11 aprile 2021

Per una nuova “penalistica civile” - di Francesco Calabrese (*)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il contributo del Collega Francesco Calabrese, del Foro di Reggio Calabria. Uno spunto di riflessione sul ruolo politico dell'Avvocatura, che è mancato negli ultimi anni, e sui rapporti con l'Accademia. La politica è l'occupazione degli spazi vuoti: abbandonare il campo, per la teoria dei vasi comunicanti, produce disequilibri.












Per una nuova “penalistica civile” - di Francesco Calabrese (*)


Lo spunto di questa riflessione mi viene nell’aver assistito ad un interessantissimo convegno organizzato dall’Università degli studi di Palermo sul tema del populismo penale e del populismo genere.

Due delle relazioni del convegno (dei Prof.ri Massimo Donini e Giovanni Fiandaca) si sono incentrate, con varietà di temi di analisi, sulla natura endemica che il fenomeno populistico ha assunto nel nostro Paese; e soprattutto, sull’assoluta peculiarità che ha rappresentato in ambito penalistico. E ciò sia che si voglia ritenere che, secondo alcuni, addirittura sia stato la causa della deriva di delegittimazione dell’elite politica; sia che si voglia ritenere che, in realtà, sia si sia trattato di un effetto o comunque di un fenomeno parallelo che si muoveva di pari passo rispetto al fenomeno populistico vero e proprio.

A conclusione della relazione, tanto il professore Massimo Donini quanto il professore Giovanni Fiandaca hanno richiamato la prospettiva di una nuova “penalistica civile” che possa costituire un argine rispetto alle derive che il processo penale ha assunto ormai da più di 20 anni.


La penalistica civile è, in realtà, la denominazione postuma che Mario Sbriccoli (indimenticato studioso di storia del diritto) ha dato ad un fenomeno che è nato e si è sviluppato in Italia sul finire del XIX e gli inizi del XX secolo, per contrastare la introduzione di un nuovo modo di vedere il processo penale (ed ancor prima il reo ed il reato) derivante dagli apporti positivistici. La così denominata “scuola positiva”, infatti, ebbe a quel tempo (anche per il livello dei suoi rappresentanti) un grandissimo successo e mirava a sovvertire le basi stesse del diritto penale liberale ricostruendo un profilo di penalità del tutto nuovo ed originale.

Rispetto a questo fenomeno, alcuni studiosi di particolare sensibilità si batterono per riaffermare la assoluta imprescindibilità del rispetto dei canoni fondamentali del diritto penale liberale. Tra questi, Luigi Lucchini e la sua Rivista penale che intavolò una lunga polemica con gli epigoni della scuola positiva, polemica che condusse, poi, Arturo Rocco, in sede di emanazione del codice del 1930, ad assumere una posizione di compromesso ma a non cedere alle spinte del positivismo. Questo movimento venne specificamente denominato da Sbriccoli “penalistica civile” proprio per evidenziarne le finalità non specificamente solo scientifiche ma di schietto impegno civile.


Il richiamo a quel fenomeno è del tutto approssimativo ed orientativo. Ma era necessario per introdurre il tema di questa riflessione.

Entrambi gli studiosi hanno richiamato quella stagione rievocando la possibilità che si possa creare un movimento che argini le derive del diritto (e del processo) penale a cui assistiamo negli ultimi anni, riconducendolo nell’alveo di un fisiologico strumento di accertamento e repressione delle condotte illecite.

Ma entrambi gli studiosi – e Donini in particolar modo – hanno dato atto della circostanza secondo cui non sia possibile che solo la Scienza penalistica possa far fronte ad un impegno così gravoso.


In questo senso, mi chiedo se si renda ormai non più imprescindibile, ed anzi doveroso, uno specifico impegno dell’Avvocatura che possa riuscire a supportare, sotto il profilo pratico e dinamico, un’attività di contrasto rispetto a qualsivoglia deriva.

È mia personale opinione che questa funzione sia, non solo imprescindibile, ma soprattutto indispensabile poiché l’impossibilità di coniugare il rigore scientifico - caratteristico della Dottrina - con l’analisi dinamica e concreta degli effetti che le distorsioni determinano, rende qualsivoglia impegno del tutto frustrato. E non è certo necessario spendersi oltremodo per dimostrare che la Dottrina non sia materialmente in grado di operare analisi di questa complessità e ponderosità; come pure la Avvocatura necessiti del supporto della Scienza giuridica per evidenziare le storture che, sul piano dogmatico, queste distorsioni determinano.  

D’altronde non è un caso che quella “battaglia” di civiltà giuridica Lucchini la pose in essere non solo sul piano prettamente dogmatico, ma soprattutto sul campo, attraverso la sua rivista e la analisi di fatti e situazioni che mostravano come la distorsione dai principi basilari classici del diritto penale determinasse effetti realmente inaccettabili.

Ritengo che il supporto pratico e casistico, in questi anni, sia del tutto mancato e questo abbia comportato l’effetto di consentire di analizzare un fenomeno solo dalle sue espressioni più paradigmatiche – in bene ed in male.

Manca una analisi di insieme che prescinde dalle ipotesi esemplificative ma che non può evidentemente essere compiuta da chi è chiamato ad analizzare gli aspetti prettamente scientifici della attività interpretativa.

E per realizzare questa analisi il supporto della Avvocatura è, a mio avviso, imprescindibile.

Quello che auspico, in buona sostanza, è che si ritorni a ricomporre quello che io individuo come una ormai radicale frattura tra l’Avvocatura e l’Accademia poiché entrambe, simbioticamente, possano realizzare quell’attività assolutamente indispensabile per un serio progresso scientifico del diritto e del processo penale.  



(*) Francesco Calabrese: opera nell’ambito professionale forense da ormai oltre venti anni. Laureato alla Università di Messina nel 1996 (con votazione di 103/110) ha conseguito l’abilitazione nel 1999 con il massimo dei voti. Esercita l’attività professionale da quella data in Reggio Calabria ma ha studio anche a Roma e Milano. Svolge anche attività di ricerca ed ha pubblicato articoli in diverse riviste come: 1) Colpevolezza e inescusabilità dell’ignoranza della legge penale, in Diritto & Formazione, n. 3, marzo 2005, pp. 435 e ss.; 2) Capacità innovativa e incidenza probatoria delle dichiarazioni ex art. 192 III comma c.p.p. in materia di revisione alla luce della pronuncia delle Sezioni Unite (Ric. Pisano), in Diritto & Formazione, nn. 8-9, agosto-settembre 2005, pp. 1192 e ss.;  3) La decisione sul ricorso del difensore quale causa non codificata di inammissibilità dell’impugnazione successiva del contumace, in Giurisprudenza italiana, nn. 8-9, 2008, pp. 2028 e ss. 4) Voce Amnistia (d.P.R. n. 75/90, artt. 4-6), in Leggi penali complementari commentate, a cura di A. Gaito e M. Ronco, Torino, 2009, pp. 210 e ss. 5) Il trasferimento fraudolento di valori, (volume collettaneo) Giappichelli nel 2018. 6) La sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione a proposito della natura della aggravante della finalità di agevolazione mafiosa, in Archivio Penale, 2/2020.


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