24 gennaio 2021

5 domande "a tutto campo" al Professore Andrea Castaldo - di Daniele Livreri


in foto: Andrea Castaldo


1)      1) Andrea, sei stato tra gli accademici che più hanno sostenuto l’esigenza di una riforma del delitto di abuso di ufficio, coordinando anche un team di ricerca per la riforma dell’art. 323 c.p. e avanzando proposte di riforma, che giudizio esprimi della recente novella che ha riformato l’abuso di ufficio?

La riforma va nella giusta direzione di circoscrivere la fattispecie penale attraverso una migliore definizione del fatto tipico. Così, la sanzione penale recupera il ruolo di extrema ratio, censurando i comportamenti realmente offensivi, residuando per gli altri i rimedi di natura civile o disciplinare.
Permane tuttavia qualche perplessità sulla combinazione tra la corposa ‘sforbiciata’ operata sulla condotta e il mantenimento dei precedenti requisiti strutturali, in particolare il dolo intenzionale.
Se da un lato, infatti, l’art. 23 del D.L. “cd. Semplificazioni” propone la sostituzione della locuzione “di norme di legge o di regolamento” dell’art. 323 c.p. con le parole “di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità”, dall’altro lascia invariati, invece, l’evento e l’elemento soggettivo.
Con la Commissione da me presieduta si era addivenuti ad una proposta di riforma tale da consentire al pubblico ufficiale, costantemente preoccupato dal pericolo di incorrere in una violazione avente rilevanza penale, di agire liberamente e serenamente. Il timore infatti genera i fenomeni della fuga dal potere di firma, dell’amministrazione difensiva e, conseguentemente, della scarsa efficienza della Pubblica Amministrazione.

 

2      2) Ti pare che anche altri delitti dei pubblici ufficiali andrebbero riformati per una migliore efficienza della pubblica amministrazione?

Migliorare la performance della Pubblica Amministrazione è un tema a me molto caro. A mio modo di vedere è opportuno scindere interventi legislativi con finalità meramente repressive da quelli aventi come scopo la reale risoluzione, o quanto meno l’attenuazione, del fenomeno della maladministration.
La legge n. 3 del 9 gennaio 2019 “cd. Spazzacorrotti” ha orientato la lotta al fenomeno corruttivo latu sensu verso l’aspetto repressivo con l’inasprimento sanzionatorio sic et simpliciter. Basti pensare all’inserimento di alcuni delitti contro la p.a. nel catalogo dei reati sottoposti al regime di cui all’art. 4-bis, co. 1 ord. penit. Tale disposizione, come è noto, prevede l’esclusione dall’accesso ai benefici penitenziari per coloro che abbiano commesso i reati ivi elencati.
Tuttavia, numerosi dati ed indicatori hanno dimostrato l’effetto solo temporaneo e insoddisfacente della mera “repressione”.
Con la precedente L. 190/2012, “cd. Severino”, sembrava, invece, essersi invertito il trend promuovendo una strategia di prevenzione. E così anche le successive riforme. Cito, a mo’ di esempio, il d.l. 97 del 2016 intervenuto per incentivare la trasparenza amministrativa e il processo di “eticizzazione” della P.A., rafforzando la protezione del whistleblower.

 

3    3) Da accademico che esercita anche la professione forense ti pare che la giurisprudenza talora tenda a interpretazioni delle norme nell’ottica di “tenuta del sistema”?

Consentimi di fare una doverosa premessa. Il “mestiere” di avvocato è un ottimo banco di prova e una formidabile palestra per un approccio concreto, direi pragmatico, alle numerose criticità che affliggono il sistema penale e soprattutto quello processuale.
Proprio da tale osservatorio privilegiato, siamo in grado di verificare come la giurisprudenza abbia assunto, non da poco, un ruolo vicariale o correttivo dell’intervento legislativo. Mi riferisco ad interpretazioni disinvolte che sembrano premiare una giustizia declinata secondo parametri di equità più che di rigida applicazione della legge. Un trend che diventa particolarmente preoccupante laddove avvenga a scapito del divieto di analogia in materia penale.

 

4     4) Hai una vasta esperienza processuale in altri stati, soprattutto di lingua tedesca, cogli una tendenza europea per la quale il Giudice, più del Legislatore, è diventato il signore del diritto?

È quello che osservavo prima.
In Germania, dove mi capita, come avvocato iscritto al Foro di Monaco di Baviera, di esercitare la professione, il “mondo” giudiziario non è comparabile, né per numero di procedimenti penali, né per qualità, né per durata alla realtà italiana. Per quanto riguarda le riforme penalistiche, sono molto limitate e ispirate ad una linea di politica criminale più coerente in termini di razionalità.
In linea di massima, comunque, e semplificando non poco, in ogni ordinamento, maggiore è la porosità del tessuto testuale delle fattispecie penali d’avamposto, in quanto cerniera dello specifico sistema repressivo (come nel caso dell’abuso d’ufficio), maggiore sarà la discrezionalità e l’interpretazione creativa della giurisprudenza.
Seppure ci troviamo in un sistema di Civil Law, la prassi giudiziaria, se consolidata, può assumere senza dubbio una portata legiferatrice, idonea, talvolta, a creare più che ad interpretare.

 

5      5) In queste esperienze fuori dai confini italiani cogli un ruolo diverso dell’avvocatura rispetto all’Italia?    

Trovo che il diritto penale conservi, per fortuna, la solennità e il rispetto che gli è proprio. Non ho avuto al di fuori dei confini italiani la percezione di un ruolo diverso dell’avvocatura. Fare di tutta l’erba un fascio, tuttavia, è sempre sbagliato e le generalizzazioni al contempo lo sono.
Purtroppo penso che un problema serio, in Italia, sia quello del numero eccessivo di avvocati, che produce non soltanto conseguenze negative sul piano reddituale, ma anche sulla qualità del professionista e, non da ultimo, tende a determinare uno scadimento delle relazioni interpersonali con gli altri “attori” del processo penale, quali il Pubblico Ministero ed il Giudice.

(*) Andrea R. Castaldo: è Avvocato penalista del Foro di Napoli e di Monaco di Baviera, nonchè Professore ordinario di Diritto Penale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Salerno. Il Prof. Castaldo è autore di numerosissime pubblicazioni in diverse lingue ed è consulente di svariati Organi ed Enti. Collabora con diversi giornali e rivitse, tra cui Il Sole 24 Ore.

 


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