02 novembre 2022

Il sistema delle notifiche che vorrei- di Daniela Vascellaro (*)

 

nell’anno ‘zero’ della riforma cartabia sui cui il Governo ripone tante aspettative per assicurare una migliore efficienza della Giustizia penale, gli operatori del diritto non hanno mancato e non mancano di muovere alcune preoccupazioni di cui solo la pratica applicazione della nuova disciplina dimostrerà (lo si spera) la infondatezza.

In particolare in questo breve scritto ci si vuole soffermare sulla disciplina delle notifiche all’imputato ‘libero’, mentre, come è noto, la legge delega  27 settembre 2021 n. 134  rimane silente in relazione alle notifiche a soggetti diversi dall’imputato.

 Ebbene, la legge delega prevede che la prima notificazione (con la quale l’imputato prende cognizione del procedimento) e quella dell’atto che ne dispone la citazione a giudizio dovranno essere effettuate  personalmente all’imputato non detenuto o internato, tramite consegna a mani o con altre modalità comunque idonee a garantire che lo stesso venga a conoscenza della data e del luogo del processo e del fatto che la decisione potrà essere presa anche in sua assenza, mentre per gli atti successivi la delega prevede la notifica al difensore, sul quale graverà l’onere di informare il proprio assistito, così diventando, di fatto, un domiciliatario ex lege di quest’ultimo.

L’art. 1 comma 6 L. n. 134/2021 pone un adempimento preliminare per l’imputato non detenuto o non internato, in quanto istituisce l’obbligo per quest’ultimo, fin dal primo contatto con l’autorità procedente, di indicare anche i recapiti telefonici e telematici di cui egli dispone.

Ma soprattuto la delega prevede una modifica dell’art. 161 c.p.p.  in modo tale da consentire all’imputato non detenuto o internato di dichiarare domicilio ai fini delle notificazioni  anche presso un proprio recapito telematico.

Ora, muovendo dal mio osservatorio di giudice monocrativo, sovviene qualche dubbio circa la applicazione pratica di tale sistema di notifica telematica, ove è evidente che il riferimento sia a un indirizzo di posta elettronica e certificata. E invero, a tutt’oggi riscontro che il livello di alfabetizzazione e, a ancor più, di informatizzazione di molti imputati è alquanto carente (soprattutto ove si tratti di soggetti in età avanzata). Ma non solo: laddove si tratti di imputati nullatenenti e nullafacenti, riesce difficile immaginare che siano forniti di sistemi telematici.

Anche il recapito telefonico mi lascia alquanto perplessa, considerato che,  ben potendo l’intestario di un apparecchio di telefonia mobile essere diverso dal suo effettivo utlizzatore, non si avrebbe alcuna certezza che la notifica sia stata fatta al reale destinatario.

Appare quindi evidente che la citazione a mani proprie è quella che più di ogni altra offre garanzie in ordine alla effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinanatario.

E tuttavia, come nel passato, anche tale sistema non si sottrae ad alcune critiche, laddove le schede dl lettura del nuovo testo indicano la notifica a soggetti titolati, ad esempio il familiare convivente, che però ben potrebbe non avvertire mai l’interessato dell’avvenuta notifica o trasformarsi in un espediente, da parte dell’imputato, per sostenere pretestuosamente di non essere mai stato informato del procedimento a suo carico.

Per quanto riguarda gli ‘atti successivi’, la notifica a mezzo del difensore sottintende che l’imputato abbia l’onere di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni, che potrà essere anche telematico o telefonico e abbia altresì l’onere di informare il difensore di ongi eventuale mutamento di tale recapito.

Si viene quindi a gravare il difensore del delicato compito di assicurare la effettività delle notificazioni in materia penale, così  sottraendo tempo ed energie tempo ad attività più importanti in favore del suo assistito, quali, ad es., lo studio del processo o la ricerca di prove a discolpa.

