17 maggio 2021

La Riforma del Processo penale - 8.1 la riforma della prescrizione - Le risposte del giudice, Francesca Zavaglia (*)

Per la rubrica "La Riforma del Processo Penale", pubblichiamo l'intervento del giudice, Francesca Zavaglia relativo alla sezione "Prescrizione" della riforma.
La nuova rubrica sottopone alcune domande a un giudice, un pubblico ministero, un avvocato e ad un docente universitario.
Il piano completo dell'opera è consultabile sulla pagina dedicata di questo blog (link).
Il progetto di legge per la “DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI”, è all’esame, in sede referente, della Commissione Giustizia della Camera dei deputati, che ha anche svolto numerose audizioni inerenti il testo della riforma.


1. Il legislatore intende riformare per la terza volta, dal 2017, l’art. 159 c.p.p.: non era meglio riformare l’istituto della prescrizione nel suo complesso?
La riforma complessiva della prescrizione è impresa sempre ardua perché sul campo ci sono grandi tematiche che vanno dalle cause strutturali della eccessiva durata dei processi, alle risorse effettive di cui gode il sistema Giustizia fino ad involgere principi fondamentali quali quello della stessa obbligatorietà dell’azione penale. Si tenga poi sempre a mente che, stante la natura sostanziale dell’istituto, le riforme della prescrizione determinano, qualora introducano clausole dotate di effetto in bonam partem, effetto retroattivo e difficilmente sono scevre da problematiche interpretative.
Si tratta pertanto di “scosse” inferte al sistema processuale che non ne agevolano certo la funzionalità complessiva e sono auspicabili solo se fondate su principi certi e condivisi e quindi dotate di lunga prospettiva di vigenza temporale. Valga la pena a questo proposito rammentare che la stessa riforma sulla prescrizione introdotta con l. 103/2017, la c.d. “riforma Orlando”, trova le sue radici negli effetti derivati dalla modifica dell’istituto attuata con la l. 251/2005, la c.d. “ex Cirielli”, la quale, sostituendo il “sistema a fasce” previgente, ha notevolmente ristretto i termini di prescrizione per numerose fattispecie di reato, comportando - anche a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 11/10/2006 n. 393, ritenne incostituzionale l’opzione adottata dalla disciplina transitoria di subordinare l’efficacia retroattiva della lex mitior alla formalità dell’avvenuta apertura del dibattimento - che numerosi processi, già giunti al vaglio dibattimentale, siano terminati con sentenze dichiarative di estinzione del reato. Ciò con un evidente “spreco” di risorse materiali e umane e nello smarrimento delle parti processuali, in particolare modo le parti civili costituite.
L’Italia, negli anni a seguire la riforma della prescrizione introdotta con la “ex Cirielli”, è stata più volte sollecitata in ambito internazionale a modificare il regime dell’istituto sì da garantire che in particolare alcuni reati, quali quelli contro la pubblica amministrazione o i reati tributari, abbiano una possibilità concreta di giungere ad accertamento e connessa sanzione.
Da operatore del sistema, quindi, temo le riforme che introducono il germe di riforme che inevitabilmente verranno perché tocco con mano i costi di questi “esperimenti”. Non intendo però sostenere che la prescrizione, nel sistema ad oggi vigente così come stratificatosi ad opera delle varie modifiche normative e degli interventi della Corte costituzionale, non meriterebbe un ripensamento generale. Invero, anche alcuni capisaldi su cui si basa l’istituto mostrano le loro criticità. Così, se è vero che dalla maggiore gravità del reato e dal particolare allarme sociale generato derivi una «resistenza all’oblio nella coscienza comune più che proporzionale all'energia della risposta sanzionatoria» (Corte cost. sent. 8/4/2014, n. 143), d’altro canto è agevole rilevare che talvolta i reati gravi presentano profili di accertamento assai più semplici rispetto a reati sanzionati meno gravemente. Mentre per un delitto di rapina aggravata, magari commesso da soggetto recidivo, la prescrizione sostanzialmente non esiste, alcune contravvenzioni (spesso rilevate dopo un determinato lasso temporale dal loro compimento e che certamente non possono “beneficiare” dello status soggettivo del recidivo) hanno difficoltà a raggiungere in tempo una tappa che ne decreti la sopravvivenza.

