Torniamo sull'argomento "peculato degli albergatori", del quale ci siamo occupati nel recente passato dando notizia delle novità legislative e delle prime pronunce di merito (link), per anticipare l'informazione provvisoria di una recentissima decisione della Corte di Cassazione (sentenza non ancora depositata) che ha annullato senza rinvio una sentenza di patteggiamento ritenendo il "fatto non più previsto dalla legge come reato".
25 febbraio 2022
❌ Importante❌ - Arresto delle Sezioni Unite in materia di procedimento di prevenzione - Cass. SS.UU. 24 febbraio 2022 (informazione provvisoria)
❌Interruzione dei servizi informatici del Portale del Processo Penale Telematico❌
PATCH DAY FEBBRAIO 2022 - Interruzione dei servizi informatici del settore civile, del Portale dei Servizi Telematici e del Portale del Processo Penale Telematico. Modifiche correttive
24/02/22
Per attività di manutenzione programmata si procederà all'interruzione dei sistemi civili al servizio di tutti gli Uffici giudiziari dei distretti di Corte di Appello dell’intero territorio nazionale, nonché del Portale dei Servizi Telematici, incluso il Portale del Processo Penale Telematico, con le seguenti modalità temporali:
- dalle ore 17:00 alle ore 18:30 di venerdì 25 febbraio 2022, salvo conclusione anticipata delle operazioni.
Per tutti gli utenti “interni” (magistrati e cancellieri) non saranno disponibili i registri di cancelleria e quindi, per i cancellieri, non sarà possibile procedere all’aggiornamento dei fascicoli, all’invio dei biglietti di cancelleria e all’accettazione dei depositi telematici; non sarà altresì possibile aggiornare i dati dei fascicoli della Consolle del Magistrato e della Consolle del PM.
Si rammenta che l’attività di manutenzione del Portale dei Servizi Telematici renderà indisponibili tutti i servizi informatici ivi esposti e, in particolare:
- l’aggiornamento (anche da fuori ufficio) della consolle del magistrato;
- il deposito telematico di atti e provvedimenti da parte dei magistrati;
- tutte le funzionalità del portale dei servizi telematici;
- tutte le funzioni di consultazione da parte dei soggetti abilitati esterni;
- i pagamenti telematici compreso il pagamento del contributo di pubblicazione di un’inserzione sul Portale delle Vendite;
- l'accesso al Portale Deposito atti Penali per il deposito con modalità telematica di atti penali;
- l’accesso al Portale di consultazione dei SIUS distrettuali per Avvocati;
- l'accesso agli avvisi degli atti penali depositati in cancelleria.
Permesso premio anche per il detenuto non collaborante purché vi sia prova della recisione dei collegamenti con la criminalità organizzata
24 febbraio 2022
L'archiviazione giustifica la revisione? No, per la seconda sezione penale della Cassazione
23 febbraio 2022
PSS - Patrocinio a spese dello Stato: è irrilevante l'ISEE. La quarta Sezione ribadisce un consolidato orientamento
22 febbraio 2022
Il ruolo del Difensore tra rischio penale ed esercizio del diritto di difesa - della professoressa Donatella Curtotti
Si è svolta a Catanzaro, l'11 e il 12 febbraio scorso, la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario dei penalisti italiani, organizzato dall'Unione delle Camere Penali Italiane.
Nel corso dell'evento, la professoressa Donatella Curtotti dell'Università di Foggia ha presentato i primi risultati di un lavoro statistico/scientifico sul tema "Il ruolo del Difensore tra rischio penale ed esercizio del diritto di difesa". Lo pubblichiamo in anteprima al link.
Il lavoro, al quale i lettori potranno contribuire compilando il form al link, è un questionario, anonimo in ogni sua parte, e rientra in una ricerca della Cattedra di Diritto processuale penale del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia. Esso mira ad effettuare una ricognizione delle aree di rischio che accompagnano l'attività dell'avvocato, in particolare del penalista.
