Qualche giorno fa la signora Ministro Cartabia ha illustrato al Parlamento la sua relazione sull'amministrazione della giustizia.(relazione al link).
Al di là del merito di quanto riferito in Parlamento, credo che meriti riportarsi la lettera indirizzata al ministero dalla madre di una vittima sul lavoro; lettera che la prof.ssa Cartabia ha utilizzato come premessa al suo intervento.
Quel testo, che riportiamo senza nulla aggiungere, esprime, meglio di tanti altri, il senso della Giustizia e fotografa lo stato della nostra giustizia.
«Illustre Signora Ministro,
Le scrivo questa lettera pubblica per chiedere il Suo conforto, affranta dalla morte sul lavoro di mio figlio Roberto [avvenuta quattro anni prima] e dall’impossibilità di vedere celebrato il processo in tempi ragionevoli.
Ho settantacinque anni e sono vedova. Roberto, il più piccolo dei miei figli, era il mio sostegno in tutto, aveva trentadue anni e viveva con me. […]
Il nostro processo […] non si riesce a celebrare, nonostante rientri in quelli cosiddetti a trattazione prioritaria […]. Il Tribunale […] non è in grado […] di poter far svolgere in sicurezza i processi con più parti a causa della carenza di aule attrezzate, risorse e personale e per questa ragione in un anno e mezzo, da quando è iniziato il dibattimento, a causa di continui rinvii è stato sentito solo uno dei circa venti testimoni. Con questa cadenza il processo di primo grado durerà numerosi anni […].
Sono sicura che morirò prima di vedere la fine di questo processo […] senza poter sapere come e da chi è stato ucciso mio figlio […]
Le scrivo come madre, vedova e umile cittadina, per chiedere il Suo conforto e, nei limiti delle Sue possibilità e competenze, di approfondire la disastrosa realtà di quel tribunale.
Prima di morire, vorrei poter andare sulla tomba di mio figlio Roberto per dirgli che la giustizia terrena ha fatto il Suo corso».