31 ottobre 2024

Anche per le intercettazioni col difensore occorre la prova di resistenza. Un errore prospettico della Corte.


Per la Corte di cassazione, nel caso in cui si lamenti l'inutilizzabilità delle captazioni per violazione dell'art. 103 commi 5 e 7 cod. proc. pen., il ricorrente è tenuto ad indicare la rilevanza del dato probatorio (prova di resistenza). In ogni caso, posto che il divieto captativo attiene alla tutela delle garanzie difensive in quanto tali, le conversazioni e comunicazioni inutilizzabili non possono che essere individuate ex post. (sentenza al link)

Tuttavia, la lettura dell'art. 103 c.p.p. che emerge dal principio appena riportato non persuade. Infatti, la violazione del diritto alla riservatezza del rapporto assistito difensore è una violazione del diritto di difesa e quindi dei canoni del giusto processo. Una tale lesione non può essere rilevante nella misura in cui superi una qualche prova di resistenza.    


30 ottobre 2024

L'operatore di Poste Italiane è ancora pubblico ufficiale? La questione alle sezioni unite

 






La sesta sezione penale, con l'ordinanza 31605/2024 al link dubita se, nell'ambito delle attività di "bancoposta" svolte da Poste Italiane s.p.a., la "raccolta del risparmio postale", ossia la raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata per conto della Cassa depositi e prestiti, abbia natura pubblicistica e, in caso positivo, se l'operatore di Poste Italiane s.p.a. addetto alla vendita e gestione di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.


La questione sarà decisa dal e sezioni unite all'udienza del 12 dicembre 2024

Riferimenti normativi: Cod. pen., artt. 357, 358; d.P.R. 14 marzo 2001, n. 144, art. 2; d.lgs. 30 luglio 1999, n. 284, art. 2.


29 ottobre 2024

Se la sentenza di non doversi procedere pronunciata ai sensi dell'art. 420-quater cod. proc. pen. possa essere impugnata con ricorso per cassazione anche prima della scadenza del termine previsto dall'art. 159, ultimo comma, cod. pen.

 




Ricorrente: A. O. Relatore: A. Scarcella Data udienza: 26 settembre 2024

Riferimenti normativi: Cost., art. 111, comma settimo; cod. proc. pen., artt. 420-quater, 568, comma 2, 606, comma 1; cod. pen., art. 159.

Ordinanza di rimessione: 23056/2024 della terza sezione penale al link

soluzione

Affermativa. Il provvedimento è ricorribile per cassazione ad opera delle parti per tutti i motivi elencati nell'art. 606, comma 1, cod. proc. pen.

28 ottobre 2024

In morte di un inutile formalismo - Impugnazione ed elezione di domicilio: l’informazione provvisoria delle Sezioni Unite






CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONI UNITE PENALI
INFORMAZIONE PROVVISORIA

 

Questione controversa:
Se ai fini della perdurante applicazione della disciplina contenuta nell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - si debba avere riguardo alla data della sentenza impugnata ovvero alla data di presentazione dell'impugnazione.
Se la previsione, a pena di inammissibilità, del deposito, insieme con l'atto di impugnazione delle parti private e deidifensori, deila dichiarazione oelezione di domicilio aifini della notificazione del decreto dicitazione a giudizio (art. 581, comma 1-ter, cod. pen.), debba essere interpretata nelsenso che, ai fini indicati, sia sufficiente la sola presenza in atti della dichiarazione o elezione di domicilio, benché non richiamata nell'atto di impugnazione od allegata al medesimo.

 

Soluzione adottata:
La disciplina contenuta nell'art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. - abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 - continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024.
La previsione ai sensi dell'art, 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. deve essere interpretata nel senso che è sufficiente che l'impugnazione contenga il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire I'immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione.
Riferimenti normativi:
Cod. proc. pen., artt. 581, 164; d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150; legge 9 agosto 2024, n. 114.

