Pubblichiamo la relazione al link.
Le Sezioni unite (sentenza n. 19415/23 depositata 08.05.2023) hanno affermato che è proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l'omessa declaratoria di estinzione del reato per prescrizione intervenuta prima della sentenza di concordato. In applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio la pronuncia distrettuale (sentenza al link)
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Com'è noto la Riforma Cartabia ha introdotto il comma 1 bis all'art. 573 c.p.p. che prevede, in caso di impugnazione per i soli interessi civili, il rinvio dell'impugnazione non inammissibile al giudice civile competente, che decide sulla base delle prove acquisite nel giudizio penale o di quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile.
Era dubbio se la regola si applicasse alle impugnazioni pendenti dopo la data di entrata in vigore della Riforma (30.12.2022).
Le SS.UU., con la sentenza della quale diamo notizia con l'informazione provvisoria, hanno statuito che la nuova regola si applica alle sole costituzioni di parte civile intervenute dopo il 30 dicembre 2022.
La regola è dunque la seguente: l'atto che regge il tempo è il momento della costituzione di parte civile.
Scarica l'informazione provvisoria al link.
È possibile scaricare la sentenza SSUU n. 38841/2023 al link
La prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle SS.UU. il seguente quesito di diritto:
"Se, nel procedimento di appello cautelare contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, sia consentita l'acquisizione e l'utilizzazione di elementi probatori sopravvenuti all'adozione del provvedimento impugnato e addotti dalle parti".
Nel provvedimento di rimessione si segnala anche la necessità di chiarire se all'appello cautelare siano applicabili le regole di rinnovazione previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 603 c.p.p..
Scarica la sentenza 16525/2023 al link
Nel caso di edificazione abusiva l'edificio non può essere demolito se abitato dai figli che non abbiano un altro alloggio dove vivere.
La ricorrente, madre di sette figli, aveva edificato abusivamente in Bulgaria dichiarando di voler realizzare un manufatto destinato a scopi agricoli, poi invece destinato ad abitazione privata.
La Corte EDU con la sentenza al link ha ritenuto violato l'art. 8 della CEDU (diritto al rispetto della casa familiare), ritenendo sproporzionato il pregiudizio a carico della ricorrente in ragione delle sue condizioni particolari.
Riteniamo che la sentenza possa avere importanti ripercussioni sulla disciplina nazionale.
Qualche tempo fa avevamo espresso delle riserve rispetto al giubilo manifestato dal Ministero per i risultati inerenti le pendenze giudiziarie del secondo trimestre del 2022.
Più recentemente il Ministero della Giustizia ha pubblicato il monitoraggio semestrale sull’andamento degli indicatori PNRR, documento <<finalizzato, tra l’altro, ad assolvere gli obblighi di rendicontazione alla Commissione europea dei risultati derivanti dall’attuazione degli investimenti e delle riforme previsti dal Piano (“monitoraggio continuo”)>>. Al fine di valutare il conseguimento degli obiettivi, nel documento si è preso a parametro (baseline) l'anno 2019 (cioè l'annualità ante covid).
Sulla scorta di quanto riportato nella relazione, sia per il settore civile che per quello penale, i dati del 2022 segnalano valori più bassi rispetto al 2019. In particolare <<per il settore penale, i dati del 2022 segnalano un miglioramento costante rispetto alla baseline 2019>>, giacché il tempo necessario al disbrigo degli affari penali, c.d. disposition time (DT), farebbe segnare una diminuzione pari -10,0%. Al riguardo, senza addentarci in formule matematiche, si rammenta che per calcolare il D.T. si assume a presupposto anche il numero di procedimenti pendenti nel periodo di interesse.
Incuriositi dal rilievo ministeriale abbiamo cercato di approfondire anzitutto la performance dei Tribunali, in cui notoriamente pende il maggior numero di procedimenti.
Ma qui è sorto il dubbio sulla leggibilità delle tabelle ministeriali.
Come si può vedere dalla sequenza numerica, le somme sembrano sbagliate.