La ricerca intende partire da uno studio empirico, legato all’esperienza professionale dei difensori rispetto, soprattutto, al mutato contesto (economico, sociale, mediatico, giurisprudenziale) nel quale la professione forense trova, oggi, asilo.
Pubblichiamo intanto i risultati delle prime 290 risposte al link
21 febbraio 2022
La Relazione del primo Presidente della Corte di Cassazione sull'amministrazione della giudizio nell'anno 2021
Pubblichiamo la relazione sull'amministrazione della giustizia nell'anno 2021 a firma del primo Presidente della Corte di Cassazione, dott. Pietro Curzio.
19 febbraio 2022
PORTALE DEPOSITO ATTI PENALI: UNA GRAVE FALLA CHE LEDE IL DIRITTO DI DIFESA - DI MARCO SIRAGUSA
La questione sulla inefficienza e sulla pessima progettazione informatica del PDAP (portale deposito atti penali) è stata spesso all'attenzione del nostro blog (al link l'intera sezione Processo Penale Telematico; contributi a: link1, link2, link3, link4).
Siamo consapevoli che il sistema, se funzionante, potrebbe costituire una importante novità e potrebbe "contribuire" a centrare l'obiettivo del PNRR ovvero il prestito concesso dall'Europa - a tassi agevolati, ma pur sempre di prestito si tratta - a condizione che si riducano i tempi processuali e il "carico dei pendenti" del 25%.
Tuttavia, come sa chiunque viva la quotidianità, la progettazione informatica non ha coinvolto né gli avvocati né gli amministrativi che si occupano del portale nei singoli uffici, con la conseguenza che il Portale è un inutile orpello progettato da informatici non competenti degli affari di giustizia.
In questi giorni abbiamo scoperto una gravissima falla del sistema che attenta al diritto (inviolabile) di difesa.
I fatti.
La Procura procede per un'ipotesi di reato con fascicolo iscritto a modello 44 (a carico di ignoti). Ad un certo punto delle indagini, il PM ritiene di identificare il soggetto da indagare per iscrivere a Modello 21 (noti). L'indagato viene identificato, elegge domicilio e si riserva di nominare il suo difensore di fiducia.
Ecco il verbale di identificazione omissato:
Il difensore, dal canto suo, raccoglie la nomina con l'unico numero disponibile (quello del Mod 44) e cerca di depositare la nomina sul portale.
Ecco la nomina depositata:
Tuttavia, il sistema, per i fascicoli a Modello 44 ancorché in fase di "transito" a Modello 21 (noti), non prevede nel menù a tendina la possibilità di depositare la nomina (è previsto solo per il difensore della persona offesa).
Ecco lo screenshot del portale:
Il difensore si arma di pazienza e chiede il rilascio di una certificazione 335 cpp, che tuttavia non reca il numero del Modello 21, in quanto il PM non ha ancora ricevuto la notifica (cartacea!) del verbale di identificazione e non ha quindi potuto procedere ad iscrivere a Modello 21.
Risultato? Un atto investigativo (verosimilmente l'interrogatorio) sarà ritardato dall'inefficienza di chi ha progettato questo inutile orpello informatico.
Mentre denunciamo con forza la lesione del diritto di difesa, dal momento che l'indagato non può compiere un semplice atto (depositare la nomina del suo difensore), domandiamo: come si vogliono impiegare i quattrini a prestito dell'Europa? e come si intende ridurre il 25% del carico?
Dubitiamo che le competenze informatiche appaltate dal Ministero daranno una risposta a questi semplici interrogativi …
18 febbraio 2022
Ma che uso si fa del modello 45? Un articolo rilancia il dibattito- di Daniele Livreri
Questo blog ha costantemente
dedicato particolare attenzione, nel cogliere i fenomeni giuridici, ai dati
statistici. Proprio per questo abbiamo trovato particolarmente apprezzabile una
recente pubblicazione della Professoressa Cristiana Valentini dal significativo
titolo “Riforme, statistiche e altri demoni”.
