Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del professore Pasquale Bronzo relativo alla sezione "Indagini Preliminari" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.
1) Ritiene che la riforma dell’art. 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale avrà un reale effetto deflattivo?
Direi di no. Prima ancora, dubito che la proposta sia traducibile in una norma dotata di una qualche effettività: credo che l’attuale soglia gnoseologica dell’imputazione, determinata in relazione alla sostenibilità dell’accusa (e già innalzata, come noto, rispetto all’assetto del rito penale previgente) sia collocata al massimo livello realisticamente esigibile in quella fase.
L’idea si lega alla parallela modifica della regola decisoria del non luogo a procedere. E presenta analoga – se non più grave – opinabilità. Mi spiego: oggi quando gli elementi accusatori sono suscettibili di letture alternative il giudice dell’udienza preliminare deve rinviare a giudizio: è vero che questo accade con troppa frequenza, ma è lecito supporre l’incidenza dei rinvii a giudizio non sarebbe troppo diversa se la regola diventasse quella opposta (nel dubbio, non rinviare a giudizio): come è stato condivisibilmente osservato in dottrina, resterebbe troppo facile evitare la pesantissima responsabilità di prosciogliere sulla base di informazioni “naturalmente” perfettibili optando nei casi incerti per un rinvio a giudizio che per giunta non richiede nemmeno una motivazione.
Inoltre, e soprattutto, il rinvio a giudizio diventerebbe un macigno per l’imputato, e questo vale a fortiori se al pregiudizio di un rinvio a dibattimento si cumula il pregiudizio derivante dalla mancata archiviazione. Al fondo, dobbiamo decidere se le informazioni importanti le forniscono le indagini o il dibattimento: in un sistema accusatorio la risposta non può che essere nel secondo senso.
Per l’archiviazione il mutamento della regola decisoria è ancora più discutibile, anche perché sarebbe accompagnata, nel disegno riformatore, da una serie di misure di contenimento temporale delle indagini.
Senza contare il rischio di un forte aumento delle opposizioni.
L’effetto più probabile di questo doppio innalzamento della soglia gnoseologica per l’accesso al dibattimento costituirebbe un forte incentivo alla scelta dei riti speciali, in una logica apertamente inquisitoria.
La deflazione processuale mi sembrerebbe assai meglio perseguita ampliando diversamente l’ambito applicativo dell’istituto archiviativo, ossia attraverso l’introduzione delle archiviazioni condizionate o “meritate”, da tempo sperimentate nel sistema processuale francese, come nel d.d.l. per le contravvenzioni.
2) Il disegno di legge rimodula i termini di durata delle indagini preliminari e prevede che, scaduto il termine delle stesse, il pubblico ministero, ove non abbia assunto una qualche determinazione entro termini specifici, dovrà procedere ad una discovery delle indagini compiute.
Quale il suo giudizio al riguardo? Mi pare eccessivamente ottimistico pensare che la razionalizzazione dei termini possa condurre ad una velocizzazione delle indagini: molto spesso la dilatazione dei tempi dipende da fattori non governabili dal pubblico ministero.
La norma finale poi è singolare. Mira ad indurre il pubblico ministero che, a termini scaduti, resti inerte a “sbloccare" il procedimento imponendogli una discovery forzata dei materiali investigativi: il che evidentemente presuppone che il pubblico ministero temporeggi senza giustificazioni o addirittura nel proposito di continuare ad indagare ultra vires.
Peraltro quella discovery rischierebbe di rendere (o di far ritenere) poi superflua quella dovuta prima della richiesta di rinvio a giudizio, non senza qualche perdita per la difesa.
Come antidoto alla dilatazione della fase preliminare è più utile stabilire la sindacabilità dell’obbligo di immediata iscrizione delle notizie di reato, come del resto si prevede nel d.d.l.: l’unica sanzione davvero sensata per l’inquirente è quella ‘processuale’ che sterilizza gli atti investigativi tardivi.
3) La lettera g) dell’art. 3 del disegno di legge prevede che l’inerzia del pubblico ministero per negligenza inescusabile costituisca illecito disciplinare, ma non è più armonico con gli intenti della riforma prevedere una forma di decadenza dall’azione ?
La decadenza dal potere di agire, dove esiste, come nel dismissal, si colloca in un quadro di azione discrezionale. D’altra parte mi pare molto difficile in concreto formulare un addebito in termini di inescusabilità per carenze che presentano solitamente carattere multifattoriale e sono spesso ‘ambientali’.
4) La riforma rimette alle singole Procure l’individuazione di criteri di priorità “al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre”, La giudica una riforma opportuna ?
A parte l’ipocrita denominazione di “criteri di priorità” per congegni che in realtà finiscono per selezionare, all’interno del carico giudiziario, i reati per i quali procedere e quelli da lasciar prescrivere, non mi pare il modo migliore di regolare la materia: proporre trasparenza e predeterminazione dei criteri, col proposito di far emergere una discrezionalità oggi sommersa, dà per risolto quello che è il problema di fondo, ossia la discrezionalità del pubblico ministero. Il p.m., che ha tanti spazi di discrezionalità tecnica nel codice vigente, non ha discrezionalità “politica” perché privo di legittimazione democratica; un organo politicamente irresponsabile non potrebbe infatti essere titolare di opzioni di politica criminale. Io credo non si possa sfuggire al fatto che i criteri di priorità, per questa loro portata, non possono non avere un qualche momento di controllo da parte del Parlamento.
(*) Pasquale Bronzo: Professore associato di Diritto Processuale Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza, Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Studi Giuridici ed Economici (DSGE) dal 3 settembre 2019; Ricercatore di Diritto Processuale Penale (IUS/16), presso la Facoltà di Giurisprudenza, Sapienza Università di Roma, dal 2006 al 2019; Assegnista di ricerca dal 2002 al 2006; Dottore di ricerca in Diritto processuale penale (IX Ciclo), la Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza Università di Roma (1998); Professore aggregato di diritto penitenziario nel Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza (Lmg01) presso la Facoltà di Giurisprudenza di Sapienza dal 2016; Professore aggregato di Procedura penale minorile in contitolarità col Prof. Giostra dal 2020; Professore aggregato di European criminal procedural law nel Corso di laurea magistrale in European Studies (Lm-90) presso la Facoltà di Giurisprudenza di (dal 2016 al 2019); Docente presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali istituita presso la Facoltà di Giurisprudenza di Sapienza Università di Roma, e Coordinatore del Corso di procedura penale, dal 2013; Membro del collegio dei docenti del Dottorato di Ricerca in Diritto pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza di Sapienza; Componente del Consiglio didattico-scientifico del Centro di ricerca The Best interest of the Child di Sapienza dal 2006; del Consiglio Direttivo del Centro di ricerca Cyber Intelligence and Information Security (C.I.S.) di Sapienza dal 2014; del Consiglio direttivo e docente del Master interfacoltà di II Livello in “Psicodiagnostica per la Valutazione Clinica e Medico Legale con elementi di base giuridici e forensi”, istituito presso Facoltà di Medicina e Odontoiatria, con la collaborazione della Sapienza; del Consiglio direttivo del Master Interfacoltà di II Livello in Scienze forensi (Criminologia-Investigazione-Security-Intelligence) della Sapienza dal 2017; del Comitato scientifico del Master di I livello in Criminologia e Scienze Strategiche della Sapienza, Dipartimento di Neuroscienze umane, dal 2018; Componente del Comitato scientifico del Master in Diritto e Criminologia del Sistema Penitenziario, istituito presso l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria.