In questo blog abbiamo dato conto
della relazione del primo presidente della Corte di Cassazione
sull’amministrazione della giustizia nel 2021 (relazione al link).
Nell’autorevole documento il
vertice della Corte regolatrice ha evidenziato alcune criticità del processo a citazione
diretta, criticità manifestate dall’elevate percentuali di assoluzioni, superiori al 50%
delle pronunce di primo grado (pag. 54 e
ss.).
In virtù di tali dati statistici, il primo presidente ha ritenuto <<concludersi per la necessità di un
rinnovato impegno dell’ufficio del pubblico ministero nello svolgimento di
indagini complete e di un serio ed effettivo filtro giurisdizionale per evitare
un inutile dispendio di energie e di costi, oltre che, in primis, la pena
derivante dal semplice fatto di essere sottoposti a processo>>.
Inoltre il vertice giudicante ha
mosso alcune critiche alla prospettiva della riforma c.d. Cartabia di ampliare
il ricorso alla suddetta modalità di esercizio dell’azione penale (cfr. art. 1,
comma, 9, lett. l), seppur in presenza di un novello filtro pre-dibattimentale.
Tuttavia, la relazione del
procuratore generale della medesima Corte ha dispensato numeri e considerazioni
assai diversi (relazione al link).
Infatti per il vertice requirente
l’introduzione dell’udienza filtro nel giudizio monocratico a citazione diretta poggia
sull’assunto che le assoluzioni siano in percentuali molto
elevate.
Nondimeno <<tale assunzione non trova riscontro nell’analisi
statistica approfondita, in quanto - depurate da prescrizione, remissione di
querela, oblazione, messa alla prova ed altro, tutte ipotesi che non escludono
affatto la responsabilità e in alcuni casi la presuppongono - i processi che si
definiscono con le assoluzioni reali negli ultimi tre anni sono poco oltre il
21% delle sentenze>>. Anzi, a mente delle tabelle contenute nella relazione del requirente, le percentuali di assoluzione sono un po' di più innanzi al collegio al quale
A mente della relazione del
procuratore i numeri sono fondati su una relazione redatta dalla DGSTAT su
richiesta del suo ufficio (cfr. nota 4 della relazione).
Si tratta all’evidenza di numeri
che si discostano sensibilmente da quelli richiamati dal primo presidente.
Peraltro già in occasione della
relazione sull’amministrazione della giustizia per l’anno 2019 il procuratore
generale aveva lamentato che l’affermazione secondo cui circa il 50%
delle azioni penali terminava in assoluzione si fondava su uno scarso affinamento del
dato statistico.
Ove quanto sopra non bastasse, sul tema si devono registrare
i dati di uno studio riportato in una recente pubblicazione della professoressa
Cristiana Valentini (“Riforme, statistiche e altri demoni” in Archivio
Penale, n. 3/2021). Nel contributo, la docente si confronta proprio con le
affermazioni da ultimo riportate, pervenendo a risultati diversi: infatti
con riferimento al giudizio innanzi al tribunale monocratico le assoluzioni si
attesterebbero al 37% dei procedimenti.
E’ evidente che su un tema sì
importante, anche per stabilire se e quali riforme adottare, il ministero dovrebbe chiarire definitivamente quale sia il numero
degli assolti e delle assoluzioni rispetto alle imputazioni (dato quest'ultimo altrettanto importante per verificare il buon governo dell’azione penale)
e consentire un facile reperimento dei dati a tutti i cittadini.