In particolare ci pare che lo
scritto abbia il pregio di divulgare i numeri, non altrimenti
pubblici, delle iscrizioni a modello 45, imponendo una riflessione al riguardo.
Tuttavia, per una migliore
intelligenza dei dubbi che le statistiche riportate nell’articolo suscitano, è
opportuno fare un passo indietro:
il modello 45, il cui fondamento
normativo risiederebbe in una lettura a contrario dell’art. 109 att. c.p.p.
(cfr. circolare ministeriale dell’11.11.2016), è destinato alla iscrizione degli
atti non costituenti notizia di reato e, per come risulta dalla circolare
ministeriale del 21.04.2011, il Ministero ha sin dal 1989 cercato di precisare la
natura sostanzialmente residuale di tale registro.
Infatti la circolare n. 533
del 18 ottobre 1989 (cd. circolare Vassalli), al momento del passaggio dal
codice previgente a quello attuale, conteneva una raccomandazione affinché nel
modello 45 venissero iscritti:
<<… con
l’indicazione della data e del contenuto, tutti gli atti ed informative che non
debbano essere iscritti nei registri delle notizie di reato relativi a persone
note o ignote: tutti gli atti ed informative, cioè, del tutto privi di
rilevanza penale (esposti o ricorsi in materia civile o amministrativa;
esposti privi di senso, ovvero di contenuto abnorme o assurdo; atti riguardanti
eventi accidentali, ecc.)>>, aggiungendo che <<nel caso in
cui il P.M. ritenga che la notizia, già iscritta nel registro degli atti non
costituenti notizia di reato, richieda il compimento di indagini preliminari,
PRIMA che queste vengano disposte dovrà essere fatta una nuova iscrizione nel
registro delle notizie di reato, ...>>.
L’impianto della circolare
degli anni 80 del secolo scorso venne successivamente ribadito, chiarendo che,
ai fini della iscrizione nel modello 45, rimaneva del tutto estranea ogni
valutazione di fondatezza dell’esposto, giacché infatti, ove questo avesse
soltanto in astratto contenuto una notizia di reato, per quanto prima facie
infondata si sarebbe dovuto procedere all’iscrizione ex modello 21 (cfr.
circolare ministeriale del 21.04.2011).
Successivamente il Ministero, con una circolare dell’11 novembre 2016 pur dando atto di <<elementi di inevitabile fluidità>> nella individuazione della notizia di reato e quindi del correlato obbligo di iscrizione a modello 21, ha ribadito che il modello 45 <<è deputato alla registrazione di atti e annotazioni “del tutto privi di rilevanza penale”>>.
Sostanzialmente anche la
circolare n. 3225/17 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha confermato la natura residuale
dell’iscrizione a modello 45, affermando che alla stessa si potrà ricorrere
soltanto <<quando un fatto non è descritto nei suoi termini minimi o è
irrimediabilmente confuso ovvero quando neppure in astratto sia configurabile la
sussunzione di tale fatto in una fattispecie incriminatrice>> (cfr.
pag. 7).
Nondimeno la già citata circolare
ministeriale del 2016 evidenziava <<la significativa variabilità dei
rapporti percentuali tra le iscrizioni operate dai diversi uffici di procura
nel registro delle notizie di reato relative a soggetti identificati (mod. 21)
e le iscrizioni operate nel registro degli atti non costituenti notizia di
reato (mod. 45)>>.
Infatti, a fronte di una
media nazionale del 24% di iscrizioni a modello 45 rispetto a quelle a modello
21, i dati in possesso del Ministero raffiguravano <<percentuali assai
differenziate su base locale: in alcuni uffici le iscrizioni nel registro degli
atti non costituenti notizia di reato rappresentano una percentuale molto
ridotta (pochi punti percentuali); in altri esse rappresentano il 40% del
totale>>.
