28 aprile 2021

La Riforma del Processo penale - 11.4 la riforma dei termini - Le risposte del professor Filippo Giunchedi (*)


Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del professore Filippo Giunchedi relativo alla sezione "Termini e processo" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).

Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.





1- Il legislatore intende delegare ai magistrati, nell’esercizio delle rispettive funzioni, l’adozione di misure organizzative volte ad assicurare la definizione dei processi penali nei termini indicati dall’art. 12, condivide tale intendimento e se si quali sarebbero, a suo giudizio, le concrete misure organizzative che il singolo magistrato potrebbe adottare?
Adottare misure organizzative tali da cadenzare i tempi dei processi appare un intervento legislativo assai accattivante soprattutto sul piano dell’opinione pubblica, ma che non pare di facile risoluzione.
Demandare ai singoli magistrati l’adozione delle misure organizzative, francamente, desta non poche perplessità per le pericolose divergenze che verrebbero a determinarsi tra una sede giudiziaria e l’altra, se non, addirittura, in seno al medesimo ufficio giudiziario.
Ritengo che oggigiorno in misura ancora maggiore rispetto al recente passato, il sistema giudiziario debba offrire credibilità; approdo ben lontano qualora si creino percorsi di gestione dei processi diversificati, sebbene ancillari alla determinazione dei tempi di durata dei processi.

2- A mente dell’art. 12 il dirigente dell’Ufficio è tenuto “a segnalare all’organo titolare dell’azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative, quando sia imputabile a negligenza inescusabile”, quale il Suo giudizio al riguardo?
Affidare l’azione disciplinare ad un parametro dai contorni indefiniti qual è quello della negligenza inescusabile, espone la già labile tenuta dell’istituto a rischi di interpretazioni soggettive che destano perplessità, in primis in ordine alla reale applicazione.
Il rischio che emerge è quello dell’ennesimo provvedimento spot nel segno del populismo, senza effettivi riflessi sull’efficienza del sistema.

3- I termini indicati dall’art. 12 per la definizione dai vari gradi di giudizio le sembrano congrui? 
Nel complesso ed in astratto appaiono congrui, anche se, in concreto, sono da parametrare a molteplici elementi variabili per ogni ufficio giudiziario, quali, ad esempio, numero dei fascicoli in carico, magistrati effettivi, etc.

4- Nello specifico, con riguardo ai giudizi di impugnazione quale dovrebbe essere il dies a quo dal quale computare il termine per definire il giudizio? 
L’individuazione del dies a quo risulta determinante per l’efficacia della proposta. Lasciare delle zone franche, infatti, rischia di rendere effimera la contingentazione dei tempi del processo. 

5- Si vuole riconoscere al Consiglio superiore della magistratura la facoltà di stabilire, con cadenza biennale, i termini previsti dall’art. 12 in maniera diversa per ciascun ufficio, non le pare si rischi una frammentazione localistica? 
Vero, ma al contempo ritengo sia opportuno plasmare i tempi in relazione alle differenti situazioni e quindi che si effettuino reports costanti così da attualizzare i tempi.

6- L’art. 13 prevede, per i giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna, che se non vengono rispettati i termini di cui all’art. 12, le parti e i loro difensori possano presentare istanza di definizione del processo entro sei mesi. La previsione è assistita dalla previsione di una sanzione disciplinare per il caso di mancata adozione di misure organizzative idonee ad assicura la definizione entro il detto semestre. Non le pare che il combinato disposto degli artt. 12 e 13 manifesti in realtà l’incapacità ad affrontare il problema della durata del processo, scaricandolo sugli operatori del diritto? 
L’osservazione formulata mi sembra molto pertinente e la condivido.



(*) Filippo Giunchedi è professore associato di Diritto processuale penale nell’Università Niccolò Cusano di Roma.
È autore di circa 200 pubblicazioni. Tra le principali si ricordano: La tutela dei diritti umani nel processo penale, Padova, 2007; Gli accertamenti tecnici irripetibili (tra prassi devianti e recupero della legalità), Torino, 2009; La prova nella giurisdizione esecutiva, Torino, 2012; Introduzione allo studio dei procedimenti speciali, Milano, 2018; Procedimenti speciali e sistema delle impugnazioni, Pisa, 2019. 

Ha curato, tra gli altri, La giustizia penale differenziata, I, I procedimenti speciali, Torino, 2010; Rapporti tra fonti europee e dialogo tra Corti, Pisa, 2018.





Art. 12.

(Termini di durata del processo)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il decreto o i decreti legislativi

recanti la disciplina dei termini di durata del processo penale sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che i magistrati, nell’esercizio delle rispettive funzioni, adottino misure organizzative volte ad assicurare la definizione dei processi penali, ad eccezione dei processi relativi ai reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), e comma 2, lettera b), del codice di procedura penale, nel rispetto dei seguenti termini:

1) i termini previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89, nei procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l’economia;

2) un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità, nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-ter del codice di procedura penale;

3) due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 33-bis del codice di procedura penale;

b) prevedere che i termini di cui alla lettera a) possano essere stabiliti in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, con cadenza biennale in relazione a ciascun ufficio, tenuto conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari;

c) prevedere che il dirigente dell’ufficio sia tenuto a vigilare sul rispetto delle disposizioni adottate ai sensi della lettera a) e a segnalare all’organo titolare dell’azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative, quando sia imputabile a negligenza inescusabile.




Art. 13.

Disposizioni per la trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere che le parti o i loro difensori possano presentare istanza di immediata definizione del processo quando siano decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione stabiliti ai sensi dell’articolo 12;

b) prevedere che il processo sia definito entro sei mesi dal deposito dell’istanza di immediata definizione di cui alla lettera a);

c) prevedere che i termini di cui alle lettere a) e b) siano sospesi nei casi di cui all’articolo 159, primo comma, del codice penale e, nel giudizio di appello, anche per il tempo occorrente per la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale;

d) prevedere che il dirigente dell’ufficio giudiziario sia tenuto ad adottare le misure organizzative idonee a consentire la definizione nel rispetto del termine di cui alla lettera b);

e) prevedere che la violazione dell’obbligo di cui alla lettera d) nonché il mancato rispetto del termine di cui alla lettera b) costituiscano illecito disciplinare, se il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;

f) prevedere che le disposizioni adottate in attuazione del criterio di cui alla lettera e) entrino in vigore in data non anteriore al 1° gennaio 2024, al fine di consentire la preventiva valutazione dell’impatto delle altre modifiche introdotte con i decreti adottati in attuazione della delega di cui all’articolo 1 e con le disposizioni di cui al capo III nonché l’adozione dei conseguenti atti di competenza del Consiglio superiore della magistratura e delle necessarie misure organizzative da parte dei dirigenti degli uffici.






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