25 ottobre 2024

Legittima la revoca, in executivis, della sospensione condizionale anche se il giudice d'appello conoscesse della causa ostativa

Le Sezioni Unite, richiamando l'effetto devolutivo dell'impugnazione, hanno affermato il seguente principio di diritto: <<è legittima la revoca, in sede esecutiva, della sospensione condizionale della pena disposta in violazione dell'articolo 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di una causa ostativa ignota al giudice di primo grado e nota a quello d'appello, a cui il punto non sia stato devoluto con l'impugnazione>>. (sentenza al link)

Nel caso di specie il 20 luglio 2015 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale in assenza di un certificato del casellario giudiziale aggiornato, così non avvedendosi di stare incorrendo in una violazione di legge, poiché l'imputato aveva in precedenza riportato ben cinque sentenze di condanna a pena detentiva per delitto, ottenendo peraltro la sospensione condizionale già in due occasioni.

Il certificato del casellario giudiziale aggiornato era invece agli atti del fascicolo della Corte di appello, la quale il 21 luglio 2017 riformava, avuto riguardo ad altri aspetti, la sentenza di prime cure. Il giudice d'appello non era investito da alcuna censura riguardo alla concessione della sospensione condizionale. 

Con ordinanza del 3 maggio 2023, la Corte di appello di Reggio Calabria, nell'esercizio delle funzioni di giudice dell'esecuzione, disponeva la revoca della sospensione condizionale della pena applicata.

La difesa dell'imputato interponeva ricorso, adducendo che il giudice di appello ha il potere di revocare la statuizione di sospensione condizionale della pena, adottata dal giudice di primo grado, quando, sulla base degli elementi emergenti dagli atti, ritenga che il beneficio sia stato concesso in violazione di legge. Né occorre- ad avviso del ricorrente- affinché il potere di revoca possa legittimamente essere esercitato, che sia stata proposta impugnazione sul punto o che l'esercizio del potere di revoca sia stato sollecitato; e ciò perché il giudice di appello ha il dovere di verificare la correttezza del provvedimento concessorio del giudice di primo grado.

Doveva dunque, secondo l'imputato, ritenersi intervenuta una valutazione, per quanto implicita, del giudice della cognizione che avrebbe impedito un nuovo scrutinio del giudice dell'esecuzione. 

Le Sezioni Unite hanno tuttavia disatteso la censura, enunciando il principio di diritto sopra riportato. 

Tuttavia, non può sottacersi che nella vicenda si appalesano errori dell'amministrazione della giustizia che hanno condotto a revocare un beneficio contenuto pur sempre in un giudicato ad anni di distanza.

Infatti, seppur l'errore del Giudice risalisse al 2015, la revoca del beneficio interveniva in executivis soltanto nel 2023. A fronte del trascorrere del tempo, davvero il cittadino condannato non può in qualche modo fare affidamento su una situazione consolidata ?  Davvero non devono prevedersi forme compensative ?  



24 ottobre 2024

Per escludere la continuazione non basta il difetto di un singolo indice

 

La prima sezione della Corte di cassazione ha rilevato che al fine di escludere il riconoscimento della continuazione il giudce dovrà procedere ad una valutazione complessiva degli indici elaborati dalla giurisprudenza, non potendosi limitare a rilevare il difetto di un solo indice.  (sentenza al link)


23 ottobre 2024

La prescrizione dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio. Termini massimi di durata

 




La prescrizione dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche in sede di legittimità, a causa della natura pubblicistica della materia e dell’interesse superindividuale dello Stato e della comunità intermedia, quale l’ordine professionale.

Ai sensi dell’art. 56 L. n. 247/2012, l’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni (comma 1), che decorre dalla commissione del fatto o dalla cessazione della sua permanenza; l’interruzione della prescrizione fa decorrere un nuovo termine di cinque anni (comma 3), ma in nessun caso il termine prescrizionale complessivo può essere superiore a sette anni e sei mesi, scomputato il tempo delle eventuali sospensioni.