In realtà si tratta di una
questione annosa se è vero che essa era già stata sollevata nella relazione del
procuratore generale sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2009 ove si
evidenziava che <<i distretti del Nord fanno registrare un rapporto
medio tra “registro noti” e “mod. 45” di 17,44 (ciò significa che per ogni 100 iscrizioni
a noti ve ne sono 17,44 a mod. 45), il Centro di 22,47 e il Sud di 39,19; la
media nazionale è di 24,96>>.
Simili percentuali
lasciavano facilmente escludere che le iscrizioni al modello degli atti non
costituenti notizie di reato costituissero una frazione residuale rispetto a
quelle a mod. 21.
A conferma di ciò si può osservare
che dalla tabella consegnata dal ministero alla prof. ssa Valentini emerge che nel quinquennio 2015-2020 gli atti
iscritti a modello 45 non sono MAI stati INFERIORI a 300.000.
Si tratta di dati che rendono
cogente un dibattito sul ricorso al modello degli atti non costituenti notizie
di reato.
Al riguardo non sfugga che nella
citata relazione del procuratore generale presso la Corte di cassazione si è
rilevato, a proposito delle iscrizioni a mod. 45, che <<una parte consistente di queste viene, infatti,
definita non con cestinazione (e cioè con provvedimento dello stesso pubblico
ministero, non trattandosi di notizia di reato) ma con richiesta di
archiviazione al giudice per le indagini preliminari: dato che sembrerebbe
derivare dalla valutazione di sussistenza di ipotesi di reato e dallo
svolgimento di attività di indagine, pur senza variazione di iscrizione>>.
Ed allora è lecito chiedersi per cosa sia utilizzato il modello 45. Non pare infatti ipotizzabile che sui tavoli dei Procuratori giungano 300.000 esposti che non contengano neppure in astratto una notizia di reato.
Il registro de quo è forse impiegato come una sorta di file temporaneo in attesa di potere svolgere le indagini? E' uno strumento di garanzia per il soggetto denunciato, per evitare che sia pregiudicato da iscrizioni imposte dal denunciante, fosse anche la polizia giudiziaria? Oppure è uno strumento con cui si eludono le garanzie del denunciato? Ancora: è un mezzo di cestinazione della notizie infondate al di fuori dei controlli del GIP?
Al riguardo sarebbe utile sapere
quale sia l’esito delle iscrizione a modello 45 in particolare in che percentuale tornano
a modello 21? Ma sul punto non ci si può esimere dal rilevare che, per quanto
riportato nello scritto della prof.ssa Valentini, <<la DGStat ha
dichiarato che non sono mai stati raccolti i dati numerici relativi alle
diverse modalità di definizione dei procedimenti iscritti a mod. 45>>.
La necessità di chiarire le prassi di iscrizione appare ancora più urgente sol che si pensi che con la riforma c.d. Cartabia il Governo è delegato a <<precisare i presupposti per l'iscrizione nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale della notizia di reato e del nome della persona cui lo stesso e' attribuito, in modo da soddisfare le esigenze di garanzia, certezza e uniformita' delle iscrizioni>>.
17 febbraio 2022
Una pronuncia del Tribunale di Busto Arsizio ripone il tema del requisito della violenza nei reati sessuali.
Nondimeno, per quanto concerne la violenza, la prassi applicativa ne ha configurato una nozione tipica dei reati sessuali, facendovi rientrare ad esempio anche l’atto repentino o a sorpresa.
La sentenza del Tribunale lombardo si mostra di interesse, perché a fronte di atti di sicuro rilievo compiuti alle spalle dell’interessata e protrattisi per circa mezzo minuto in assenza di una reazione della donna, ha ritenuto non sussistere la violenza richiesta dal codice penale, neppure sub specie di atto repentino. SENTENZA AL LINK
16 febbraio 2022
La gravidanza non scrimina il delitto di invasione di edifici
Torniamo ad occuparci di stato di necessità (lo avevamo fatto con il contributo al link), e pubblichiamo un'interessante sentenza del Tribunale di Marsala (al link).
