Sezioni

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28 aprile 2023

Per il GUP di Trapani la nuova regola di giudizio dell'udienza preliminare si applica anche agli enti

 

 

Il difensore di un ente ha prospettato al GUP di Trapani una questione di legittimità costituzionale <<dell’art. 61 D.Lgs. n. 231/2001 per violazione dell’art. 3 Cost., con riferimento alla diversa previsione contenuta nell’art. 425 c.p.p.>>. 

Al riguardo si rammenta che per effetto della riforma c.d. Cartabia, il Giudice dell'udienza preliminare emetterà sentenza di non luogo a procedere «quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna»; diversamente la regola di giudizio prevista per gli enti dall’art. 61 D.Lgs. n. 231/2001, è rimasta invariata, creandosi così un disallineamento tra i due enunciati normativi, una volta sovrapponibili. 

Il GUP ha tuttavia rigettato la questione. In sintesi, rimandando alla lettura dell'ordinanza, il Decidente ha anzitutto considerato, in linea generale, che la responsabilità penale e quella da reato non appartengono a sistemi omogenei, sicché una differente disciplina non sarebbe ex se irragionevole, ma in ogni caso ad avviso del GUP  la novella ha in realtà recepito una interpretazione evolutiva dell'art. 425 comma 3 c.p.p. che <<deve intendersi riferita anche all’art. 61 D.Lgs. n. 231/2001, poiché plasmato – come si è detto – sulla richiamata disposizione codicistica>>.

Al link l'ordinanza.

 

La dottoressa Caterina Brignone, GIP del Tribunale di Trapani



 

 

 

27 aprile 2023

La Corte interviene sulla diminuente in executivis e respinge la questione di legittimità costituzionale

Con la sentenza n.  16054/2023 la Prima Sezione della Corte ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che il beneficio dell’ulteriore riduzione di pena di un sesto per mancata impugnazione della sentenza di condanna si applichi anche ai procedimenti penali pendenti in fase di impugnazione e a quelli definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (sentenza al link) 

26 aprile 2023

PSS e aggiornamenti: il Ministero sbaglia il periodo



Il ministero pubblica il decreto ministeriale e abbassa il tetto rituale, ma erra quanto al periodo di riferimento. L'aggiornamento che è biennale è stato calcolato sul periodo 2018 - 2020, così che esso non tiene conto dell’aumento dell’inflazione in questi ultimi anni.

Ai sensi dell’articolo 77 del TUSG:

Art. 77 DPR 115-2002 (Adeguamento dei limiti di reddito per l’ammissione)

1. I limiti di reddito sono adeguati ogni due anni in relazione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Il decreto al link

Il Ministero fornisce chiarimenti con riguardo al pagamento per l'estinzione delle contravvenzioni alimentari


Il Ministero, su quesito formulato dalla Procura presso il Tribunale di Parma, ha fornito alcuni chiarimenti con riguardo alle modalità di pagamento inerenti la procedura per estinguere le contravvenzioni previste dalla L. 283/1962, succesivamente alla Riforma c.d. Cartabia (parere al link)

 

 

24 aprile 2023

E' possibile la notifica 161 IV co. presso il difensore di ufficio che non abbia accettato la domiciliazione? Questione alle SS.UU.


 

La prima sezione penale con ordinaza del 02.03.2023 ha devoluto alle SS.UU. le seguenti questioni:

 1) se, nell’ipotesi in cui l’imputato elegga domicilio presso il difensore d’ufficio, e quest’ultimo non accetti la elezione, possa ugualmente effettuarsi la notificazione dell’atto di citazione a giudizio al medesimo difensore a norma dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen., ovvero la stessa sia nulla dovendo procedersi alla notificazione con le modalità di cui agli artt. 157 ed eventualmente 159 cod. proc. pen.

2) se il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dichiari la nullità dell’atto di citazione a giudizio per vizi relativi alla sua notificazione e disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero sia abnorme perché avulso dal sistema processuale e comunque idoneo a determinare la stasi del procedimento ovvero costituisca invece espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall’ordinamento processuale.

 (ordinanza di remissione a SS.UU.) 

21 aprile 2023

Sequestro preventivo – Trasmissione per competenza territoriale del procedimento nel cui ambito il vincolo è stato disposto – Questioni relative all’amministrazione dei beni sequestrati – Competenza – Giudice per le indagini preliminari che procede.