22 ottobre 2024

Il provvedimento abnorme non è ricorribile se non vi è interesse a impugnare.


La Corte di Cassazione, pur ritenendo abnorme il provvedimento con cui il giudice, dopo aver ammesso il rito abbreviato, pronunciava sentenza di patteggiamento, ha statuito che il ricorso che deduce il citato vizio è inammissibile in quanto difetta l'interesse della parte. 

La pronuncia manifesta un comprendersi ad opera della Corte sempre meno come organo di legittimità e sempre più come giudice del caso concreto (sentenza al link).   

  

21 ottobre 2024

Separazione delle carriere: 5 domande al Professore Giorgio Spangher

 



Domanda n. 1:  Lei è favorevole alla proposta governativa o immagina altre modalità?

Si possono prospettare soluzioni diverse in astratto.

Su due punti la mia opinione non prevederebbe la parità tra laici e togati e non sono favorevole al sorteggio secco. 

Non sono favorevole a prevedere che l'azione penale si eserciti nei casi e nei modi previsti dalla legge


Domanda 2: l’ordinamento giudiziario può rimanere indifferente al tipo processuale adottato, soprattutto dopo la riforma dell’art. 111 Cost.?

Il csm attuale corrisponde alla visione che il costituente aveva nel 1948 della giurisdizione e del processo penale. Cioè il concetto di autorità giudiziaria che vedeva pm e giudice svolgere l'istruzione sommaria e formale in condizioni omogenee.

Questo virus accompagna ancora il nostro sistema processuale nella fase investigativa ed è stato alla base delle sentenze costituzionali del 1992

Con la riforma dell' art 111 Cost. il sistema ordinamentale non è coassiale.



Domanda 3: A fronte dei paventati timori di soggezione del Pubblico Ministero al potere esecutivo, non è un argine sufficiente la previsione costituzionale dell’art. 104 Cost., che rimarrà invariata, secondo cui “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”?

Sicuramente sì. Del resto l’Anm resterà unita 

Ma io faccio una ulteriore considerazione sul punto.

Ma si può onestamente pensare che una eventuale subordinazione non determinerebbe forti reazioni politiche interne ma soprattutto si può pensare che l Europa le sue istituzioni politiche e giudiziarie resterebbero indifferenti? Pensate alle polemiche con l'Ungheria Israele....



Domanda 4: Un altro rischio che viene spesso invocato contro la separazione delle carriere è quello della trasformazione cui andrebbe incontro il Pubblico Ministero, perdendo la cultura giurisdizionale. Al riguardo Le chiedo un chiarimento: siamo sicuri che attualmente non possa esserci un rischio opposto, cioè un’attrazione del Giudice nella cultura dell’inquisitorietà del requirente?

Infatti  oggi il sistema vede il giudice attratto nella logica inquisitoria e conservatrice delle attività del pubblico ministero.

I più avveduti giudici infatti evidenziamo lo strapotere delle procure e cercano di risolvere il problema con le CD finestre di giurisdizione.

Si tratta di un tentativo parziale e sufficiente  ma che comunque evidenzia la questione di fondo.


Domanda 5: In ogni caso, anche se il Pubblico Ministero dovesse trasformarsi in un “avvocato dell’accusa”, la sua dimensione pubblica non integrerebbe una garanzia contro la violazione dell’imparzialità?

Il pm  svolga il suo ruolo nel rispetto della legge. 

