercizio del diritto di difesa>>. (sentenza al link)
In realtà, ci pare che la decisione della Corte muova da un asserto sbagliato: se infatti è vero che le nullità presidiano garanzie processuali, è altrettanto vero che il Legislatore, ponendo una nullità, ha già ponderato che la violazione di legge leda quelle garanzie. La tassatività delle nullità si giustifica proprio per questa opera di selezione condotta a monte dell'enunciato normativo. Diversamente la Corte ritiene che seppur sussista la violazione sanzionata dal Legislatore con la nullità, il Giudice potrà poi disapplicare la sanzione processuale, conducendo EGLI stesso una valutazione, nel caso concreto, della lesione delle garanzie processuali.
Peraltro, ci pare che questo arresto giurisprudenziale finisca per tradire la stessa funzione della Corte di Cassazione: chiamata a presidiare la legge da eventuali errori del Giudice, la Corte finisce invece per giustificarli.
La Corte Costituzionale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell’art. 85, comma 2-ter, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. "riforma Cartabia"), in riferimento all’art. 3 della Costituzione (principio di uguaglianza). La disposizione impugnata stabilisce che, per alcuni reati (violenza sessuale, atti persecutori e diffusione illecita di immagini sessualmente espliciti), si continui a procedere d’ufficio anche quando il reato connesso, originariamente procedibile d’ufficio, divenga perseguibile a querela per effetto di una modifica normativa successiva.
Fatto: Il Tribunale di Verona ha sollevato la questione di legittimità costituzionale in un procedimento penale per atti persecutori (art. 612-bis c.p.) e danneggiamento aggravato (art. 635 c.p.). La persona offesa aveva rimesso la querela, ma l’applicazione dell’art. 85, comma 2-ter, impediva l’estinzione del reato per sopravvenuta remissione, mantenendo la procedibilità d’ufficio.
Norma impugnata: L’art. 85, comma 2-ter, prevede che i reati di cui agli artt. 609-bis, 612-bis e 612-ter c.p. restino procedibili d’ufficio se connessi a un reato divenuto perseguibile a querela per effetto della riforma Cartabia o del decreto correttivo (d.lgs. n. 31/2024).
Violazione del principio di retroattività della legge più favorevole (lex mitior):
La disposizione impedisce l’applicazione di un regime più favorevole (procedibilità a querela) introdotto successivamente, senza giustificazioni ragionevoli.
Contrasta con l’art. 3 Cost., poiché crea un trattamento diseguale tra casi omogenei.
Disparità di trattamento:
La norma opera solo per i reati connessi a delitti modificati dal decreto correttivo (d.lgs. n. 31/2024), ma non per quelli modificati dalla riforma Cartabia, creando un’ingiustificata differenza.
La deroga al principio di retroattività è giustificata dalla tutela delle vittime vulnerabili, evitando loro di doversi "esporre" a querela a distanza di tempo.
La disparità di trattamento è inesistente, poiché i reati connessi sono diversi (danneggiamento vs. altri reati).
Natura della disposizione:
La norma ha carattere derogatorio rispetto al principio di retroattività della lex mitior, poiché blocca l’applicazione di un regime più favorevole.
Violazione dell’art. 3 Cost.:
La deroga non è giustificata da esigenze costituzionalmente rilevanti. La tutela delle vittime non è sufficiente, poiché:
Nel caso di atti persecutori, la vittima può già rimuovere la querela anche a processo avviato.
La procedibilità d’ufficio forzata può ledere la riservatezza della vittima, costretta a partecipare al processo.
La disparità di trattamento tra reati connessi a diversi decreti è irragionevole.
Rimedio:
La Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 85, comma 2-ter, nella parte in cui si applica al reato di atti persecutori (art. 612-bis c.p.) connesso a danneggiamento (art. 635 c.p.).
Stabilisce che i termini per la querela decorrano dalla pubblicazione della sentenza in G.U.
Aspetto | Descrizione |
---|---|
Norma impugnata | Art. 85, comma 2-ter, d.lgs. n. 150/2022 (riforma Cartabia). |
Parametro costituzionale | Art. 3 Cost. (uguaglianza e ragionevolezza). |
Contesto | Procedimento penale per atti persecutori e danneggiamento; querela rimessa. |
Problema | La norma blocca l’applicazione della procedibilità a querela per reati connessi. |
Argomenti pro illegittimità | 1. Deroga ingiustificata alla lex mitior. 2. Disparità di trattamento. |
Difesa dello Stato | Tutela delle vittime vulnerabili. |
Decisione Corte | Illegittimità costituzionale: la deroga non è ragionevole e viola l’art. 3. |
Effetti | Decorrenza dei termini per querela dalla pubblicazione della sentenza. |
La Corte ribadisce che le modifiche al regime di procedibilità sono soggette al principio di retroattività della lex mitior.