La Prima Sezione penale, in tema di sequestro preventivo, ha affermato che, nel caso di trasmissione per competenza territoriale del procedimento penale nel cui ambito il vincolo è stato disposto, competente a decidere sulle questioni relative all’amministrazione dei beni sequestrati è il giudice per le indagini preliminari che procede.

Scarica la sentenza Cass. pen., sez. I, n. 11509/2023




20 aprile 2023

Lesioni personali e procedibilità a querela: cambia anche il giudice naturale

 



La Quinta Sezione penale ha affermato che appartiene al giudice di pace la competenza in relazione al delitto di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenuto procedibile a querela per effetto dell’art. 2, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, dovendo il mancato coordinamento di tale disposizione con quella di cui all’art. 4, comma 1, lett. a, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, essere risolto conformemente alla “voluntas legis” di estendere la competenza del predetto a tutti i casi di lesioni procedibili a querela.

19 aprile 2023

Omesso versamento dell'IVA e legale rappresentate non ancora iscritto nel registro delle imprese: responsabilità penale? Sussiste


La Terza Sezione, in punto di individuazione del soggetto obbligato in relazione al delitto di omesso versamento dell’IVA, ha affermato, in conformità con la giurisprudenza di legittimità civile, che la qualifica di legale rappresentante di una società e il connesso potere di rappresentanza si acquistano direttamente con l’atto di conferimento della nomina e non conseguono alla pubblicità della stessa, con l’iscrizione nel Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2383, comma quarto, cod. civ., che ha efficacia dichiarativa e non costitutiva.

17 aprile 2023

La relazione dell'ufficio del Massimario in tema di improcedibilità.


L'ufficio del Massimario ha dispensato apposita relazione tematica inerente gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in ordine al rapporto tra inammissibilità del ricorso per cassazione e improcedibilità. Tuttavia la relazione si segnala per una più ampia ricostruzione della disciplina dell'istituto della c.d. prescrizione processuale(relazione al link)

14 aprile 2023

Le SS.UU. escludono la messa alla prova per gli enti e rendono delle precisazioni in tema di impugnazioni della ordinanza ammissiva


Le SS.UU., con la sentenza n. 14840/23 depositata il 06.04 hanno fornito soluzione ai seguenti quesiti di diritto:

"Se il procuratore generale sia legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, l'ordinanza che ammette l'imputato alla prova (art. 464-bis c.p.p.) e in caso affermativo per quali motivi". (Si rammenti al riguardo come l'art. 464 quater prevede che "contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa").

"Se il procuratore generale sia legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, la sentenza di estinzione del reato pronunciata ai sensi dell'art. 464-septies c.p.p. ".

Orbene, ad avviso delle Sezioni Unite deve essere confermato l'orientamento maggioritario di legittimità, secondo cui il procuratore generale presso la Corte di appello è legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato.

Con specifico riferimento ai vizi deducibili con l'impugnazione, le SS.UU. hanno considerato che l'art. 464 quater <<prevede per i soggetti legittimati il rimedio ad hoc del ricorso per cassazione, senza precisazioni quanto ai vizi deducibili, sicché la facoltà di impugnazione da parte del procuratore generale presso la Corte di appello (al pari del procuratore della Repubblica presso il tribunale), dell'ordinanza ammissiva alla prova potrà avvenire per i motivi consentiti dall'art. 606 c.p.p., relativi a violazioni di legge e a vizi di motivazione, come già evidenziato in motivazione da Sez. U. Rigacci, trattandosi di un rimedio che non soffre limitazioni quanto ai motivi deducibili>>.

Da quanto sopra si ricava che l'ordinanza ammissiva debba essere comunicata al Procuratore generale.

Nondimeno nel caso di omessa comunicazione, il Procuratore generale potrà impugnare il provvedimento congiuntamente alla sentenza che dichiara estinto il reato ex art. 464-septies c.p.p.

Deve tuttavia rilevarsi che i superiori quesiti di diritti inerivano una concreta fattispecie in cui la messa alla prova era stata applicata, pur nel silenzio della legge, ad un Ente, di talché il Massimo Consesso di legittimità ha affermato che:  

"L'istituto dell'ammissione alla prova di cui all' art. 168 bis c.p., non trova applicazione con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001".