L’elemento essenziale che ci sia un giudice garante dei diritti costituzionali e sovranazionali per l'imputato e le vittime 

Deve essere la politica a definire gli ambiti di competenza


18 ottobre 2024

Travisamento della prova e ricorso per cassazione

 





Il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", e cioè di condanna in primo e secondo grado, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013). Inoltre, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello di conferma si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013).
Si legge in sentenza:
Fondato è invece il motivo relativo alla omessa concessione della attenuante di cui all’art. 116 cod. pen.; al proposito va ricordato come secondo l’indirizzo di questo giudice di legittimità la responsabilità del compartecipe per il fatto più grave rispetto a quello concordato, materialmente commesso da un altro concorrente, integra il concorso ordinario ex art. 110 cod. pen., se il compartecipe ha previsto e accettato il rischio di commissione del delitto diverso e più grave, mentre configura il concorso anomalo ex art. 116 cod. pen., nel caso in cui l’agente, pur non avendo in concreto previsto il fatto più grave, avrebbe potuto rappresentarselo come sviluppo logicamente prevedibile dell’azione convenuta facendo uso, in relazione a tutte le circostanze del caso concreto, della dovuta diligenza ...
I suddetti principi devono essere poi applicati al caso del rapporto tra i delitti di cui agli artt. 624-625 e 628 cod. pen. e cioè tra programmato furto e realizzata rapina quando, uno dei concorrenti, rimasto estraneo alla fase esecutiva in cui sia stata posta in essere l’azione minacciosa o violenta, abbia materialmente o moralmente prestato il proprio contributo al delitto originariamente programmato di semplice sottrazione di cosa altrui ...
l’impugnata sentenza deve essere annullata per una nuova valutazione dei suddetti criteri, avendo, i giudici di appello, applicato il concorso ex art. 110 cod. pen. che Impone la rappresentazione dell’evento più grave e l’accettazione del rischio pur a fronte di una ricostruzione in termini di sola prevedibilità dell’evento più grave; difatti, la corte perugina, dapprima nelle ultime righe di pag. 9 afferma come " non vi è difficoltà a comprendere come C. ben potesse presumere e/o prevedere che le gesta criminali dei suoi complici potessero degradare in una possibile rapina" ed, ancora, nella successiva p.10 cita quale massima di legittimità di riferimento quella pronuncia (Cass. 49443/2018 cit.) che, nel fare riferimento all’ipotesi dello sviluppo logicamente prevedibile del programmato delitto di furto con l’uso della violenza o minaccia...dopo la sottrazione della cosa, annullava la pronuncia di appello che aveva affermato il concorso pieno ex art. 110 cod. pen. proprio al fine di valutare la sussistenza della ipotesi di cui all’art. 116 cod. pen..
Entrambi i riferimenti all’ipotesi della sola prevedibilità pur in concreto del più grave delitto di rapina piuttosto che alla sussistenza di elementi specifici per affermare l’accettazione iniziale del rischio devono, pertanto, fare ritenere come la motivazione espressa dalla corte di appello sia affetta da contraddittorietà e violazione di legge quanto alla precisa individuazione concreta del criterio distintivo tra concorso pieno e concorso anomalo ...
Entrambe le pronunce di merito, pertanto, hanno errato nel ricollegare il concorso ex art. 110 cod. pen. alla sola prevedibilità dell’evento più grave

17 ottobre 2024

❌ "Pacchetto sicurezza": deliberata astensione❌


 La Giunta dell'UCPI ha deliberato, nel rispetto del Codice di Autoregolamentazione, l’astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria nel settore penale per i giorni 4, 5 e 6 novembre 2024, con riguardo ai contenuti del c.d. pacchetto sicurezza (delibera UCPI)

Ricorso per cassazione limiti applicabilità maggior termine per impugnare , ex 585 comma 1 bis.

La settima sezione, nel rilevare l'intempestività di un ricorso, ha considerato che nel caso di procedimento cartolare in appello l'imputato appellante non può considerarsi "giudicato in assenza", con la conseguenza  che non si computano in suo favore gli ulteriori quindici giorni per impugnare, ex art. 585 comma 1 bis cod. proc. pen.. L'ordinanza ha richiamo a sostegno i seguenti arresti: Sez. 6, n. 49315 del 24/10/2023, L., Rv. 285499 - 01; Sez. 7, n. 1585 del 07/12/2023, dep. 2024, Rv. 285606 - 01; Sez. 2, n. 5193 del 13/12/2023, dep. 2024. (ordinanza al link)

16 ottobre 2024

Società di capitali: il legale rappresentante ha potere querelatorio.

