L’aspetto più innovativo e delicato della legge di conversione dei decreti legge Ristori (L. 176/2020), soprattutto per le conseguenze sull’inammissibilità, è costituito dalle nuove forme di presentazione a mezzo pec delle impugnazioni disciplinate dall’art. 24 commi da 6 bis a 6 decies della L. cit..
Il legislatore continua ad emanare novità che disciplinano il deposito degli atti e, ora, anche delle impugnazioni, per le quali sono previste forme di inammissibilità ulteriori rispetto a quelle codificate.
La faccenda si è enormemente complicata sebbene, per ironia della sorte, la rubrica della norma rechi “disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, mentre non è dato sapere cosa ne sia di quel generale principio, a tutti noto, che va sotto il nome di favor impugnationis.
Dove eravamo rimasti: nella breve vigenza del decreto legge Ristori (il n. 137/2020) non era chiaro se con il lemma <<tutti gli atti>> si fosse inteso far riferimento anche alle impugnazioni e ai motivi nuovi. Per di più la Corte di Cassazione Sez. I, n. 2840 del 3.11.2020, con una sentenza che aveva avuto larghissima eco e diffusione, aveva escluso l’ammissibilità del deposito dei motivi nuovi a mezzo pec. Per tali ragioni, il consiglio che si era dato in un primo momento era quello di evitare di inviare a mezzo pec gli atti di impugnazione. Quel consiglio va oggi rivalutato alla luce della legge di conversione e delle nuove possibilità offerte dalla normativa entrata in vigore il giorno di Natale ‘20.
Quel che non cambia. Continua ad essere possibile il deposito delle impugnazioni alla “maniera tradizionale”, cioè nelle forme cartacee previste dal codice di procedura penale, come si ricava dalla lettera della norma che, al comma 6 bis dell’art. 24 L. cit., fa salva la disciplina codicistica (“fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582 comma 1, e 583 del codice di procedura penale “). A nulla rileva il mancato richiamo al comma 2 dell’articolo 582 c.p.p.: la regola del deposito fuori sede per le parti private non si applica soltanto alle impugnazioni inviate a mezzo pec, mentre tale regola continua ad applicarsi alle impugnazioni depositate secondo la tradizionale modalità cartacea e le previsioni del codice. Conforta in tal senso non solo la “lettera” della norma (inclusa la punteggiatura), pur non felice, ma anche il disposto del comma 4 dell’articolo 24 L. Cit. “... è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata”. Infatti, al di là del reiterato ricorso al “consentire” tanto abusato dal premier Conte nelle sue conferenze stampa di presentazione dei Dpcm, pare evidente come la nuova “forma di presentazione dell’impugnazione” s’aggiunga a quella codicistica.
In altre parole, alle forme tradizionali di presentazione s’aggiunge ora la novità del deposito a mezzo pec delle impugnazioni.
Occorre prestare particolare attenzione alle nuove disposizioni per effetto delle inammissibilità che esse recano e che autorizzano, addirittura, il giudice a quo a dichiararle (art. 24 comma 6 septies L. cit.).
Peraltro, mentre nel sistema codicistico, nell’ipotesi di inammissibilità, ad esempio, dell’appello è prevista espressamente la possibilità del ricorso per cassazione (art. 591, comma 3, cpp), un analogo mezzo di impugnazione non è previsto nel sistema delle impugnazioni a mezzo pec introdotto dalla legge natalizia. Si pone dunque il problema di stabilire se avverso la declaratoria di inammissibilità del giudice a quo non sia dato alcun rimedio impugnatorio (ratio della tassatività dei mezzi di impugnazione) ovvero sia consentito comunque il ricorso per cassazione ex art. 111 comma 7 Cost. Ma è evidente come quest’ultima interpretazione passi per un incidente di legittimità costituzionale.
Forme dell’atto. L’atto di impugnazione dev’essere innanzitutto un documento informatico sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate dal DGSIA e dev’essere inviato agli indirizzi PEC rilasciati dal medesimo DGSIA (al link le modalità e gli indirizzi pec e quelli della Cassazione).
In parole semplici: l’atto di impugnazione dev’essere formato con un qualsiasi documento di elaborazione testi (word, pages odt etc.) e dev’essere poi convertito in pdf (c.d. pdf nativo). A questo punto, il pdf dev’essere firmato digitalmente mediante l’utilizzo di un programma di firma digitale (art. 24 comma 6 bis L. cit.).
Se l’atto di impugnazione reca allegati, essi devono essere espressamente indicati nell’atto stesso e devono essere trasmessi “in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all’originale”. In parole semplici: gli allegati devono essere scannerizzati; al documento è consigliabile aggiungere la formula “per conformità alla copia cartacea conservata ai miei atti, ai sensi dell’art. 24 comma 6 bis L. 176/2020”; esso deve quindi essere sottoscritto con firma digitale secondo le modalità che si sono esaminate sopra per la firma dell’atto di impugnazione principale.
Così formati, l’atto di impugnazione e gli eventuali allegati potranno essere trasmessi utilizzando una pec inserita presso il registro generale degli indirizzi certificati di cui all’art. 7 del regolamento del Ministero della giustizia 21 febbraio 2011 n. 44.
