Il limitato ricorso al cd. patteggiamento allargato previsto dal vigente articolo 444 comma 1 c.p.p. nella prassi giudiziaria induce a ritenere che un mero innalzamento del limite di pena ad otto anni non comporterebbe quel sostanziale aumento dei procedimenti definiti mediante applicazione concordata della pena che appare essere l’obiettivo principale della riforma. Appare necessario rendere maggiormente “appetibile” il ricorso al patteggiamento prevedendo la possibile applicazione di una pena più mite di quella che comporterebbe la condanna dibattimentale non necessariamente cristallizzata nella misura di 1/3 ma concordata con l’Ufficio del Pubblico Ministero; la pena concordata dovrebbe esser frutto di una reale negoziazione tra le parti ed il Giudice avente ad oggetto la valutazione in concreto della specifica condotta illecita oggetto di giudizio, dei motivi a delinquere, del comportamento procedimentale e della personalità dell’indagato (come avviene nel sentencing bargaining statunitense). Altro strumento che potrebbe aumentare sensibilmente il ricorso al patteggiamento allargato è una modifica legislativa che preveda la detenzione domiciliare con braccialetto elettronico come modalità di espiazione della pena in caso di applicazione concordata della pena, scelta del legislatore che permetterebbe anche una sensibile riduzione del numero dei detenuti in carcere ed un conseguente alleggerimento della pressione sul sistema penitenziario.
La necessità di evitare l’applicazione della severa pena prevista dal progetto di riforma ad imputati innocenti indotti, in momenti di particolare vulnerabilità, a patteggiare la pena dal timore di subire pesanti condanne dibattimentali (fenomeno tristemente noto ai sistemi processuali che prevedono in modo massivo il ricorso al patteggiamento allargato) impone, a mio giudizio, la previsione di maggiori oneri motivazionali rispetto a quelli riscontrabili nella prassi vigente. Appare necessario prevedere un più approfondito scrutinio delle fonti di prova poste a base dell’accusa ed una dettagliata ricostruzione storico-fattuale della vicenda oggetto di giudizio. La motivazione della sentenza, pur non dovendo esser sovrapponibile alla motivazione della sentenza a seguito di giudizio abbreviato, dovrebbe contenere una puntuale ricostruzione dei fatti e della relativa responsabilità del prevenuto che giustifichi il mancato ricorso ad una pronuncia ex art. 129 c.p.p., evitando il ricorso a mere formule di stile.
Il patteggiamento sulla qualificazione giuridica del fatto, strumento fondamentale dal punto di vista deflattivo, non appare compatibile con il vigente principio dell’azione penale obbligatoria, principio posto a garanzia dell’uguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge; nel sistema processuale italiana, a differenza da quello statunitense, non è riconosciuta al Pubblico Ministero la possibilità di selezionare i fatti e gli autori contro cui procedere e di attribuire al fatto commesso una qualificazione giuridica vincolante per il giudice. Parimenti il sistema del patteggiamento sulla qualificazione giuridica non appare compatibile con il ruolo di controllo attivo svolto dal Giudice e finalizzato alla ricerca della verità processuale. Per quanto riguarda la cd. polverizzazione del patteggiamento non si condivide la scelta della proposta di riforma di prevedere diverse discipline a seconda dei titoli di reato contestati dal Pubblico Ministero, il principio costituzionale tutelato dall’art. 3 della Costituzione e l’esigenza deflattiva a base del rito alternativo in esame impone, per essere realmente efficace, una disciplina unitaria dell’istituto che prescinda dalla natura e dall’offensività dei reati commessi.
La proposta di riforma nel ridefinire il concetto di “economia processuale” necessaria per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato condizionato ad una integrazione probatoria non fa più riferimento alla natura “contratta” del giudizio abbreviato ma “ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale”; tale condivisibile scelta permette al Giudice di valutare in concreto se il richiesto rito alternativo non trasformi il giudizio abbreviato condizionato in un giudizio dibattimentale “mascherato”. Di conseguenza il Giudice dovrebbe respingere la richiesta di giudizio abbreviato condizionato ogniqualvolta il numero e la qualità delle prove richieste dalla parte comporti una dilatazione dei tempi di definizione tale da vanificare la natura deflattiva del rito alternativo, non solo dal punto di vista del numero delle pendenze dibattimentali, ma anche e soprattutto dal punto di vista temporale della durata dei procedimenti.