Con riferimento al reato di invasione di terreni o edifici di cui all’art. 633 c.p. non integra la causa di giustificazione dello ‘‘stato di necessità’’, ex art. 54 c.p., la semplice condizione di gravidanza dell’imputata, atteso che – secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale – la scriminante in esame presuppone il pericolo attuale e transitorio di un danno grave alla persona e non altrimenti evitabile, sicché deve escludersene la configurabilità nell’ipotesi in cui il reo abbia agito per «sopperire alla necessità di risolvere in via stabile la propria esigenza abitativa›› (cfr., da ultimo, Cass. Sez. II, Sent. n. 7993/2017).
E invero, come chiarito in modo esemplare dalla Suprema Corte, «per la configurabilità dello stato di necessità (la cui prova spetta all'imputato che la invoca), occorre che il pericolo sia ‘‘attuale’’. Tale ultimo requisito presuppone che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius – al fine di evitare ‘‘un danno grave alla persona’’ – il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio (Cass. 3310/1981 riv 148374). L'attualità del pericolo, per argumentum a contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a protrarsi nel tempo. Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto. Invero, il pericolo non sarebbe più attuale (rectius: imminente) bensì permanente proprio perché l'esigenza abitativa – ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessità ‘‘di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona’’ – necessariamente è destinata a prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 54 c.p. alla luce dell'art. 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l'attualità del pericolo con l'esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un'ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque, un'alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale: cfr. sul punto, Cass. 35580/2007 riv 237305; Cass. 7183/2008 riv 239447» (cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 9655/2015, relativa ad una fattispecie in cui è stata esclusa la scriminante de qua invocata dal ricorrente in ragione dello stato di gravidanza del proprio coniuge).
Ne consegue che l’anelata stabilità dell’occupazione abusiva esclude in nuce la sussistenza della causa di giustificazione dello ‘‘stato di necessità’’, essendo l’operatività della stessa limitata alle ipotesi in cui – come anzidetto – la condotta del reo sia volta a fronteggiare problematiche contingenti e transeunti: infatti, la necessità di reperire una stabile sistemazione può essere soddisfatta dai consociati mediante l’attivazione della procedura amministrativa per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica presso l’Istituto Autonomo Case Popolari (I.A.C.P.) o presso il Comune e, in attesa che l’iter si concluda con esito favorevole, mendiate il supporto dei competenti servizi socio-assistenziali ovvero di amici e familiari.
Inoltre, avuto riguardo al bene giuridico presidiato dalla norma incriminatrice in commento, un eventuale vaglio di ‘‘particolare tenuità dell’offesa’’ ex art. 131 bis c.p. dev’essere effettuato dall’Autorità Giudiziaria con estremo rigore, sulla scorta di una «una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo» (Cass. Pen., SS.UU., n. 13681/2016): e ciò in quanto le procedure pubbliche di assegnazione degli alloggi popolari – finalizzate, per l’appunto, a risolvere le esigenze abitative dei consociati – sono appositamente congegnate ‘‘ne cives ad arma ruant’’ e improntate, all’uopo, al principio della trasparenza dell’azione amministrativa.
Com’è agevole intuire, dunque, l’occupazione sine titulo di un alloggio di edilizia popolare è astrattamente idonea ad arrecare un serio e concreto pregiudizio a coloro i quali, non meno bisognosi di un alloggio rispetto al reo, ne avrebbero avuto diritto all’esito di una regolare procedura amministrativa: spetta, pertanto, al Giudice della cognizione il compito di effettuare un’attenta valutazione del ‘‘caso concreto’’, in relazione al quale ponderare l’intensità dell’offesa arrecata dall’imputato al bene giuridico tutelato dall’ordinamento.
15 febbraio 2022
Signora Ministra, ma qual è il numero degli assolti e delle assoluzioni? - di Daniele Livreri
In questo blog abbiamo dato conto
della relazione del primo presidente della Corte di Cassazione
sull’amministrazione della giustizia nel 2021 (relazione al link).
