Nel giorno in cui il TAR Lazio discute il ricorso della Camera Penale di Catania "Avvocato Serafino Famà”, siamo lieti di ospitare l'intervento del Collega Mattia Serpotta (ai link del testo troverete il ricorso, i rimandi ai contributi pubblicati in questo blog e i documenti pubblicati sul sito della Camera Penale di Trapani "Avvocato Giuseppe Rubino").
Il deposito di atti del procedimento penale tramite portale: dubbi interpretativi e ipotesi concrete di violazione del diritto di difesa - di Mattia Serpotta (*)
1. Considerazioni introduttive
Da più parti si sono sollevate numerose critiche alla scelta governativa (link), culminate nella delibera di astensione dalle udienze penali proclamata dall’Unione delle Camere penali (link), non comprendendosi le ragioni per le quali, gli avvocati siano stati catapultati, dall’oggi al domani e senza aver maturato alcuna esperienza, in un mondo al quale non erano affatto preparati, senza invece prevedere, come avvenuto nel settore civile, un periodo di rodaggio che consentisse di sperimentarne il funzionamento. Tale scelta politica appare ancora più grave, se si tiene a mente, da una parte, che il Decreto Bonafede è con ogni evidenza un atto amministrativo contra legem, prevedendo l’obbligatorietà del deposito al portale, laddove l’art. 24, comma 2, lo aveva immaginato come facoltativo, e dall’altra che i provvedimenti amministrativi del DGSIA, chiamati a disciplinarne il (mal)funzionamento e le specifiche tecniche degli atti, hanno di fatto legittimato, come meglio si vedrà più avanti, una chiara deroga alle disposizioni del codice di rito, con conseguente compressione del diritto di difesa.
Su tale ultimo punto, si segnala che la Camera penale di Catania ha depositato dinanzi al Tar Lazio ricorso per ottenerne la sospensione in via cautelare e che la decisione in camera di consiglio è stata fissata il 14.4.21 (link).
2. L’atto abilitante
Ebbene, il giurista impallidisce di fronte a una procedura che, oltre a legittimare un vero e proprio requisito di ammissibilità del deposito della nomina, sconosciuto al codice e per di più introdotto con un atto amministrativo che non ha certamente nè la forza, né la legittimazione per derogarlo, in molti casi impedisce la comunicazione all’Ufficio della Procura dell’avvenuta formalizzazione del mandato difensivo, in spregio al principio di immediatezza previsto dall’art. 96 c.p.p. (link).
Continuando nell’esempio di cui sopra, gli investigatori potrebbero nelle more procedere all’intercettazione delle comunicazioni tra l’Avv. Sempronio e il suo assistito, con grave menomazione della libertà e inviolabilità del mandato difensivo, e ciò nonostante il rapporto giuridico tra i due si sia già perfezionato.
3. Le ulteriori criticità del portale (link)
In termini generali, desta ancora più preoccupazione un meccanismo nel quale il deposito di un atto cessi di essere un’attività defensionale libera, ma venga di fatto rimessa a una valutazione preliminare e prodromica ‒ espressa nelle forme dell’accettazione o del rifiuto, nella migliore delle ipotesi, addirittura della “non risposta”, nelle peggiori ‒ rispetto alla quale l’avvocato non ha diritto di interloquire, né di esercitare alcuna forma di controllo successivo.
Questo meccanismo viene poi certamente esasperato dalla previsione delle specifiche tecniche che l’atto deve rispettare, tutte ispirate a un anacronistico rigore formale, il quale, oltre che estraneo alle previsioni del codice, si rivela di fatto inutile, considerando che l’atto è caricato al sistema da un difensore che si è in precedenza autenticato al sistema.
Frequenti in questi mesi sono stati poi i casi di interruzione del servizio, con gravi ed estenuanti disagi per tutta l’avvocatura. Anche questo desta non poca preoccupazione per l’esercizio del diritto alla difesa, mettendo in luce tutta la pericolosità di una procedura che, non ammettendo modalità alternative, rimette di fatto la possibilità di effettuare il deposito al funzionamento del portale.
Sul piano pratico, le superiori considerazioni pongono un problema non trascurabile nel caso di scadenza di un termine, specialmente se perentorio, come quello previsto dall’art. 415 bis c.p.p.: cosa deve fare l’avvocato che non si veda accettato il deposito entro il termine, anche quando sembra rispettare le caratteristiche tecniche richieste, o che non riesca ad accedere al portale?
