02 aprile 2021

Quando la pezza è peggiore del buco - di Andrea Lazzoni (*)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo le riflessioni di Andrea Lazzoni, presidente della Camera penale della Spezia, sull'ultima novità legilsativa, il decreto legge n. 44/2021, della quale ci siamo occupati al 👉 link




Il decreto legge n.44 del 1 aprile 2021 si è preoccupato anche dei depositi telematici in materia penale prevedendo, in sintesi estrema, che tutta la disciplina emergenziale (per quanto ci interessa qui: uso obbligatorio del portale per il deposito delle già note categorie di atti) sia prorogata al 31 luglio 2021 e che, in ipotesi di malfunzionamento del portale, l'autorità giudiziaria procedente, previa attestazione del DGSIA, possa autorizzare il deposito dei singoli atti e documenti in formato analogico.

Ora, già a proposito della proroga del termine della disciplina “emergenziale” ci sarebbe qualcosa da dire, perché sarebbe forse il caso che si cominciasse ad esporre chiaramente quello che ormai tutti sanno, ovvero che tutto questo baraccone non è stato messo in piedi per durare qualche mese ma rappresenta la magnifica sorte e progressiva del processo penale del futuro; che, insomma, l'obbiettivo è quello di potenziare ed estendere, rendendolo sempre più esclusivo, questo meraviglioso strumento tecnologico rispetto al quale non si tornerà indietro di un centimetro.

Magari, sapendolo prima e ragionando per tempo sulle prospettive di medio periodo, l'avvocatura potrebbe offrire qualche valido suggerimento o almeno prepararsi.

E, comunque, sarebbe elegante evitare di trattarci da sudditi idioti.

Il bello, però, è la clausola di salvezza inserita per ovviare all'ovvio, ovvero al fatto che il portale non funziona.

E, qui, immagino che mentre gli uffici a ciò deputati predisponevano il testo del decreto (ché difficilmente soluzioni brillanti a problemi complessi sono merito dei Ministri in carica) a qualcuno deve essere venuto in mente che il portale proprio bene non funziona e che gli avvocati, per questo, stavano protestando; qualcuno avrà pure pensato: <<sarà mai che ne venga fuori qualche nullità? E che ne sarà della celerità dei processi se cominceranno ad arrivare eccezioni e richieste di restituzione nel termine a tonnellate (di bytes, ovviamente, perché la carta non esiste più)?>>.

Ed ecco la panacea di tutti i mali: se il portale non funziona, il DGSIA lo attesta e segnala e ciò “costituisce caso di forza maggiore ai sensi dell'art. 175 del codice di procedura penale”; in questi casi, l'autorità giudiziaria procedente può autorizzare il deposito di atti e documenti in formato analogico. E siccome qualche altro imprevisto può sempre capitare, si prevede che “per ragioni specifiche ed eccezionali” l'autorità giudiziaria possa comunque autorizzare il deposito di singoli atti e documenti “in formato analogico” (ovvero, di carta).

Ora, sarebbe davvero interessante capire cosa si debba intendere per “malfunzionamento”: perché, a parte le interruzioni generali tipo l'ormai leggendario “calo di tensione sulla dorsale appenninica” di qualche settimana fa, il portale si segnala quotidianamente per l'impossibilità di accesso (eccesso di traffico? Sistemi insufficienti? Logiche di sistema giurassiche?). 

Ovviamente pur essendo divenuto un'entità centrale nel nuovo mondo del processo penale telematico, il DGSIA non è onniveggente e mai potrebbe attestare questi “malfunzionamenti”.

Che, però, ove documentati, costituirebbero pacificamente causa di forza maggiore ai fini della restituzione in termini (a meno che non si voglia sostenere che se l'unico strumento a mia disposizione per depositare un atto non funziona, io possa invocare tale impossibilità solo se preventivamente certificata dall'autorità amministrativa).