(sentenza al link) 

13 aprile 2023

Non è la stampa, bellezza! Quando il giornalismo è esercitato abusivamente

 


La Sesta Sezione penale, in tema di esercizio abusivo di una professione, ha affermato che integra tale delitto la condotta di chi, senza essere iscritto né all’albo dei giornalisti professionisti né a quello dei pubblicisti, eserciti, in maniera continuativa, organizzata e onerosa, attività di specifica competenza della professione giornalistica. (Fattispecie relativa a soggetto, mai iscritto all’albo, che partecipava a conferenze stampa, effettuava interviste, curava servizi di cronaca per una testata televisiva e commentava confronti politici).

12 aprile 2023

Causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto – Art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. n. 150 del 2022 – Deducibilità e rilevabilità della questione sopravvenuta nel giudizio di legittimità – Sussistenza.

 



La Quarta Sezione penale ha affermato che la questione dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, d.lgs. 30 ottobre 2022, n. 150, in ragione della natura sostanziale dell’istituto, è deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità, in quanto non proponibile in precedenza, e la Corte di cassazione, ove ravvisi la sussistenza dell’esimente, può dichiararla anche di ufficio ex art. 609, comma 2, cod. proc. pen., pur in caso di ricorso inammissibile.

11 aprile 2023

Interventi per i quali sia stato rilasciato un permesso di costruire in sanatoria dichiarato illegittimo dal giudice penale – Applicabilità della procedura prevista dall’art. 38 d.P.R. n. 380 del 2001 – Esclusione – Ragioni.



La Terza Sezione penale ha affermato che la procedura di “fiscalizzazione” dell’abuso edilizio prevista dall’art. 38 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, essendo finalizzata a tutelare l’affidamento di chi ha realizzato l’intervento edificatorio in base a un titolo successivamente annullato, non è applicabile agli interventi per i quali sia stato rilasciato un permesso di costruire in sanatoria dichiarato illegittimo dal giudice penale, in quanto in tal caso l’edificazione è avvenuta in assenza di titolo abilitativo.

07 aprile 2023

Alcune domande sull'appello Cartabia a Filippo GIUNCHEDI

 

 

 

1.  Caro Professore, prima di valutare alcuni aspetti specifici del nuovo appello disegnato dalla c.d. Riforma Cartabia, vorrei chiederTi quale sia il tuo giudizio complessivo sulla stessa.

 

Il modello processuale che ci consegna la Riforma impone di mutare l’ideologia di fondo con la quale ci siamo sempre misurati.

Cambia il baricentro, spostato alla fase delle indagini, il che impone un approccio differente per pubblico ministero, soggetti privati, difensore e giudice stesso. Se verrà metabolizzata questa nuova impronta offerta dal d.lgs. n. 150/2022 nei prossimi anni potremo trarre un bilancio sull’efficacia dell’intervento del legislatore.

Certo che la virata verso l’a-cognitivismo è marcato e, per coloro che interpretano il processo come il luogo per la verifica delle accuse, l’opzione di metodo non appare convincente.

 

 

2.  Muoviamo dalla inammissibilità per difetto di specificità. In caso di motivi in parte generici e in parte specifici, la cognizione del Giudice di appello sarà limitata ai punti investiti dai motivi ammissibili, oppure l’immutata regola dell’art. 597 c.p.p. potrebbe consentire una soluzione diversa, a fronte di un appello comunque ammissibile

 

La rivisitazione dell’appello impone un maggior tecnicismo che avrà quale prima conseguenza la necessità di una maggiore preparazione per i protagonisti tecnici. L’auspicio è che questa differente impostazione rispetto al modello originario non celi finalità deflattive, antitetiche ad un modello che aspira a qualità.

Venendo alla cognizione del giudice di appello di fronte a motivi in parte inammissibili, la soluzione non potrà che essere quella di mettre à côté quelli inammissibili e valutare quelli ammissibili.

 

 

 3.  Nella medesima evenienza, ai fini del decorso della prescrizione e della improcedibilità, si assisterà ad uno “spacchettamento” dell’impugnazione come già avviene nel giudizio di legittimità?

