Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento dell’Avvocato relativo alla sezione "Indagini Preliminari" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Siamo lieti di ospitare il contributo degli amici della Camera Penale Vicentina - CPV, Avvocati, Rachele Nicolin Dario Lunardon.
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.
1- Ritenete che la riforma dell’art. 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale avrà un reale effetto deflattivo?
Facciamo due considerazioni generali.
La prima è che le riforme delle norme processuali – se e nella misura in cui vogliono realmente introdurre delle modifiche alla struttura del processo – scontano inevitabilmente l’inerzia del sistema, nel senso che difficilmente possono comportare un immediato effetto nel concreto svolgersi dell’attività giudiziaria se realizzano interventi limitati e non sono accompagnate da un rinnovato approccio culturale.
Ciò è senz’altro vero per una norma cardine come quella dell’art. 125 disp.att. c.p.p. che incide direttamente sul metro di valutazione a cui il pubblico ministero dovrebbe ancorare la propria decisione in ordine all’alternativa tra richiesta di archiviazione vs richiesta di rinvio a giudizio.
La seconda considerazione generale è che la “resistenza del sistema” non può essere – per ciò solo – un motivo per valutare negativamente la proposta di modifica. Anzi: l’intervento riformatore può e deve essere stimolo e occasione per alimentare delle trasformazioni nella cultura del processo e dei suoi attori.
Queste considerazioni generali consentono di provare a dare una risposta alla domanda: la specifica proposta di modifica ha l’evidente scopo di introdurre un ulteriore filtro di valutazione per cercare di evitare la celebrazione di processi sostanzialmente inutili, quando gli elementi raccolti in fase di indagini appaiono insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a consentire una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio. Anzi, e di più: scopo della riforma dovrebbe essere proprio quello di giungere a una definizione di questi procedimenti già in fase di indagini preliminari, con la richiesta di archiviazione.
La formula evidentemente riecheggia e ricorda quella contenuta nel testo dell’art. 425 co. 3 c.p.p. a seguito all’intervento riformatore del 1999, che pur non è riuscito a porre un effettivo argine avverso contestazioni che apparissero, già sulla scorta degli atti di indagine, non meritevoli di approfondimento dibattimentale. Da più parti, infatti, si è rivelato il sostanziale fallimento di ogni effettivo ruolo di filtro da parte dell’udienza preliminare.
Il rischio è evidentemente che questo fallimento finisca per ripetersi anche per le indagini preliminari – anche se la riforma, sul punto, sembra sicuramente animata dai migliori intenti.
Ciò non significa, però, come abbiamo detto qui sopra, che questo possa essere un sufficiente motivo per esprimere un giudizio negativo.
2- Il disegno di legge rimodula i termini di durata delle indagini preliminari e prevede che, scaduto il termine delle stesse, il pubblico ministero, ove non abbia assunto una qualche determinazione entro termini specifici, dovrà procedere ad una discovery delle indagini compiute. Quale il vostro giudizio al riguardo?
Occorre, sul punto, cercare di essere pragmatici e rilevare come vi siano numerosi procedimenti in cui l’indagato neppure è a conoscenza del suo status apprendendo ciò soltanto dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari: in questi casi, prevedere un obbligo di notifica di un avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate rischia di introdurre una formalità ulteriore la cui omissione è sostanzialmente priva di conseguenze e il cui adempimento, salvo assicurare una conoscenza anticipata degli atti, non garantisce un effettivo potenziamento del diritto difesa.
Sul punto, infatti, sarebbe interessante conoscere, quanti – tra i procedimenti penali definiti con un provvedimento di archiviazione – sono quelli in cui il pubblico ministero ha presentato la relativa richiesta modificando la propria iniziale determinazione espressa dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
In altre parole: quanto effettivamente incide la discovery sulla possibilità per la difesa di offrire un contributo che il pubblico ministero sappia apprezzare per determinarsi chiedendo l’archiviazione del procedimento?
L’impressione che abbiamo è che – purtroppo – l’eventuale contributo difensivo all’esito della discovery sia sostanzialmente irrilevante, come l’esperienza dimostra in riferimento a quello che avviene dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.
Ma la questione dei termini di durata delle indagini preliminari e della successiva discovery pone anche un tema diverso, che ne costituisce il presupposto logico e giuridico, ed è il controllo sul momento genetico del procedimento, ovvero sull’iscrizione del nome della persona nel registro degli indagati, su cui la riforma non sembra intervenire.
3- La lettera g) dell’art. 3 del disegno di legge prevede che l’inerzia del pubblico ministero per negligenza inescusabile costituisca illecito disciplinare, ma non è più armonico con gli intenti della riforma prevedere una forma di decadenza dall’azione?
Come abbiamo anticipato qui poco sopra, l’esperienza giurisprudenziale ha dimostrato che i termini di durata delle indagini preliminari (con relativi effetti sulla garanzia della ragionevole durata del procedimento) scontano la mancanza di una previsione che consenta di svolgere un effettivo controllo processuale sulla decorrenza di suddetti termini e precisamente sulla tempestività dell’iscrizione da parte del pubblico ministero di una notizia di reato soggettivamente orientata.
Sul punto, infatti, è noto il consolidato e criticato orientamento secondo il quale il Pubblico Ministero ha un potere discrezionale insindacabile circa l’an e il quando effettuare l’iscrizione, per cui il ritardo, rilevante ai fini della decorrenza del termine per le indagini preliminari, non può essere censurato in sede processuale, fatta salva ovviamente la responsabilità disciplinare ed eventualmente penale del magistrato inquirente, ricorrendone i presupposti - (cfr. Cass., SS. UU. n. 16 del 21–30 giugno 2000, Tammaro).