Al 2019 (baseline) i pendenti finali erano 1.152.240, l'anno successivo vennero iscritti ulteriori 924.867 procedimenti con uno smaltimento di 838.157 giudizi, quindi il totale dei pendenti al 2020 dovrebbe essere pari a 1.238.950 e non di 1.185.957 per come indicato in tabella (con una differenza di 52.993 pendenti in più). Anche per l'anno 2021 il risultato finale dei pendenti appare incomprensibile, infatti, nonostante il Ministero indichi un numero di iscrizioni superiore a quello dei procedimenti definiti, i pendenti finali risulterebbero diminuire. Infine per l'anno appena concluso le pendenze finali si ridurrebbero di oltre 100 mila, sebbene i giudizi definiti abbiano superato i pendenti di poco più di 36 mila unità.
Allora o la tabella è illeggibile, poiché la sequenza numerica non è correlata al risultato finale, oppure le somme sono sbagliate o lo sono i dati intermedi. Di certo ogni alternativa è poco rassicurante.
In ogni caso abbiamo provato a rielaborare la tabella inerente i Tribunali, utilizzando i numeri riportati nella stessa (non ne possediamo altri).
|
iscritti |
definiti |
Pendenti finali |
Baseline 2019 |
1.113.926 |
1.074.164 |
1.152.240 |
2020 |
924.867 |
838.157 |
1.238.950 |
2021 |
1.009.109 |
1.005.658 |
1.242.401 |
2022 |
998.520 |
1.035.726 |
1.205.195 |
Non occorre altro per rilevare che, sulla scorta di questi dati, i pendenti finali si sono incrementati di oltre 50.000 unità rispetto al 2019. Ed allora abbiamo qualche riserva a convenire con la relazione nella parte in cui afferma che le pendenze e il D.T. sono diminuite per tutte le tipologie di ufficio rispetto al 2019, invece ci appare corretto che le pendenze siano diminuite anche per i Tribunali rispetto al 2021. (Così la relazione: <<per tutte le tipologie di ufficio la diminuzione del DT si è accompagnata alla riduzione delle pendenze, non soltanto rispetto alla baseline (-9,3%), ma anche rispetto all’anno 2021>>).
Ma quella inerente i Tribunali non è l'unica tabella che suscita riserve, invero anche la sequenza numerica contenuta nella tabella del totale delle pendenze lascia perplessi.
Riportiamo la tabella ministeriale
Tabella giudizi pendenti totali rettificata
pendenti | definiti | Pendenti finali | |
Baseline 2019 | 1.439.142 | ||
2020 | 1.533.298 | ||
2021 | 1.528.836 | ||
2022 | 1.472.407 |
Nota: secondo la definizione riportata nella circolare ministeriale del 12.11.2021 inerente gli indicatori di raggiungimento degli obiettivi previsti dal PNRR, il d.t. fornisce una stima del tempo medio atteso di definizione dei procedimenti mettendo a confronto il numero dei pendenti alla fine del periodo di riferimento con il flusso dei definiti nel periodo, secondo la formula
Pubblichiamo la relazione n. 19/2023 dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione – dal titolo “Gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in relazione al fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309".
Con sentenza N. 286/2023 (al link) del 28.03.2023 la Corte di Cassazione Francese rigettava la richiesta di estradizione formulata su ricorso promosso dal Procuratore generale di Parigi avverso la decisione del 29 giugno 2022 con la quale la Corte di Appello di Parigi negava l’estradizione verso l’Italia degli ex terroristi -condannati in contumaci in Italia- perché in violazione degli artt. 6 e 8 della Cedu.
la Cassazione Francese motivava il diniego all’estradizione sul presupposto che la legge italiana non garantisca agli ex terroristi -condannati in contumacia- un giusto processo ex art. 6 Cedu e che gli ex terroristi – tra cui Giorgio Pietrostefani e Marina Petrella- “hanno dimostrato di essere presenti sul suolo francese ininterrottamente da trentanove anni e di aver reciso ogni legame con l'Italia” cosicché la loro estradizione causerebbe un danno sproporzionato al loro diritto al rispetto della vita privata e familiare ex art. 8 Cedu.
