Le SS.UU., con la sentenza n. 14840/23 depositata il 06.04 hanno fornito soluzione ai seguenti quesiti di diritto:
"Se il procuratore generale sia legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, l'ordinanza che ammette l'imputato alla prova (art. 464-bis c.p.p.) e in caso affermativo per quali motivi". (Si rammenti al riguardo come l'art. 464 quater prevede che "contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa").
"Se il procuratore generale sia legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, la sentenza di estinzione del reato pronunciata ai sensi dell'art. 464-septies c.p.p. ".
Orbene, ad avviso delle Sezioni Unite deve essere confermato l'orientamento maggioritario di legittimità, secondo cui il procuratore generale presso la Corte di appello è legittimato ad impugnare, con ricorso per cassazione, l'ordinanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato.
Con specifico riferimento ai vizi deducibili con l'impugnazione, le SS.UU. hanno considerato che l'art. 464 quater <<prevede per i soggetti legittimati il rimedio ad hoc del ricorso per cassazione, senza precisazioni quanto ai vizi deducibili, sicché la facoltà di impugnazione da parte del procuratore generale presso la Corte di appello (al pari del procuratore della Repubblica presso il tribunale), dell'ordinanza ammissiva alla prova potrà avvenire per i motivi consentiti dall'art. 606 c.p.p., relativi a violazioni di legge e a vizi di motivazione, come già evidenziato in motivazione da Sez. U. Rigacci, trattandosi di un rimedio che non soffre limitazioni quanto ai motivi deducibili>>.
Da quanto sopra si ricava che l'ordinanza ammissiva debba essere comunicata al Procuratore generale.
Nondimeno nel caso di omessa comunicazione, il Procuratore generale potrà impugnare il provvedimento congiuntamente alla sentenza che dichiara estinto il reato ex art. 464-septies c.p.p.
Deve tuttavia rilevarsi che i superiori quesiti di diritti inerivano una concreta fattispecie in cui la messa alla prova era stata applicata, pur nel silenzio della legge, ad un Ente, di talché il Massimo Consesso di legittimità ha affermato che:
"L'istituto dell'ammissione alla prova di cui all' art. 168 bis c.p., non trova applicazione con riferimento alla disciplina della responsabilità degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001".