2. Nel merito della riforma è stato osservato che la novella introdurrebbe una distinzione tra condannato e assolto, all’esito del primo grado di giudizio, lesiva della presunzione di innocenza, quale il suo giudizio al riguardo?
Non ritengo che sia ravvisabile un tale pregiudizio, che tale non era nel sistema introdotto dalla “l. Orlando”, secondo il quale - si rammenta - il corso della prescrizione era sospeso dal deposito della motivazione della sentenza di condanna (di primo grado o di appello) sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza del grado successivo di giudizio, per un tempo comunque predeterminato e “recuperabile” in caso di sopravvenuto proscioglimento o annullamento della condanna.
Dai lavori preparatori della l. 103/2017 si evince che il nucleo della riforma faceva leva proprio sulla sentenza di condanna di primo grado che «affermando la responsabilità dell’imputato, non può che essere assolutamente incompatibile con l’ulteriore decorso del termine utile al cosiddetto oblio collettivo rispetto al fatto criminoso commesso»Si era scelto, però, di non far cessare da quel momento la prescrizione (come avviene oggi), ma di introdurre “specifiche parentesi di sospensione” per permettere lo svolgimento dei giudizi impugnatori, così impedendo che cadesse la scure della prescrizione dopo il riconoscimento della fondatezza della pretesa punitiva dello Stato consacrata dalla sentenza di condanna non definitiva, evenienza che il sistema Giustizia ha avvertito come intollerabile. Detto in altre parole, l’intervento di una pronuncia di condanna, anche solo in primo grado, è evento processuale che non può essere considerato neutro ai fini del decorso della prescrizione ovvero assimilabile ad una pronuncia assolutoria: non lo è per l’imputato, il cui diritto a non essere più giudicato per il decorso del tempo recede a fronte di una pronuncia, pur non irrevocabile, di responsabilità; non lo è per le vittime, nei cui riguardi la pronuncia aumenta le aspettative; non lo è per il sistema intero, che ha prodotto un risultato, ancorché parziale.

3. L’art. 14 del progetto di legge prevede la sospensione del corso della prescrizione ove venga appellata la sentenza di assoluzione, se almeno uno dei reati per cui è proposto il gravame si prescriva entro un anno dal termine di cui all’ art. 544 c.p.p. Non era più corretto prevedere la sospensione soltanto per il reato prossimo a prescriversi?
La norma in commento, invero, si connota di determinatezza (fissando un criterio temporale certo) rispetto alla “prossima prescrizione”, che lascerebbe maggiore incertezza interpretativa, quindi non mi pare censurabile nella sua più precisa formulazione.
Mi limito a notare, però, la peculiarità del dies a quo da cui scatta la condizione processuale prevista per la sospensione della prescrizione (che, altrimenti, nel congegno normativo previsto, in ipotesi assoluzione, non opererebbe), fissato nella scadenza del termine per la stesura della motivazione e non dalla pronuncia della sentenza. In tal modo si conferisce al giudice il potere di far scattare o meno la condizione a seconda del termine che lo stesso individua per la stesura dei motivi della sentenza (ad esempio, i termini di prescrizione del reato potrebbero non maturerebbe entro l’anno in caso di motivazione contestuale ed invece rientrare in tale ipotesi in caso di motivazione differita). E si rammenta che il giudice non è tenuto a motivare sui termini indicati per la stesura dei motivi, sì da potere ritenere eccessivo ed incontrollato l’esercizio tale potere, foriero di queste innovative conseguenze in tema di prescrizione. Ancora, si evidenzia che, normalmente, i tempi necessari alla stesura della motivazione della sentenza non determinano alcuna sospensione della prescrizione, siffatta sospensione potendo verificarsi solo nel caso degli imputati sottoposti a custodia cautelare per i quali il giudice disponga la sospensione dei termini di custodia ex art. 304 lett. c) e c bis) c.p.p., con ordinanza adottata de plano (appellabile avanti al Tribunale del Riesame ex art. 310 c.p.p.) che fa scattare anche la sospensione della prescrizione del reato a norma dell’art. 159 co. 1 c.p..


Art. 14.

Disposizioni in materia di sospensione della prescrizione 

1. 1. All’articolo 159 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, dopo le parole: «dalla pronunzia della sentenza» sono inserite le seguenti: «di condanna »;

b) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti: 

«La prescrizione riprende il suo corso e i periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione, quando la sentenza di appello proscioglie l’imputato o annulla la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne dichiara la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 o 5-bis, del codice di procedura penale;

quando viene proposta impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento e almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro un anno dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione, il corso della prescrizione è altresì sospeso: 1) per un periodo massimo di un anno e sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il giudizio di appello; 2) per un periodo massimo di sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva; 

i periodi di sospensione di cui al quarto comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione quando la sentenza che definisce il giudizio in grado di appello, anche se emessa in sede di rinvio, conferma il proscioglimento. Se durante i termini di sospensione di cui al quarto comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente».  


(*) Francesca Zavaglia: in Magistratura dal 1999,  ha svolto le funzioni di pubblico ministero, giudice dibattimentale, giudice d’appello, GIP/GUP. Dice di sé: <<ho fatto sempre e solo penale, la mia croce e delizia ... >>.

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