Diamo conto della relazione tematica n. 13 dell' ufficio del Massimario, osservando che le problematiche generate dalla disciplina emergenziale più che essere state risolte dalla Riforma c.d. Cartabia rischiano di accentuarsi.
Se infatti nella vigenza della normativa pandemica il tema era quello delle conseguenze che derivano dalla violazione, anche temporale, della sequenza dell'ordine delle conclusioni (conclusioni p.g., loro comunicazione, conclusioni delle parti private, senza un ordine tra ques'ultime), la nuova disciplina ha fatto venire meno ogni sequenza tra le diverse conclusioni, sopprimendo anche ogni obbligo di comunicazione di quelle del p.g. alle difese. Ci pare una soluzione foriera di una chiara lesione dei diritti della difesa dell'imputato. ( relazione al link)
Non pare allo stato potersi offrire una risposta definitiva, ma si possono fornire degli spunti per sciogliere il quesito.
A tal proposito è opportuno richiamare alcuni interventi legislativi che hanno riguardato l'art. 4 bis della legge sull'ordinamento penitenziario, richiamato dall'art. 59 della L. 689/81 che a sua volta disciplina le condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva.
Orbene l'art. 4-bis "versione 31.01.2019" e ante novella del 30.12.2022 (L.199) prevedeva che:
<<1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale: delitti commessi per finalita` di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis ...>>.
L'art. 59 della L. 689/81 come novellato dalla Riforma c.d. Cartabia (d.l. vo n. 150 del 10.10.2022) prevede che:
<<La pena detentiva non può essere sostituita:
…
d) nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'articolo 4-bis della
legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza
attenuante di cui all' articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale>>.
Evidente che la Riforma Cartabia ad ottobre 2022 avesse recepito la versione dell'art. 4 o.p. all'epoca in vigore. Sennonché l'entrata in vigore della Riforma è stata differita al 30.12.2022 e in pari data l'art. 4 bis o.p. venne modificato, nel senso infra riportato (in parentesi quadra le parti soppresse):
<< L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge [o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale]: delitti commessi per finalita` di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli [314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis,]>>.
Tuttavia, l'art. 59 L. 689/81 non è stato conseguentemente modificato.
Allora v'è da chiedersi se il rinvio operato dall’art. 59 L. 689/81 sia statico, e pertanto per i reati contro la p.a. precedentemente indicati dall'art. 4 bis o.p. NON possa operarsi la sostituzione delle pene detentive, oppure sia dinamico, e quindi la modifica dell'art. 4 bis o.p. ha fatto sì che POSSA operarsi la sostituzione.
Orbene, un utile spunto per risolvere la questione potrebbe rinvenirsi nella Relazione illustrativa che ha accompagnato la Riforma.
Invero in quel testo si afferma che la preclusione, ex art. 59 L.689/81, alla sostituzione delle pene si giustificherebbe per evitare che, attraverso la sostituzione operata dal giudice della cognizione, si eluda il disposto dell'art. 656 IX comma, che nel richiamare l'art. 4 bis o.p., impediva l'accesso alle misure alternative alla detenzione per i reati contro la p.a. in esso richiamati.
Ma se tale simmetria rappresentava la ratio della norma è evidente che venuta meno la preclusione all'accesso alle misure alternative deve venir meno anche la sostituibilità della pena detentiva.
Ove così fosse, la norma dell'art. 59 lett. d) andrebbe riletta così:
<<La pena detentiva non può essere sostituita (in
parentesi quadra la parte dell’enunciato normativo da ritenersi abrogata):
d) nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'articolo 4-bis
della legge 26 luglio 1975, n. 354, [salvo che sia stata riconosciuta la
circostanza attenuante di cui all' articolo 323-bis, secondo comma, del codice
penale]>>.
Ai posteri, l’ardua sentenza…