 

Se la soluzione sarà quella di cui alla precedente risposta, la   conseguenza dovrà necessariamente porsi nei termini di una selezione dei motivi ammissibili da quelli che non lo sono con le relative conseguenze ai fini decisori.

 4.  La nuova causa di inammissibilità consentirà, a fin de non recevoir, una valutazione sulla manifesta infondatezza delle censure?

La manifesta infondatezza dei motivi di impugnazione impone una   breve riflessione in chiave di metodo che riporta a quella che in origine costituiva l’ortodossa distinzione tra inammissibilità originaria e inammissibilità sopravvenuta. Solo la prima implicava di non considerare il rapporto processuale in astratto “ingaggiato” con l’impugnazione, mai originatosi difettando l’atto introduttivo dei requisiti per sottoporlo al vaglio del giudice ad quem. È il caso   dell’impugnazione presentata da soggetto non legittimato, carente di interesse, inosservante dei tempi e delle forme prescritte, etc. Si tratta di ipotesi che ictu oculi non richiedono la disamina dell’impugnazione.

  Qualora, però, per valutare l’ammissibilità dell’impugnazione il giudice debba esaminarla il rapporto processuale si instaura e, conseguentemente, saremo al cospetto di una inammissibilità sopravvenuta.  

    Venendo alla domanda, pare che il modello che il legislatore voglia delineare per l’appello sia il medesimo di quello operante in sede di legittimità ed allora non si può che concludere nel senso che l’inammissibilità comprenderà anche i casi di manifesta infondatezza. Auspichiamo, però, che si opti per una interpretazione assiologicamente ortodossa, tale da confinare questa inammissibilità come sopravvenuta.

  D’altro canto, il comma 1-bis dell’art. 581 c.p.p. sembra non ammettere la possibilità di dilatare oltremodo il concetto di specificità dei motivi di impugnazione sul piano del fatto e del diritto, legato com’è all’esigenza che l’atto si confronti con il provvedimento impugnato, rimandando ad un momento successivo la valutazione della fondatezza delle critiche.

  

5.  Per la celebrazione dei giudizi di appello si stabilizza la deroga al regime della pubblicità, salvo che per talune eccezioni. Ma la pubblicità dei giudizi è rimettibile alle considerazioni delle parti o del giudice?

 

   La domanda impone di osservare la garanzia della pubblicità delle udienze nella prospettiva interna e in quella sovranazionale. In quest’ultima sede, la pubblicità costituisce direttamente una Grundnorm, essendo esplicitamente prevista. Previsione, però, che classifica la pubblicità come un diritto dell’accusato, quindi nella sua disponibilità. La nostra Carta costituzionale non la prevede, invece, anche se in forza dell’art. 117, comma 1, Cost. può ritenersi riconosciuto il medesimo diritto all’accusato il quale, pertanto, può valutare se fruirne o meno. Sotto questo profilo le norme del codice di rito che prevedono la facoltà per le parti di optare per la pubblicità del procedimento risultano in armonia con le norme fondamentali.

 

6. Nell’appello cartolare è sparita ogni distinzione temporale tra le conclusioni del requirente e quelle delle altre parti, nonché l’obbligo di comunicazione delle prime alle difese. Si tratta di una disciplina lesiva dei diritti di difesa?

 

 Un distinguo sui tempi di deposito delle conclusioni del Procuratore generale e delle altre parti, a mio avviso, è rimediabile con la facoltà di depositare memorie di replica fino a cinque giorni prima dell’udienza, il che non dovrebbe recare pregiudizio alla difesa.

Qualora queste scansioni dovessero essere ritenute lesive dei diritti della difesa, questa potrebbe comunque optare per l’opzione della trattazione orale dell’appello.

 

7.  E’ stato limitato, ma non soppresso, il potere del pubblico ministero di appellare le pronunce di proscioglimento. Qual è il tuo giudizio al riguardo?

Spesso omettiamo che il pubblico ministero è una giusta parte secondo l’efficace immagine tracciata da Delfino Siracusano. Egli deve vigilare sull’esatta osservanza della legge. Se questa è la ortodossa prospettiva da cui inquadrare il ruolo del pubblico ministero trovo giusto non resecare il potere di chiedere il controllo di una decisione, anche di proscioglimento, anche da parte del rappresentante della pubblica accusa.