La deroga al principio deve essere giustificata da esigenze costituzionali, assenti in questo caso.
La sentenza favorisce l’imputato e la vittima, consentendo l’estinzione del reato per remissione di querela.
Il Giudice per le indagini preliminari, a fronte di una istanza di misura cautelare avanzata dal pubblico ministero, richiedeva una integrazione istruttoria. Il pubblico ministero depositava quindi una elencazione di atti integrativi, trasmessi al GIP con l'indicazione sommaria dei motivi per cui i suddetti atti erano da intendersi quali riscontri all’ipotesi accusatoria.
Il Giudice per le indagini preliminari respingeva la richiesta di misura cautelare, ritenendo che la mera allegazione di attività istruttoria non richiamata nella richiesta di misura cautelare, rimasta immutata, non consentisse di poter vagliare la gravità indiziaria.
Il Tribunale per il riesame riformava il provvedimento.
L'imputato interponeva ricorso, ma la Corte di legittimità ha precisato che l’art. 291, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che le misure cautelari personali sono disposte su richiesta del pubblico ministero, «che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda». La norma- ad avviso dei giudici della nomofilachia- non richiede la trascrizione del materiale investigativo nella richiesta di misura ma l’indicazione degli elementi di indagine che fondano la sussistenza del fumus commissi delicti, desumibili dagli atti di indagine compiuti e allegati alla richiesta. Infatti, la domanda cautelare deve essere qualificata dall'allegazione degli atti su cui si fonda, ma può anche non essere connotata da una specifica e puntuale motivazione, che invece è oggetto di obbligo per il giudice chiamato a provvedere sulla domanda stessa (Sez. F, n. 34201 del 25/08/2009, Trovato, Rv. 244905). Quindi, hanno concluso i giudici della Corte di Cassazione, la deduzione difensiva secondo cui, per rendere gli atti allegati alla richiesta di misura utilizzabili, sarebbe stato necessario esplicitamente richiamarli era manifestamente infondata e su di essa il Tribunale per il riesame non aveva l‘obbligo di motivare (sentenza al link)
La sesta sezione di legittimità ha offerto utili delucidazioni in ordine alla condizione di procedibilità del patteggiamento, in tema di delitti contro la p.a., come prevista dall'art. 444-comma 1-ter cod. proc. pen.. Al riguardo la Corte ha ritenuto che <<la restituzione del profitto o del prezzo del reato prevista dall'art. 444-comma 1-ter cod. proc. pen. non va intesa come la retrocessione di quanto ricevuto per commettere il reato allo stesso soggetto da cui è stata ricevuta (come nel caso della corruzione), né come ristoro o riparazione della perdita economica subita dal soggetto danneggiato dalla indebita appropriazione (nel caso del peculato) o dalla vittima dell'abuso costrittivo del pubblico ufficiale (nel caso della concussione), ma come un atto dispositivo di carattere patrimoniale che dia conto della dismissione del vantaggio economico, con la messa a disposizione della somma corrispondente al prezzo o al profitto del reato quale condizione processuale per poter accedere al rito del patteggiamento, affidando poi all'autorità giudiziaria la valutazione della destinazione da dare in concreto a tale offerta >>.
In ogni caso la sentenza ha precisato che la violazione della condizione è denunciabile con ricorso per cassazione dal momento che la pronuncia di merito <<ratifica un accordo illegale, concluso in violazione di una norma processuale stabilita a pena di inammissibilità del rito, vizio deducibile ex art. 606, lett. c), cod. proc. pen., secondo il regime generale delle impugnazioni (fra le tante, Sez. 6, n. 19679 del 27/01/2021, Bove, Rv. 281664)>>. (sentenza al link),
Abstract
La pronuncia della Corte di Cassazione n. 13585/2025 solleva rilevanti interrogativi sul controllo giudiziale in materia di sequestro probatorio disposto dal pubblico ministero, alla luce della direttiva 2016/680/UE e del principio di proporzionalità. Il commento, pur mantenendo una impostazione tecnico-giuridica, ricorre a immagini tratte dalla mitologia celtica, da suggestioni della letteratura russa e americana, e dal pensiero di Franco Cordero per evidenziare il carattere iniziatico e simbolico del conflitto, mai sopito, tra potere investigativo e garanzie difensive.
Sommario: 1.Il principio oltre la norma: proporzionalità e custodia. - 2. Il P.M. come Custode (im)proprio: il rischio del doppio ruolo. - 3. La nullità “a geometria variabile” e la nebbia del processo. - 4. Il principio di legalità come pietra sacra. - 5. La voce del Nuovo Mondo e l’eco di Cordero. - 6. Conclusione. Senza il Custode, resta solo la nebbia.
