14 giugno 2021

La Riforma del Processo penale - 12 Servizi amministrativi - Le risposte della Dirigente, Caterina D'Angelo (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", ora nella partizione "Il processo che verrà" del nostro blog, ospitiamo l'intervento sul progetto di riforma del giudizio monocratico con quattro domande alla Dirigente, Caterina D'Angelo.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.




Ci piacerebbe conoscere il Suo parere in ordine alla parte della riforma che riguarda l’assunzione del personale di cancelleria e la possibilità, considerate le strutture a disposizione, di far fronte al giudizio di appello monocratico-

Nella previsione della riforma, l’assunzione, straordinaria ed a tempo determinato, di un “contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale” è una delle misure potenzialmente più incisive; tanto più nella prospettiva dell’introduzione di una nuova “competenza della Corte di Appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all’art. 550 del codice di procedura penale”.
Ma se i risultati attesi sono quelli della “celere definizione” e del “contenimento della durata dei procedimenti penali pendenti”, è lecito nutrire seri dubbi sulle concrete probabilità di realizzazione degli obiettivi.
In vero:
  1. Si prevede che il personale sia assunto con “contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi”. Ora, anche ammesso che il reclutamento avvenga nel modo migliore, dunque assumendo persone che, per titoli ed idoneità adeguatamente valutata, diano ragionevoli certezze intorno alle loro capacità di corretto svolgimento dei compiti di volta in volta assegnati, resta il fatto che la concreta operatività esige un addestramento ed un’esperienza sul campo che, sicuramente, non si improvvisano; e la previsione di un contratto di lavoro della durata “massima” di ventiquattro mesi, presumibilmente non prorogabile o rinnovabile, giustifica la conclusione che del personale assunto si dovrà fare a meno proprio quando la sua professionalità avrà raggiunto confacenti livelli.
  2. Anche a voler ritenere che la previsione della nuova competenza della Corte di Appello in composizione monocratica valga a potenziare o, addirittura, a moltiplicare la produttività dei magistrati addetti - e così non è, dato che la complessa disciplina degli standard di rendimento individuale e dei cosiddetti carichi esigibili rende il risultato sperato del tutto illusorio, alla luce dell’insieme di risorse e strutture a disposizione effettiva - , resta il fatto che l’organizzazione del lavoro del personale giudiziario o, più in generale, l’organizzazione degli uffici andrebbe rimodulata, con interventi non semplici né a costo zero (si pensi, per esempio, al lavoro pomeridiano, al fine di consentire la moltiplicazione delle udienze attraverso un utilizzo intensivo delle aule dedicate), e resta il fatto che a tutto ciò andrebbe associata una verosimilmente non agevole riorganizzazione degli studi legali - a meno di prevedere il generalizzato utilizzo del rito camerale non partecipato, rito che, però, oltre a non incontrare, notoriamente, il favore dell’avvocatura, non incontra neppure, notoriamente, il favore della Cedu - . Se poi si consideri che, nella previsione dell’art. 15 del disegno di legge, per consentire lo smaltimento dell’arretrato penale presso le Corti di Appello possono essere nominati, quali “giudici ausiliari” delle Corti medesime, anche professori universitari di prima e seconda fascia, ricercatori e notai, ossia soggetti ovviamente non adusi a trattare, d’ordinario, questioni giudiziarie, il quadro che ne risulta rischia di apparire ancor più problematico.
(*) Caterina D'Angelo: Dirigente della Procura Generale di Palermo. Abilitata all’esercizio della Professione di Procuratore Legale nell’anno 1988 con votazione 70/80. Assunta in data 04/01/1988 dal Ministero di Grazia e Giustizia. Nominata Dirigente con P.D.G. 08/11/2001.Cancelliere - 7^ qualifica funzionale dal 04/01/1988 al 27/12/2001 - presso gli uffici Pretura Circondariale di Trapani e Procura della Repubblica di Palermo. Dirigente - nominata con P.D.G. dell’8/11/2001 – Conferito incarico di dirigente amministrativo della Procura della Repubblica di Termini Imerese dal 28/12/2001. Conferito incarico di reggenza della Procura della Repubblica di Palermo con P.D.G. del 15/10/2014 - dal 15 ottobre 2014 al 31 dicembre 2014

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