30 giugno 2023

Ma il Giudice del patteggiamento, dopo la Riforma, può ordinare la demolizione delle opere abusive ?




Per rispondere al quesito sono opportune delle premesse: 

- ante riforma c.d. Cartabia il patteggiamento equivaleva ad una pronuncia di condanna, salvo diversa previsione (cfr. previgente art. 445 c.p.p.); 

- l'art. 31 comma 9 del T.U. edilizia prevede che in caso di condanna per il reato previsto dall'art. 44 del medesimo testo di legge, il Giudice ordini la demolizione delle opere abusive (se già non demolite);

- la giurisprudenza ha reiteratamente richiamato la predetta equivalenza per affermare la compatibilità tra l’ordine di demolizione e la sentenza di applicazione pena. Al riguardo Cassazione penale 6128/2016 ha affermato che:

<<Ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), per le opere abusive di cui alla citata norma il giudice, con la sentenza di condanna, ordina la demolizione delle opere stesse, se ancora non sia stata altrimenti eseguita.

Siccome l'art. 445 c.p.p., comma 1 bis, equipara la sentenza emessa a seguito di "patteggiamento" alla sentenza di condanna, l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, comma 9, va disposto anche in caso di applicazione della pena concordata dalle parti>>.

Questo lo scenario prima della riforma. 

E adesso?

Va subito precisato che l'ordine di demolizione rientra tra le sanzioni amministrative ed esse non ricadono nell'area del negoziabile. Tuttavia, l'esclusione della demolizione, a seguito del patteggiamento, può pervenire in altro modo.

Infatti, il d.l.vo 150/22 ha fatto venire meno l'equivalenza tra la sentenza di condanna e quella di applicazione pena, in tutte le circostanze in cui non sia applicata una pena accessoria (o perché esclusa ex lege, in caso di patteggiamento ordinario, o perché esclusa in forza di accordo in tal senso). 

Ed allora, se a mente dell'art. 31 comma 9 del T.U. edilizia, il presupposto per irrogare l'ordine di demolizione risiede in una condanna o in una pronuncia ad essa equivalente, è evidente che in tutti i casi in cui la sentenza di applicazione pena non equivalga ad una condanna, difetterà il presupposto dell'ordine

Tuttavia, è possibile presagire che tale soluzione, coerente con l'intento deflattivo che anima la riforma, potrebbe presto essere smentita dalla giurisprudenza, volta a trovare nuove soluzioni ermeneutiche che modulino la nozione di condanna, presupposto dell'ordine di demolizione, sulla scorta del quid da accertare rispetto alle sanzioni amministrative.

              

28 giugno 2023

I rischi della faccenda telematica e la libertà personale

 




Sulla faccenda telematica del processo penale viviamo un tempo provvisorio nel quale dominano inefficienze, ritardi culturali e sistemi inadeguati.

A correre i rischi maggiori sono, in primo luogo, i cittadini e le loro domande di giustizia. Poi seguono gli avvocati e le loro responsabilità professionali, spesso incolpevoli.

La vicenda che narriamo oggi è paradigmatica.

Un imputato è condannato dalla Corte d’appello e intende ricorrere per la cassazione della sentenza.

È assistito da due legali, che depositano due distinti atti di impugnazione. Il primo legale deposita il ricorso per cassazione cartaceamente. Il secondo lo spedisce a mezzo pec.

Passano i mesi e, per caso, il primo difensore comunica al collega la fissazione dell’udienza innanzi la seconda sezione della Suprema Corte: ve n’è evidenza dal polisweb.

Il secondo legale accede alla piattaforma ma - sorpresa ! - non trova evidenza né del ricorso né dell’udienza.

Sì arma di pazienza e accede alla cancelleria della Corte d’appello portando con sé la pec di spedizione del ricorso, le ricevute di accettazione e consegna nonché le cinque (!) risposte di avvenuta lettura. Scopre quindi che la cancelleria ha ricevuto il suo ricorso spedito a mezzo pec ma lo ha dimenticato e non lo ha inoltrato alla Corte di Cassazione.

La vicenda, fortunatamente, non ha avuto conseguenze per l’assistito: uno dei due ricorsi, quello del difensore che aveva depositato cartaceamente, era stato annotato e la sentenza non era passata in giudicato.