 

 La settima sezione ha confermato l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui  «il legale rappresentante di una società di capitali è legittimato, in mancanza di uno specifico divieto statutario o assembleare, a sporgere la querela senza necessità di specifico e apposito mandato, in quanto titolare dei poteri di gestione e di rappresentanza per tutti gli atti rientranti nell'oggetto sociale e per le attività funzionali al raggiungimento degli scopi della società, rilevando, a tal fine, non già la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, ma la verifica in concreto dei poteri e della facoltà conferite» (Sez. 2, n. 45402 del 25/09/2019, Rv. 277767)>> (ordinanza al link)

15 ottobre 2024

Frode in pubbliche forniture: qual è il momento consumativo ? La Corte sposta in avanti il tempo della perpetrazione e ripete il suo dictum sul 521 c.p.p.


La Corte di cassazione, investita della questione del momento consumativo del reato di cui all'art. 356 c.p., ha <<rammentato che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che il momento consumativo del reato di cui all'art. 356 cod. pen., nel caso di prestazioni complesse e progressive, coincide con il momento in cui la P.A. è messa in condizione di compiere le attività di verifica e controllo (Sez. 6, n. 9081 del 23/11/2017, dep. 2018, Rv. 272384). Il momento consumativo presuppone infatti il compimento di una attività di verifica svolta dal contraente pubblico in grado di disvelare il mancato adempimento del contratto nei suoi profili essenziali, che viene fatto coincidere con la contestazione di specifici vizi o inadempienze all'appaltatore, non essendo sufficiente una qualsiasi difformità nell'esecuzione della prestazione o la mera interlocuzione fra le parti (Sez. 6, n. 38346 del 15/05/2014, Rv. 260269)>>. (sentenza al link)

La sentenza si segnala inoltre per avere ribadito la posizione, invero scarsamente garantisca della giurisprudenza di legittimità, in tema di violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza ex art. 521 c.p.p.. Infatti la Corte ha affermato che  <<l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051)>>. 

Si tratta di una affermazione largamente diffusa in giurisprudenza, ma nienete affatto condivisibile. Sul tema rimettiamo alle osservazioni svolte nel convegno "L'imputazione in cerca di una fisionomia", (trascrizione al link), limitandoci a rilevare che la difesa si estrinseca nella sua pienezza attraverso una serie di scelte operate sulla scorta della "imputazione contestata" (così la rubrica dell'art. 521 c.p.p.), se la nozione di imputazione coincide con ciò che emerge nel processo, salvo il limite di trasformazioni radicali, non vi è nessuna reale scelta difensiva.       

14 ottobre 2024

Separazione delle carriere: ma davvero il numero di proscioglimenti confuta la necessità della riforma ?

 


Tra coloro che avversano la riforma delle carriere dei magistrati, alcuni invocano l’alto numero dei proscioglimenti.

La tesi è stata propugnata recentemente dal professor Mitja Gialuz in un articolo pubblicato su Sistema penale[1]. L’accademico sostiene che <<la percentuale di assoluzioni pronunciate in prime cure sembra sconfessare in modo oggettivo il denunciato appiattimento del giudice sul PM: nel 2019, il 50% delle pronunce del tribunale monocratico è dato da proscioglimenti, di cui 39% di assoluzioni nel merito; nel collegiale i proscioglimenti (sempre nello stesso anno) sono stati il 35%>>[2]. Si tratta di un dato statistico già riportato nella monografia “Giustizia per nessuno[3] e ripreso, in questo blog, dal Presidente della sezione distrettuale dell’ANM, dr. Giuseppe Tango. 