Nell’autorevole documento il
vertice della Corte regolatrice ha evidenziato alcune criticità del processo a citazione
diretta, criticità manifestate dall’elevate percentuali di assoluzioni, superiori al 50%
delle pronunce di primo grado (pag. 54 e
ss.).
In virtù di tali dati statistici, il primo presidente ha ritenuto <<concludersi per la necessità di un
rinnovato impegno dell’ufficio del pubblico ministero nello svolgimento di
indagini complete e di un serio ed effettivo filtro giurisdizionale per evitare
un inutile dispendio di energie e di costi, oltre che, in primis, la pena
derivante dal semplice fatto di essere sottoposti a processo>>.
Inoltre il vertice giudicante ha
mosso alcune critiche alla prospettiva della riforma c.d. Cartabia di ampliare
il ricorso alla suddetta modalità di esercizio dell’azione penale (cfr. art. 1,
comma, 9, lett. l), seppur in presenza di un novello filtro pre-dibattimentale.
Tuttavia, la relazione del
procuratore generale della medesima Corte ha dispensato numeri e considerazioni
assai diversi (relazione al link).
Infatti per il vertice requirente
l’introduzione dell’udienza filtro nel giudizio monocratico a citazione diretta poggia
sull’assunto che le assoluzioni siano in percentuali molto
elevate.
Nondimeno <<tale assunzione non trova riscontro nell’analisi
statistica approfondita, in quanto - depurate da prescrizione, remissione di
querela, oblazione, messa alla prova ed altro, tutte ipotesi che non escludono
affatto la responsabilità e in alcuni casi la presuppongono - i processi che si
definiscono con le assoluzioni reali negli ultimi tre anni sono poco oltre il
21% delle sentenze>>. Anzi, a mente delle tabelle contenute nella relazione del requirente, le percentuali di assoluzione sono un po' di più innanzi al collegio al quale
A mente della relazione del
procuratore i numeri sono fondati su una relazione redatta dalla DGSTAT su
richiesta del suo ufficio (cfr. nota 4 della relazione).
Si tratta all’evidenza di numeri
che si discostano sensibilmente da quelli richiamati dal primo presidente.
Peraltro già in occasione della
relazione sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2019 il procuratore
generale aveva lamentato che l’affermazione secondo cui circa il 50%
delle azioni penali terminava in assoluzione si fondava su uno scarso affinamento del
dato statistico.
Ove quanto sopra non bastasse, sul tema si devono registrare
i dati di uno studio riportato in una recente pubblicazione della professoressa
Cristiana Valentini (“Riforme, statistiche e altri demoni” in Archivio
Penale, n. 3/2021). Nel contributo, la docente si confronta proprio con le
affermazioni da ultimo riportate, pervenendo a risultati diversi: infatti
con riferimento al giudizio innanzi al tribunale monocratico le assoluzioni si
attesterebbero al 37% dei procedimenti.
E’ evidente che su un tema sì
importante, anche per stabilire se e quali riforme adottare, il ministero dovrebbe chiarire definitivamente quale sia il numero
degli assolti e delle assoluzioni rispetto alle imputazioni (dato quest'ultimo altrettanto importante per verificare il buon governo dell’azione penale)
e consentire un facile reperimento dei dati a tutti i cittadini.
14 febbraio 2022
I rimedi alla violazione del divieto di bis in idem nel doppio binario sanzionatorio - di Mariangela Miceli (*)
11 febbraio 2022
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I dieci contributi più letti nel mese di gennaio 2022 con i link di collegamento.
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09 febbraio 2022
SS.UU: n. 3512/2022: è l'appello l'impugnazione esperibile avverso la sentenza di proscioglimento pronunciata dopo la costituzione delle parti e prima della dichiarazione di apertura del dibattimento
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👉 Tutta la normativa qui Come già accaduto in altre occasioni i continui confronti con colleghi ci hanno stimolato a pubblicare un post ...