E’ pur vero che la riforma ha previsto una deroga prevedendo che non costituisce inadempimento degli obblighi defensionali la omessa o ritardata comunicazione all’assistito, imputabile al fatto di quest’ultimo. E tuttavia tale deroga apre alla allegazione di circostanze impeditive che necessariamente dovranno essere valutate in concreto dal giudice, cosi’ lasciando margine alla discrezionalità di quest’ultimo di verificare se un effettivo e concreto ritardo sia addebitabile all’imputato, che ben potrebbe essere mosso solo da intenti dilatori.

La questione non è di poco conto se si pensa che in caso di rinvio del processo per difetto di notifica all’imputato, non è prevista alcuna sospensione dei termini di prescrizione del reato, con la conseguenza che tale adempimento ben può prestarsi a diventare un mezzo per allontanare nel tempo la sentenza definitiva.

Si impone pertanto, a mio modesto avviso, una riflessione sull’intero sistema delle notifiche, così da ridurre gli atti processuali soggetti a necessaria notifica all’imputato e/o al suo difensore. Si pensi all’avviso di conclusione delle indagini preliminari e al primo atto in cui la persona indagata assume la qualità di imputato, mentre potrebbe rimanere onere ed esclusivo interesse di quest’ultimo seguire le successive fasi del processo a suo carico, così scongiurando che  le garanzie difensive pregiudiuchino la speditezza del processo

Occorre dunque un illuminismo temperato in cui calare la “scienza dei codici” nelle concrete difficoltà della vita giudiziaria.

(*) Daniela Vascellaro: Laureata con lode all'Università di Pavia, ha svolto il periodo di uditorato nel distretto della Corte di Appello di Milano.

All’esito del periodo di tirocinio, è stata assegnata al Tribunale di Termini Imerese, dove ha svolto le funzioni di giudice a latere a decorrere dall’ottobre 1997 fino al febbraio 2001.
A seguito della introduzione, ex lege n. 479 del 16.12.1999, del procedimento innanzi al Tribunale in composizione monocratica, ha svolto anche le funzioni di giudice monocratico, con contemporanea applicazione, per la durata di otto mesi, alla Sezione Distaccata del Tribunale di Corleone per la trattazione degli affari penali.
Nel marzo 2001 la dr.ssa Vascellaro è stata assegnata, a seguito di richiesta di trasferimento al Tribunale di Palermo, alla I Sezione Penale e Misure di Prevenzione, presso la quale ha avuto modo di occuparsi - sia come giudice monocratico che collegiale - di delicati e complessi processi in tema di associazione a delinquere a scopo di truffa, usura, abuso di ufficio, falsa testimonianza, calunnia, diffamazione a mezzo stampa, infortuni sul lavoro e colpa medica. Nel contempo ha svolto la duplice funzione di giudice relatore ed estensore dei provvedimenti di misure di prevenzione (personali e patrimoniali) e di giudice delegato alle amministrazioni giudiziarie singolarmente assegnate, con riferimento a imprese individuali e societarie anche di grosse dimensioni e a vasti patrimoni immobiliari. 
Alla naturale scadenza del periodo di permanenza presso la I Sezione Penale e M.P., la dr.ssa Vascellaro ha fatto istanza di tramutamento presso la III Sezione Penale, alla quale è stata assegnata a decorrere dal 21 maggio 2012. 
A decorrere dal 21 maggio 2020 è in servizio, sempre con funzioni di giudice sia monocratico che collegiale, presso la IV sezione penale, specializzata in reati contro il patrimonio, reati di bancarotta e di associazione a delinquere, sia semplice che di stampo mafioso.
Nel corso della vita professionale ha avuto altresì l’occasione di dare il proprio contributo alla stesura del codice commentato di procedura penale a cura di Giovanni Tranchina, edito dalla casa editrice Giuffrè nel 2008.
Inoltre una sua ordinanza in tema di citazione del responsabile civile nell’ipotesi di modifica del capo di imputazione per “fatto diverso”, è stata oggetto di pubblicazione sulla rivista “Archivio della nuova procedura penale”, edita della casa editrice La Tribuna, mensile settembre/ottobre 2011. 


 

 

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