Personalmente ritengo il riferimento alle percentuali di prosciolti e condannati privo di una qualche forza persuasiva rispetto al tema che ci impegna, verosimilmente dovendosi collegare i dati statistici al concreto assetto delle varie tipologie processuali, soprattutto ai riti alternativi ampiamente intesi. Del resto nella citata monografia si spiegava lo scarso numero di proscioglimenti in Francia, dato oggi menzionato per avversare la riforma, richiamando anche il significativo successo di "schemi accelerati consensuali" che quasi mai terminano con un esito liberatorio [4].

Ma, in ogni caso, a volere sostenere che la percentuale di prosciolti rivesta una qualche valenza  euristica rispetto alla separazione delle carriere, non pare  che il dato statistico conforti le posizioni di chi avversa la riforma.  

Anzitutto il dato richiamato dal prof, Gialuz si riferisce agli esiti del solo processo ordinario[5].Ma al di là di ciò, proprio leggendo la monografia prima citata, ci si può accorgere che la percentuale di condanne definitive dal 1987 al 1993 crebbe di ben 43 punti percentuali, passando dal 35 al 78%[6] e mantenendosi su tali livelli per almeno 3 anni[7]. Si noti peraltro che il residuo 22% riguardava tutte le formule di proscioglimento, sicchè il numero di assoluzioni risultava ancora minore.

Allora, ad allargare lo sguardo ad altre annualità rispetto a quella citata dal professor Gialuz, si dovrebbe concludere come periodicamente ricorra il “denunciato appiattimento”, per riprendere il sintagma impiegato dall'accademico. Sarebbe peraltro interessante analizzare come mai il consistente incremento di condanne prima riportato si sia verifcato in una stagione particolare della nostra storia giudiziaria, come quella dei primi anni '90.

E’ necessario poi svolgere un’ulteriore considerazione. Se gli esiti definitori del primo grado di giudizio costituiscono la cartina tornasole dell’indipendenza dei giudici, l’unico esito che si dovrebbe richiamare è quello assolutorio e non certamente i proscioglimenti in generale.  

Al riguardo nell’articolo pubblicato su Sistema Penale si indica che nel 2019, a fronte del 50% di proscioglimenti innanzi al Tribunale monocratico, le assoluzioni ne costituivano il 39%, diversamente per il Tribunale collegiale si riporta il solo dato aggregato dei proscioglimenti. Tuttavia i dati mancanti si possono ricavare proprio dalla citata monografia, ove può rilevarsi come innanzi al Tribunale collegiale le assoluzioni nel 2019 rappresentavano il 30% dei proscioglimenti e innanzi alla Corte di assise appena il 21% di questi.

Ora, è agevole cogliere che, nell’anno preso in considerazione dal professor Gialuz, le assoluzioni ex art. 530 c.p.p. erano pur sempre inferiori al 20% di tutti gli esiti definitori. 
Davvero sono percentuali così rilevanti da potere confutare in modo oggettivo e definitivo gli argomenti dei riformatori, per come preteso dai detrattori della riforma?
 
In sintesi, se si dovesse aderire alla prospettiva che il numero dei proscioglimenti abbia un valore nel tema che ci occupa, lo rivestirebbero a sostegno della riforma e non contro di essa.  



[1] M. GialuzOtto proposizioni critiche sulle proposte di separazione delle magistrature requirente e giudicante”, in Sistema penale, 30.09.2024.

[2] M. GialuzOtto proposizioni critiche sulle proposte di separazione delle magistrature requirente e giudicante”, in Sistema penale, 30.09.2024.

[3] M. Gialuz – J. Della Torre, “Giustizia per nessuno”, p. 149.

[4] M. Gialuz – J. Della Torre, “Giustizia per nessuno”, p. 153.

[5] Lo si ricava combinando le tabelle n. 30 e 31 riportate rispettivamente a pag. 147 e 149 della citata monografia.

[6] Cfr. M. Gialuz – J. Della Torre, “Giustizia per nessuno”, p. 146.

[7] La tabella riportata nel testo citato si arresta al 1995, seguendo poi altra tabella a far data dal 2010.    

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