In molte Procure, sono state introdotte delle vere “clausole di salvaguardia”, di fatto contrarie alle previsioni di legge, in forza alle quali, nella prima ipotesi, l’atto verrà comunque trasmesso e acquisito al fascicolo cartaceo, nella seconda, il difensore potrà depositarlo a mezzo PEC, ex art. 24, comma 4, allegando la prova dell’impossibilità di utilizzare il portale.
È un meccanismo però che non lascia dormire sonni tranquilli. Ricorriamo anche qui a un esempio affatto di scuola. Ipotizziamo che, nonostante una richiesta di interrogatorio acquisita ‒ come sopra ‒ irritualmente dalla Procura, il Pubblico Ministero ometta poi di procedervi e che il difensore eccepisca in giudizio la relativa nullità prevista dall’art. 415 bis c.p.p. Il Giudice potrà certamente rigettare l’eccezione, anche a fronte di qualsivoglia impegno della Procura ‒ codificato per iscritto ‒ a non opporsi in futuro, sanzionando il mancato deposito dell’atto nelle forme di legge.
In definitiva, dunque, si chiede oggi agli avvocati e ai loro assistiti di addossarsi persino il peso delle inefficienze e del malfunzionamento del sistema, con buona pace dei principi costituzionali in tema di diritto alla difesa (link).
3. La denuncia ‒ querela
In altri termini, è il caso, affatto frequente, in cui il legale rediga in nome proprio l’atto querelatorio. Nel caso in cui invece la querela sia sottoscritta personalmente dalla parte, la cui firma viene autenticata dal difensore ex art. 39 disp. att. c.p.p., a sua volta semplicemente delegato al deposito ex art. 337 c.p.p., l’atto dovrà certamente essere depositato in formato cartaceo.
Si tratta, in realtà, di una interpretazione non unanime. Si registrano infatti direttive delle singole Procure, attraverso le quali, in una sorta di federalismo giudiziario, si “invitano” gli avvocati a depositare al portale anche le querele per le quali abbiano ricevuto solamente la delega ex art. 337 c.p.p., anche qui con l’impegno di non opporre questioni di procedibilità per il futuro.
5. Il deposito di allegati in formato diverso dal PDF o eccedenti i 30 MB
Come noto, il portale non consente il deposito di un allegato in formato diverso dal PDF (es. audio, video, immagini) o eccedente le dimensioni di 30 MB. Cosa fare in questo caso? È chiaro che l’unica
alternativa è quella di produrre l’allegato fisicamente alla segreteria del Pubblico Ministero, magari specificando nell’atto principale caricato al portale ‒ es. memoria ex art. 415 bis c.p.p., opposizione alla richiesta di archiviazione ‒ che tale allegato sarà depositato con quella modalità necessaria. Non si è in grado di prevedere, però, nel silenzio della normativa, quali conseguenze potranno derivare dal deposito effettuato con modalità non espressamente consentite, con il rischio concreto, ancora una volta, di una compressione del diritto di difesa.
6. L’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione
La contraddizione, sollevata a caldo in alcuni commenti, dovrebbe però superarsi alla luce del comma 6, il quale prevede infatti che, per gli atti di cui al comma 1 e per quelli che “saranno individuati” ai sensi del comma 2 con il Decreto del Ministro ‒ come l’atto di opposizione indicato dal D.M. 13.1.21 ‒ “l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge”.
7. Termine per il deposito
Un’ultima questione riguarda i termini di deposito dell’atto tramite portale. L’art. 24, per come recentemente convertito, nulla disciplina in ordine alla tempestività del deposito tramite portale. Nel silenzio della legge, appare quindi consigliabile rispettare gli orari di chiusura della cancelleria della Procura, ex art. 172 c.p.p.
Ciò si dice ragionando a contrario. L’art. 24 introduce infatti espressamente il principio per il quale il deposito degli atti via PEC, a chiunque rivolti, compresa quindi anche la Procura, è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza.
(*) Mattia Serpotta: Avvocato penalista, iscritto all'albo del Foro di Catania dal 2007 e a quello dei cassazionisti dal 2019. Membro del Direttivo della Camera penale 'Serafino Famà'' di Catania. Dottore di ricerca in Diritto privato generale. Si occupa di diritto penale di impresa e di responsabilità ex D. lgs. 231/2001.