È auspicabile che questa facoltà non venga utilizzata per finalità persecutorie, dato che si smoderebbe in una forma di abuso del processo.

 8.  Il nuovo termine per impugnare le sentenze rese nei confronti dell’assente è stato ampliato in favore del solo difensore. Si tratta di una svista oppure di una reale deroga al principio di cui all’art. 585 III co. c.p.p.?

La finalità di questo termine diversificato risponde alla necessità di consentire al difensore di potersi rapportare con il proprio assistito anche al fine di farsi rilasciare l’apposito mandato ad impugnare.

L’arguta domanda, ovvero se l’addenda di quindici giorni prevista per il solo difensore dell’assente prevista dal comma 1-bis dell’art. 585 c.p.p. costituisca una deroga al principio di cui al comma 3 del medesimo articolo, pone un tema che non è stato particolarmente problematizzato nei primi commenti alla integrazione effettuata dal legislatore.

A mio avviso, sarebbe erroneo applicare la disciplina prevista dal predetto comma 3 in quanto questo si riferisce alla decorrenza del termine per impugnare, mentre l’addenda prevista dal comma 1-bis attiene ai termini per proporre impugnazione. Considerato che l’assente è rappresentato dal difensore con tutte le conseguenze che ne derivano in ipotesi di difficoltà di quest’ultimo a prendere contatto con il proprio assistito – aspetto che costituisce la ratio del nuovo comma 1-bis –, in realtà la situazione che si prospetta pare quella che il legislatore non abbia considerato la possibilità per l’imputato assente di proporre autonomamente appello – questo problema non si pone per il ricorso in cassazione in ragione del tenore dell’art. 613, comma 1, c.p.p. –, concentrandosi, invece, sulla necessità per il difensore di fruire del tempo necessario per poter consultarsi con il proprio assistito in ordine all’an e al quomodo dell’impugnazione.

   Ne consegue che deve ritenersi che per l’imputato assente il termine per proporre appello non fruisca della dilatazione di quindici giorni prevista dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p.  

 

9. Il giudice dell’appello potrà applicare ex officio le nuove pene sostitutive oppure occorrerà una specifica richiesta in seno all’atto di impugnazione, per come indicato da SS.UU. n.12872 del 19/01/2017, per le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi?

Il maggior rigore richiesto in ordine alla specificità dei motivi di appello impone di non ritenere scalfito l’obiter dictum delle Sezioni unite in ordine all’impossibilità per il giudice di appello di applicare le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi qualora nell'atto di appello non risulti formulata alcuna specifica e motivata richiesta in relazione a tale punto della decisione.

 

10. Tra gli istituti che in passato hai approfondito vi è quello del c.d. concordato in appello, come giudichi il nuovo assetto dell’istituto?

Lo svincolare il concordato da determinate tipologie di reati e categorie di imputato, si propone uno scopo deflattivo in linea con la ratio che anima la Riforma. Il rischio, altrimenti, è quello di far implodere il sistema con tutte le conseguenze del caso, in primis l’aspirazione alla qualità delle decisioni.

Vi è un aspetto che può vanificare questo lodevole proposito, ovvero i criteri orientativi che verranno determinati dalle singole Procure Generali. Dall’esperienza che ho maturato in questi mesi, l’impressione è quella che il nuovo istituto, proprio sulla scorta di limiti molto stringenti posti dalle Procure Generali, non permetterà di sgravare le Corti territoriali del carico di lavoro che le affligge.

 

11.Un’ultima domanda: a tuo avviso in caso di rinuncia all’appello avverso una sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato, è possibile godere dello sconto di pena in executivis?

La ratio del riconoscimento dell’ulteriore sconto di pena di un sesto risponde – in linea, ad esempio, con quanto previsto per il decreto penale di condanna – di non dar corso a tutta l’attività conseguente alla presentazione di un’impugnazione (il lavoro delle cancellerie, le notifiche, l’instaurazione del contraddittorio, etc.). La rinuncia all’appello impone che tutto ciò si effettui e, quindi, non esclude quel dispendio di risorse che la presentazione dell’impugnazione impone.

La mia risposta, pertanto, è negativa.

 Filippo Giunchedi

 Associato di Diritto processuale penale 

                                                                                              nell’Università Niccolò Cusano di Roma