Dunque, questa prima trovata mi pare completamente inutile: l'art. 175 c.p.p., esisteva già ed ha una portata che va ben oltre le attestazioni direttoriali del DGSIA. 

A ben vedere, però, neppure il nuovo comma 2ter brilla per pragmatismo e praticità: intanto non si vede perché, se il malfunzionamento del portale è attestato dal Direttore Generale, il deposito in formato analogico debba comunque essere autorizzato dall'autorità giudiziaria che procede, col risultato di aggiungere un ulteriore adempimento per la difesa, che dovrà depositare l'istanza di autorizzazione al deposito analogico, e un aggravio di attività per il giudice che dovrà decidere se autorizzarmi prima o rimettermi in termini dopo.

Aggiungo che se la (bio)diversità in natura è un bene prezioso, in materia di giustizia lo è assai meno e mi pare assai poco ragionevole (uso un eufemismo) che la Procura di Aosta autorizzi (magari con delle belle linee guida o un bel protocollo) ciò che Trapani nega, soprattutto quando si parla di esercizio in concreto del diritto di difesa.

E, poi, scusate: siccome siamo in emergenza sanitaria e bisogna evitare il più possibile gli accessi fisici agli uffici giudiziari, siccome per questo occorrono difficoltose prenotazioni e appuntamenti, siccome ci stiamo ponendo il problema del rispetto dei termini e siccome, infine, stiamo cercando di eliminare le carte dal processo la soluzione qual è? Un bel deposito cartaceo.

E perché non si dica che gli avvocati sono solo capaci di far polemica e non offrono soluzioni pratiche, sommessamente suggerisco che sarebbe bastato scrivere che, in caso di inaccessibilità anche temporanea del portale, l'invio degli atti a mezzo pec equivale al deposito degli stessi.

Bastava questo, se davvero si voleva risolvere (almeno) il problema dei malfunzionamenti.

Forse, però, il rispetto del diritto di difesa non era proprio il faro che ha indicato la rotta tra le nebbie del portale: diversamente, sarebbe stato il momento di preoccuparsi della sincronizzazione tra portale e modello 21 (mancando la quale il primo “malfunzionamento” diviene l'impossibilità di deposito di atti relativi a fascicoli nei quali il difensore abbia già ricevuto l'avviso ex art. 415bis cpp se prima non venga “abilitato”), oppure delle dimensioni massime dei files inviabili attraverso il portale o, ancora, dell'illegittima imposizione di “un atto abilitante” che giustifichi il deposito di una nomina difensiva (l'idoneità del quale dove essere valutata dall'operatore amministrativo che lo riceve) e altre amenità del genere.

Meglio di tutto, si sarebbe potuto prevedere in via di necessità ed urgenza la temporanea sospensione del regime di obbligatorietà del deposito a mezzo portale, per poi sedersi ad un tavolo e individuare tutti assieme le migliori soluzioni anche tecniche (mentre lo stesso personale amministrativo avrebbe avuto il tempo di imparare ad utilizzare il nuovo strumento, perché il DGSIA non lo sa, ma pare che i tutorial e i webinar ministeriali siano di scarso aiuto...).

Si è scelta, invece, una pezza che purtroppo è peggiore del buco.



(*) Andrea Lazzoni:
Avvocato, è Presidente della Camera Penale della Spezia. Già responsabile dell'Osservatorio Indagini Difensive e componente dell'Osservatorio Deontologia e qualità del difensore dell'Unione delle Camere, è autore di numerose pubblicazioni edite per la collana Officina del Diritto dalla Giuffrè-Lefebvre (Le Trappole dell'appello penale, Le nuove trappole nell'appello penale, La Bancarotta, Guida in stato di alterazione, Notifiche: difendersi con le eccezioni). È responsabile della redazione scientifica della Spezia della Rivista online Il Penalista per la quale ha pubblicato numerosi articoli. Buon ultimo, è un vero amico.

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