1. Il principio oltre la norma: proporzionalità e custodia
Nel cuore delle Costituzioni moderne, accanto alle norme scritte, dimora un principio che agisce come antico spirito protettore del diritto vivente: la proporzionalità. In epoche remote, i druidi scolpivano nella parola tramandata il compito di bilanciare il caos e l’ordine: oggi, la stessa funzione è assolta da tale principio, che non è solo strumento di misura, ma forza simbolica di armonia tra libertà e necessità.
La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la decisione C.G. c. Bezirkshauptmannschaft Landeck (Grande Sezione, 4 ottobre 2024, C-548/21), ha riaffermato che ogni ingerenza nei diritti fondamentali dev’essere necessaria, proporzionata e fondata su norme accessibili, chiare e prevedibili. Ciò vale a maggior ragione in materia di accesso a dati personali custoditi nei dispositivi digitali che rappresentano, a ben guardare, i nuovi calderoni dell’identità personale: scrigni che contengono ciò che un tempo apparteneva solo all’anima.
2. Il P.M. come Custode (im)proprio: il rischio del doppio ruolo
Nel caso esaminato, un decreto di sequestro probatorio e di corrispondenza viene disposto dal pubblico ministero senza previo controllo giudiziario. L’eccezione difensiva sollevata — fondata sulla direttiva 2016/680/UE e sul d.lgs. n. 51 del 18 maggio 2018 — richiama il principio secondo cui solo un giudice o un’autorità amministrativa indipendente può autorizzare l’accesso a tali dati: principio recentemente rimarcato dalla Corte di Lussemburgo con la decisione del 4 ottobre 2024, C-548/21, già richiamata.
Nella tradizione celtica, il Custode del Cerchio Sacro non è mai colui che varca la soglia, ma colui che ne veglia l’accesso. Identificare il pubblico ministero con l’autorità indipendente significherebbe confondere il druido con l’invasore, il guardiano con il desideroso di penetrare la sfera. Una sovrapposizione che, se legittimata, genera un corto circuito arcaico, quasi ancestrale: l’unità tra il controllato e il controllore, come nei sogni inquieti di Dostoevskij, dove bene e male abitano la stessa coscienza.
Fortunatamente, la Corte Suprema prende le distanze da questa visione: l’assenza di terzietà del pubblico ministero preclude, in radice, l’effettività del controllo sul trattamento dei dati personali (superando così un recente arresto della medesima Corte: Cass., Sez. V, 28 gennaio 2025, n. 8376, non mass.).
3. La nullità “a geometria variabile” e la nebbia del processo
Pur riconoscendo la violazione del diritto eurounitario, essendo necessario l'intervento di un Giudice, la Corte ritiene che il vizio non sia declinabile nei termini di un'inutilizzabilità probatoria - poiché è compito del diritto nazionale, e non di quello dell'Unione, stabilire le regole relative all’ammissibilità e alla valutazione delle prove (Corte giust. UE, 20 aprile 2024, causa C-670/22, EncroChat) –ma di una mera nullità e, soprattutto, che sia stato “assorbito” dalla successiva verifica giurisdizionale del Tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 324 c.p.p.
Nasce così una nullità condizionata, variabile, contestuale. È il trionfo della logica floue: non esiste una regola binaria, ma una valutazione olistica che guarda all’intero procedimento, come se si potesse, ex post, ridisegnare il cerchio sacro attorno al fuoco del diritto violato.
Nel pensiero di Tolstoj, la legge scritta è cosa morta se non corrisponde al sentimento di giustizia. Ma questa giustizia, se sganciata dalla norma, rischia di diventare arbitrio vestito da saggezza.
La sentenza in commento, pur animata da un lodevole sforzo di armonizzazione tra diritto interno ed europeo, sembra smarrire il punto essenziale: i diritti fondamentali non possono essere oggetto di bilanciamenti o di sanatorie implicite.
Ci si avvicina, così, pericolosamente, a quella zona in cui — per dirla con Bulgakov — «Mai chiedere nulla, mai e per nessuna ragione, soprattutto a quelli che sono più forti di te. Ti toglieranno tutto e non ti daranno mai nulla» (Il Maestro e Margherita).
È il monito amaro che attraversa le pagine del romanzo come un presagio: ogni rinuncia al presidio della legalità apre la strada alla discrezionalità dei forti, alla deriva dell’equilibrio processuale come concessione, non come diritto.
In altri termini: l'assenza di un controllo reale sul potere investigativo, che postula ex ante l'intervento del Giudice, espone i soggetti deboli - tali sono per definizione gli indagati/imputati nel processo penale - al dominio degli apparati forti (id est: il potere statuale), esattamente come nel mondo immaginifico e crudele evocato da Bulgakov.
