06 aprile 2023

Non basta un cugino in custodia cautelare per presumere un condizionamento stabile dell'impresa dei parenti.

La prima sezione della Corte di legittimità (sent. 10578/23, rel. Magi) ha ricostruito i tratti dell'istituto del controllo giudiziario di cui all'art. 34 bis del D.l.vo 159/2011, soprattutto in relazione al caso di controllo a domanda di parte, dopo l'emissione di un'interdittiva antimafiaIn particolare i Giudici di legittimità hanno smentito altro precedente arresto della medesima Corte, chiarendo che il contenuto del provvedimento prefettizio non costituisce per il Giudice della prevenzione un dato incontrovertibile.

Ma, in chiave garantista, va apprezzata altra considerazione dei Supremi giudici. La Corte di legittimità ha rilevato che la Corte distrettuale aveva ricavato uno stabile condizionamento dell’attività di impresa ad opera della consorteria camorristica, richiamando <<al di là dell’esistenza di una precedente interdittiva (aspetto che evidenzia al più la occasionalità di una relazione), il solo dato obiettivo della relazione parentale esistente tra gli attuali e un cugino raggiunto da un titolo custodiale per la partecipazione>> ad un clan della criminalità organizzata.

Tuttavia la Corte di cassazione ha considerato che il condizionamento de quo non può essere affidato, in caso di familiari non conviventi, alla mera presunzione semplice della contiguità familiare(sentenza al link)

Al riguardo non si può che convenire con i Giudici di legittimità, senza però sottrarsi alla domanda se davvero nel nostro paese dei Giudici di appello possano ritenere che una relazione parentale con un cugino pericoloso, ma non convivente, costituisca un'idonea base legale per comprimere diritti costituzionalmente protetti? Evidentemente sì. 


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