La Corte Costituzionale ha dichiarato <<l’illegittimità costituzionale dell’art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in quanto interpretato nel senso che la disposizione non si applica in relazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, disposta con sentenza irrevocabile ai sensi dell’art. 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada)>> (sentenza n. 68/2021 al 👉 link).
Presupposto della censura del Giudice delle leggi è la precedente declaratoria di incostituzionalità dell'art. 222, comma 2, quartoperiodo, del Codice della strada, <<nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell'art. 222 cod. strada allorche' non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen>>. (Corte cost. 19 febbraio - 17 aprile 2019, n. 88).
A seguito della pronuncia testé richiamata, la difesa di un autotrasportatore, cui la patente era stata revocata in conseguenza di una sentenza di patteggiamento per il delitto non aggravato di omicidio stradale, formulava istanza al Giudice per le indagini preliminari di Milano, quale Giudice dell’esecuzione, affinché provvedesse a rimodulare la sanzione amministrativa, che di fatto comporta l’impossibilità di conseguire un nuovo titolo abilitativo se non trascorsi 5 anni dal ritiro del precedente, sostituendo all’inflitta revoca la sospensione della licenza di guida.
Il Giudice a quo, investito della predetta istanza, ha anzitutto rilevato che l’unica norma che legittimerebbe un intervento in executivis rispetto ad una pronuncia di illegittimità costituzionale che incida esclusivamente sul trattamento sanzionatorio è l’art. 30 quarto comma, della legge n. 87 del 1953, secondo cui «quando in applicazione della norma dichiarata incostituzionale è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali».
Sennonchè, la littera legis sembra consentire l’intervento rimodulatorio soltanto rispetto ad una sanzione penale. A tale soluzione, il Giudice a quo ha tuttavia mosso plurime censure di costituzionalità, accolte dalla Corte per violazione del principio di uguaglianza, sebbene sulla scorta di premesse parzialmente diverse da quelle addotte dal Giudice lombardo.
In particolare il Giudice delle leggi, dopo aver apprezzato, sulla scorta di precedenti della Corte Edu, il carattere sostanzialmente punitivo della sanzione revocatoria, ha ritenuto <<non costituzionalmente tollerabile che taluno debba rimanere soggetto per cinque anni, anziché per un periodo di tempo nettamente minore, ad una sanzione inibitoria della guida di veicoli a motore – con tutte le limitazioni che ciò comporta nella vita contemporanea, compresa, nel caso di specie, l’impossibilità di svolgere la propria attività lavorativa – inflittagli sulla base di una norma che, all’indomani del passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è stata riconosciuta contrastante con la Costituzione. Ciò, quando invece il condannato a una, anche modesta, pena pecuniaria potrebbe giovarsi, finché non è eseguita, della sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale che ne mitighi l’importo>>.