Ecco allora che, senza introdurre previsioni sul controllo del momento dell’iscrizione nel registro degli indagati, ogni ipotetica riforma sul punto rischia di perdere ogni possibile effetto concreto.
La previsione di una norma che sanziona l’inerzia esclusivamente come illecito disciplinare del pubblico ministero anziché con una forma di decadenza dell'azione, senza alcun controllo sul momento dell’iscrizione, non risolve alcun problema ma piuttosto aumenta quelli già esistenti.
4- La riforma rimette alle singole Procure l’individuazione di criteri di priorità “al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre”, La giudicate una riforma opportuna?
Questa proposta sembra prendere atto della assoluta incapacità del sistema di attuare il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Pertanto, prima di giudicare dell’opportunità della proposta di riforma, sarebbe necessario valutarne la legittimità nell’attuale assetto costituzionale, che pur richiederebbe un intervento di revisione che prenda atto della sostanziale e quotidiana violazione di quel principio costituzionale, che è oggi poco più che un “totem” difeso in nome di un principio di uguaglianza quotidianamente violato nella concreta prassi giudiziaria.
In questo quadro appare evidente che l’idea di rimettere alle singole Procure l’individuazione di criteri di priorità sia incompatibile con la legalità del sistema.
Il sovraccarico delle Procure è noto e provoca un rallentamento dei tempi della giustizia.
Tuttavia, si ritiene debba essere affrontato con proposte che mirino a snellire e semplificare i procedimenti penali senza svuotare di significato i principi costituzionali.
In quest’ottica, eventuali criteri di priorità possono essere ammessi solo se preventivamente stabiliti, quanto meno in via generale, dal Parlamento ossia da un organo che possa assumersi la responsabilità politica delle proprie scelte, e non rimesse alla mera discrezionalità (senza controllo) di ciascuna Procura della Repubblica – con l’ulteriore ed inevitabile effetto di creare disparità di trattamento che sarebbero lesive non soltanto del principio di obbligatorietà dell’azione penale ma anche del fondamentale principio di uguaglianza.
Il testo del DDL di riforma
Art. 3.
(Indagini preliminari e udienza preliminare)
1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, ai sensi dell'articolo 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, prevedendo che il pubblico ministero chieda l'archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari risultano insufficienti o contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio;
b) escludere l'obbligo di notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione, di cui all'articolo 408, comma 2, del codice di procedura penale, alla persona offesa che abbia rimesso la querela;
c) modificare i termini di durata delle indagini preliminari, di cui all'articolo 405 del codice di procedura penale, in relazione alla gravità dei reat, nelle seguenti misure:
1) sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato, per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria;
2) un anno e sei mesi dalla data indicata al numero 1), quando si procede per taluno dei delitti indicati nell' articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale;
3) un anno dalla data indicata al numero 1), in tutti gli altri casi;
d) prevedere che il pubblico ministero possa chiedere al giudice la proroga del termine di cui all'articolo 405 del codice di procedura penale una sola volta, prima della scadenza di tale termine, per un tempo non superiore a sei mesi;
e) prevedere che il pubblico ministero, se, entro tre mesi dalla scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari o entro i diversi termini di sei e di dodici mesi dalla stessa scadenza nei casi, rispettivamente, di cui all'articolo 407, comma 2, lettera b), e comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale, non ha notificato l'avviso della conclusione delle indagini previsto dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale o non ha richiesto l'archiviazione, notifichi senza ritardo alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato, la quale nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di volerne essere informata, l'avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate presso la segreteria del pubblico ministero e della facoltà della persona sottoposta alle indagini e del suo difensore nonché della persona offesa dal reato di prenderne visione ed estrarne copia; prevedere che la notifica del predetto avviso possa essere ritardata, per un limitato periodo di tempo e con provvedimento motivato, nei procedimenti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale;
f) prevedere che la violazione delle prescrizioni di cui alla lettera e) da parte del pubblico ministero costituisca illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;
g) prevedere che, dopo la notifica dell'avviso di deposito di cui alla lettera e), l'omesso deposito della richiesta di archiviazione o il mancato l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa costituisca illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;
h) prevedere che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre; prevedere che nell'elaborazione dei criteri di priorità il procuratore della Repubblica curi in ogni caso l'interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d'appello e con il presidente del tribunale e tenga conto della specifica realtà criminale e territoriale, delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili e delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti;
(*) Rachele Nicolin Rachele Nicolin, Avvocato, è stata Presidente della Camera Penale Vicentina fino al 2019.
Da sempre impegnata in Camera Penale, è stata componente dell’Osservatorio Informazione Giudiziaria dell’Unione delle Camere Penali Italiane, con cui ha collaborato alla realizzazione del volume L'informazione giudiziaria in Italia. Libro bianco sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale.
E’ attualmente Segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Vicenza e componente dell’Osservatorio Dati Giudiziari dell’UCPI.
(*) Dario Lunardon: Avvocato, è attualmente Presidente della Camera Penale Vicentina dal 2019.
E’ stato Responsabile dell’Osservatorio Difesa d’ufficio dell’Unione delle Camere Penali Italiane intitolato a Paola Rebecchi, con cui ha collaborato alla pubblicazione dei Quaderni per la formazione professionale - La difesa d’ufficio editi da Pacini con la direzione del Prof. Giorgio Spangher.