Per gli avvocati, com’è noto, sussiste l’obbligo (art. 16 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. con mod. dalla l. 28 gennaio 2009, n. 2), di comunicare all’Ordine di appartenenza il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Gli indirizzi vengono poi comunicati dal COA al Registro Generale. In accordo con quanto regolamentato dal DM 44/2011, il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della Giustizia, contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dei soggetti abilitati esterni ovvero: 1) appartenenti ad un ente pubblico; 2) professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge; 3) ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia (questo non si applica per gli avvocati, il cui specifico ruolo di difensore implica che l’invio dell’albo deve essere sempre fatto dall’ordine di appartenenza o dall’ente che si difende).
In sintesi, quindi, occorre utilizzare la pec che è stata già comunicata al proprio Ordine di appartenenza (e solo quella!), avendo cura di verificare che essa non sia scaduta.
Quanto all’indirizzo pec del destinatario dell’atto di impugnazione, esso va individuato con particolare cautela.
Infatti, l’atto di impugnazione va inviato solo - e soltanto - all’indirizzo pec dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato utilizzando gli indirizzi dedicati e appositamente indicati dal DGSIA (al link gli indirizzi da utilizzare), ex art. 23 comma 6 ter L. cit.
Per esemplificare: occorre utilizzare gli indirizzi del tipo depositoattipenali.tribunale.LUOGO@giustiziacert.it, mentre non è consentito l’utilizzo di indirizzi pec diversi, quali ad esempio quelli delle cancellerie del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (penale.tribunale.LUOGO@giustiziacert.it).
Un’avvertenza non di poco momento: nel caso di presentazione degli atti di impugnazione a mezzo pec non si applica l’art. 582 comma 2 c.p.p.. Anche le parti private, pertanto, dovranno sempre inviare l’atto a mezzo pec all’indirizzo del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e non potranno, come avviene nel caso di deposito cartaceo, depositare l’atto a mezzo pec presso la cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano (art. 24 comma 6 ter, ult. parte, L. cit.).
Per quel che qui rileva, le medesime regole di applicano alle altre impugnazioni (opposizioni ex art. 410, 461, 667, comma 4 c.p.p.). Aggiornamento: successivamente alla pubblicazione di questo contributo, con DM i cui effetti sono in vigore dal 6/2/21, per le sole opposizioni ex art. 410 c.p.p., è stata prevista la modalità di deposito sul portale deposito atti penali (al link maggiori dettagli).
Una deroga è invece prevista per il riesame e per l’appello in materia di misure cautelari personali. In casi simili l’atto di impugnazione a mezzo pec, in deroga al regime previsto dal comma 6 ter che abbiamo appena esaminato, va trasmesso all’indirizzo pec del tribunale distrettuale individuato ai sensi del comma 7 dell’art. 309 c.p.p. (ex art. 24 comma 6 quinquies L. 176/2020).
Un’ulteriore avvertenza va però fatta per le misure cautelari reali. Sebbene il comma 6 quinquies cit. faccia riferimento anche alle cautele reali, al frettoloso legislatore è sfuggito che, in casi simili, il codice di procedura penale prevede la competenza del tribunale circondariale, capoluogo di provincia. Ne segue che l’impugnazione va trasmessa nelle forme ordinarie previste dal comma 6 ter all’indirizzo pec dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato e non a quello del tribunale.
Ultima notazione: sfuggono alle regole del deposito degli atti disciplinato dall’art. 24 L. 176/2020 cit., quelle relative al deposito delle memorie ex art. 415 bis comma 3 c.p.p. alle quali, ai sensi dell’art. 24 cit, commi 1 e 2, si applica il diverso regime di deposito del portale degli atti penali (al link il Manuale) e per i quali è vietato ricorrere all’invio a mezzo pec che abbiamo sin qui esaminato (ex art. 24 comma 6 L. cit.).
Gravi conseguenze sono previste per l’omessa osservanza delle disposizioni in materia di invio degli atti a mezzo pec.
Il comma 6 sexies dell’art. 24 L. cit., prevede infatti che in aggiunta alle cause di inammissibilità previste dal codice (art. 591 c.p.p.) l’impugnazione è altresì inammissibile (art. 24 comma 6 sexies L. cit.) quando:
a) non è sottoscritta digitalmente;
b) gli allegati non sono autenticati digitalmente;
c) l’atto è trasmesso da un indirizzo pec non presente sul ReGIndE;
d) l’atto è trasmesso da un indirizzo pec non intestato al difensore (non è dunque possibile servirsi della pec di un collega)
e) quando l’atto è trasmesso ad una pec dell’ufficio destinatario diversa da quella consentita.
Come detto, in casi simili, è il giudice a quo che dichiara inammissibile l’impugnazione e non è espressamente previsto alcun mezzo di impugnazione avvero tale decisione con tutte le perplessità che si sono segnalate sopra.
Infine, una sanatoria è prevista per tutti gli atti trasmessi prima dell’entrata in vigore della legge, purché inviati secondo le modalità previste dal comma 4 (art. 24 comma decies L. cit.)