Le Sezioni Unite, richiamando l'effetto devolutivo dell'impugnazione, hanno affermato il seguente principio di diritto: <<è legittima la revoca, in sede esecutiva, della sospensione condizionale della pena disposta in violazione dell'articolo 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di una causa ostativa ignota al giudice di primo grado e nota a quello d'appello, a cui il punto non sia stato devoluto con l'impugnazione>>. (sentenza al link)
Nel caso di specie il 20 luglio 2015 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale in assenza di un certificato del casellario giudiziale aggiornato, così non avvedendosi di stare incorrendo in una violazione di legge, poiché l'imputato aveva in precedenza riportato ben cinque sentenze di condanna a pena detentiva per delitto, ottenendo peraltro la sospensione condizionale già in due occasioni.
Il certificato del casellario giudiziale aggiornato era invece agli atti del fascicolo della Corte di appello, la quale il 21 luglio 2017 riformava, avuto riguardo ad altri aspetti, la sentenza di prime cure. Il giudice d'appello non era investito da alcuna censura riguardo alla concessione della sospensione condizionale.
Con ordinanza del 3 maggio 2023, la Corte di appello di Reggio Calabria, nell'esercizio delle funzioni di giudice dell'esecuzione, disponeva la revoca della sospensione condizionale della pena applicata.
La difesa dell'imputato interponeva ricorso, adducendo che il giudice di appello ha il potere di revocare la statuizione di sospensione condizionale della pena, adottata dal giudice di primo grado, quando, sulla base degli elementi emergenti dagli atti, ritenga che il beneficio sia stato concesso in violazione di legge. Né occorre- ad avviso del ricorrente- affinché il potere di revoca possa legittimamente essere esercitato, che sia stata proposta impugnazione sul punto o che l'esercizio del potere di revoca sia stato sollecitato; e ciò perché il giudice di appello ha il dovere di verificare la correttezza del provvedimento concessorio del giudice di primo grado.
Doveva dunque, secondo l'imputato, ritenersi intervenuta una valutazione, per quanto implicita, del giudice della cognizione che avrebbe impedito un nuovo scrutinio del giudice dell'esecuzione.
Le Sezioni Unite hanno tuttavia disatteso la censura, enunciando il principio di diritto sopra riportato.
Tuttavia, non può sottacersi che nella vicenda si appalesano errori dell'amministrazione della giustizia che hanno condotto a revocare un beneficio contenuto pur sempre in un giudicato ad anni di distanza.
Infatti, seppur l'errore del Giudice risalisse al 2015, la revoca del beneficio interveniva in executivis soltanto nel 2023. A fronte del trascorrere del tempo, davvero il cittadino condannato non può in qualche modo fare affidamento su una situazione consolidata ? Davvero non devono prevedersi forme compensative ?