E così, come accade al signor K. ne Il processo di Franz Kafka, l’individuo si ritrova invischiato in un meccanismo senza volto, dove l’autorità è ovunque ma mai presente, dove la colpa è presupposta e l’assoluzione irraggiungibile, e dove il diritto si consuma nel buio di una macchina che non conosce custodi, ma solo esecutori. Il processo penale rischia così di scivolare dal rito alla fatalità, dal giudizio alla condanna per assenza di forma.
4. Il principio di legalità come pietra sacra
L’art. 111, comma 1, Cost., impone che il processo sia regolato dalla legge: ciò per essere "giusto". Non dal sentimento soggettivo di giustizia. Non da valutazioni compensative. Non dalla necessità di efficienza. La legge è il menhir attorno a cui si forma il rito: spezzarne la forma, significa dissolverne la forza.
Il principio di proporzionalità deve essere inteso come garanzia e non può mai giustificare l’annullamento dei diritti fondamentali: consente la loro limitazione solo in nome di un interesse superiore definito dal Legislatore, non dalla convenienza del Giudice.
5. La voce del Nuovo Mondo e l’eco di Cordero
Nel silenzio solenne che accompagna la giurisprudenza di legittimità, si insinua anche il sussurro della tradizione giuridica americana, dove la giustizia costituzionale ha imparato — a caro prezzo — che le libertà civili non si difendono con strumenti flessibili, ma con regole chiare e review indipendenti. Da Katz v. United States a Carpenter v. United States, il principio di “judicial authorization” è condizione imprescindibile per l’accesso investigativo a dati sensibili.
Ma come avrebbe ricordato Franco Cordero, il processo penale non è un meccanismo, ma un rito drammatico e razionale, carico di tensione simbolica. La legalità processuale è un ordito simbolico e tecnico: ogni deroga può alterare l’equilibrio profondo del processo. Nei suoi scritti, il processo è scena, verità e mito. E come nei grandi giuristi americani — Jerome Frank, Benjamin Cardozo — il diritto non è solo regola, ma forma e rito, e la giustizia si misura nel rispetto delle condizioni formali che permettono al conflitto di svolgersi nel cerchio sacro della Costituzione.
6. Conclusione. Senza il Custode, resta solo la nebbia
La pronuncia commentata nasce da e con nobili ideali - postulare l'intervento del Giudice ove si tratti di disporre il sequestro di dispositivi informatici - ma mostra un inquietante scivolamento verso un pragmatismo processuale, che in luogo del diritto rituale propone un diritto adattabile e pseudo-efficientista.
Un sistema penale che cede all’equilibrio percepito, rinunciando ai presìdi della legalità, rischia di diventare una foresta senza sentieri, dove le parole perdono la loro forza sacrale.
Come insegnano i racconti druidici, i romanzi di Dostoevskij e le Corti americane, senza il Custode non vi è rito, senza regola non vi è giustizia, senza misura non vi è verità.
(Pronuncia n. 13585/2025 al link)
La Suprema Corte ha rammentato che <<il reato di corruzione propria presuppone che sussista un rapporto sinallagmatico tra il compimento dell'atto d'ufficio e la promessa o ricezione di un'utilità, la cui dazione deve rappresentare l'adempimento del patto corruttivo» (così, Sez. 6, n. 15641 del 19/10/2023, dep. 2024, Saguto, Rv. 286376 – 07; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 6, n. 14027 del 13/02/2024, Greco, Rv. 286373 – 01; Sez. 6, n. 3765 del 09/12/2020, dep. 2021, Mazzarella Rv. 281144 – 01; Sez. 6, n. 18125 del 22/10/2019, dep. 2020, Bolla, Rv. 279555 – 05; Sez. 6, n. 39008 del 06/05/2016, Biagi, Rv. 268088 – 01).(sentenza al link)
In questi giorni abbiamo letto della meritevole iniziativa dei colleghi bolognesi di donare alcune decine di ventilatori ai ristretti della struttura detentiva felsinea. Evidente che per chi sconta una pena detentiva in estate, peraltro in condizioni di sovraffollamento del carcere, si tratti di un vero dono. Tuttavia abbiamo appreso, con sgomento, che i detenuti per fruire dei ventilatori dovranno far fronte alla spese dell'energia elettrica, calcolate in modo forfettario.
Forse basterebbe poco per cercare di attenuare l'inferno detentivo.
Ci eravamo già più volte occupati della vexata quaestio (link, link, link, link, link).
Il tema è stato oggetto dell'ultima prova di diritto penale al concorso in magistratura.
Affidiamo il commento a Gianluca Porsperini, magistrato in tirocinio, che si era già occupato, da avvocato, della questione per il blog (al link).
Peraltro, sul tema, avevamo segnalato un recente arresto delle SSUU (link) in tema di raccolta del risparmio per "bancoposta".