Quanto al ricorso spedito a mezzo pec, la situazione è stata risolta dalla cancelleria come da pec che, omissata, pubblichiamo.

A margine evidenziamo che la vicenda dimostra la bontà della rimostranza della Camera Penale  di Trapani (documento "Burocrazia? No, grazie!” al link) sulla illegittima prassi di richiedere le copie c.d. di cortesia cartacee degli atti spediti a mezzo pec. Com'è evidente in questo caso, la cancelleria della Corte d'appello ha provveduto all'invio dell'atto di impugnazione e alla notifica mediante una semplicissima pec. Ciò dimostra la inutilità della richiesta di copie cartacee.


La vicenda consente di recriminare sull’inadempienza ministeriale ad adottare sistemi di deposito telematico efficienti e in grado di eliminare il margine di errore umano. Un margine di errore che rischia di incidere sul bene assoluto della libertà personale con conseguenze drammatiche e francamente non tollerabili.



26 giugno 2023

CASE OF J.A. AND OTHERS v. ITALY - Trattenimento di cittadini stranieri migranti presso l’“hotspot” in condizioni di detenzione “de facto” - Violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti - Violazione del diritto alla libertà e sicurezza - Violazione del divieto di espulsione

 



CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI

La Corte EDU ha ritenuto sussistenti le violazioni degli artt. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti), 5 § 1, 2 e 4 (diritto alla libertà e sicurezza) della CEDU e 4 del Protocollo n. 4 allegato alla CEDU (divieto di espulsione collettiva degli stranieri) da parte dello Stato italiano nei confronti di cittadini tunisini che, dopo essere stati salvati da una nave nel Mar Mediterraneo, erano stati portati e trattenuti per dieci giorni presso l’ “hotspot” di Contrada Imbriacola, sull’isola di Lampedusa. La Corte – ribadito il carattere assoluto dell’art. 3 della Convenzione (che, come confermato dalla giurisprudenza dei giudici di Strasburgo, impone obblighi dai quali gli Stati membri del Consiglio d’Europa non possono essere esonerati solo in ragione dalle difficoltà derivanti dall’accresciuto afflusso di migranti e richiedenti asilo) – ha affermato che il Governo italiano non aveva prodotto elementi sufficienti a dimostrare che le condizioni dell’ “hotspot” di Lampedusa (che molteplici fonti nazionali ed internazionali avevano attestato essere critiche) fossero accettabili e, di conseguenza, ha ritenuto i ricorrenti sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Con riferimento alla violazione dell’art. 5, la Prima Sezione ha affermato che i ricorrenti sono stati collocati presso l’ “hotspot” e trattenuti per dieci giorni (in una condizione di “detenzione de facto”) senza una base giuridica chiara ed accessibile, in assenza di un provvedimento motivato che ne ordinasse il trasferimento e senza fornire ai ricorrenti informazioni sufficienti per contestare il loro stato di detenzione dinanzi ad un Tribunale. In merito alla violazione dell’art. 4 del Protocollo 4, infine, la Corte Edu ha sottolineato come le singole posizioni dei ricorrenti non siano state valutate in modo individuale prima dell’adozione dei provvedimenti di respingimento da parte delle autorità che, in tal modo, aveva emesso provvedimenti equivalenti ad una forma di espulsione collettiva vietata.

23 giugno 2023

❗❗ATTENZIONE ❗❗ PROROGATA LA DISCIPLINA "PANDEMICA" PER LE IMPUGNAZIONI

 

Con l’art. 17 del d.l. 75 del 22 giugno il Governo, ha modificato l'art. 94 del decreto legislativo 150/22, in materia di disciplina transitoria per i giudizi di impugnazione, prorogando il regime "pandemico" delle impugnazioni, la cui scadenza era prevista per il 30.06.2023. La proroga varrà sino <<al quindicesimo giorno  successivo  alla  scadenza  del termine del 31 dicembre 2023».

Il termine prorogato “allinea” i dati temporali. Per quella data, infatti, e salvo proroghe ulteriori, dovrebbero essere stati emanati i regolamenti che disciplinano il deposito sul portale e ne definiscono le nuove potenzialità. 

Il decreto, pubblicato nella G.U. di ieri, è in vigore  (d.l. al link)

 

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