08 dicembre 2020

Le ragioni di un progetto: otto domande a Daniele Livreri, responsabile di Foro e Giurisprudenza - di Marco Siragusa

Daniele Livreri, è un Avvocato palermitano iscritto alla Camera Penale di Trapani; è responsabile di Foro e Giurisprudenza.


1. Daniele, parliamo di Foro e Giurisprudenza: cos’è?

Si tratta di un blog di aggiornamento giuridico, voluto dalla Camera penale di Trapani e pensato come strumento di circolazione delle idee e confronto con saperi diversi ma non altri, rispetto a quelli dell’avvocatura. Lasciami dire che “Foro e Giurisprudenza” sottende l’idea che, senza una cultura feconda, l’avvocatura rischia di non essere ritenuta un serio interlocutore. Il nostro blog è un piccolo tassello di ciò, ma del resto <<Little drops of water, Little grains of sand, make the mighty ocean >>.

 

2. Entriamo nel dettaglio: un blog ma non solo. Qual è la rilevanza politica del “giocattolo”?

Il dibattito sulla giustizia, soprattutto penale, è dibattito eminentemente politico. Senza scomodare il contrattualismo sociale, terreno di filosofia politica per me piuttosto malfido, credo che si possa dire che la giustizia è la massima, o almeno una delle più grandi, espressioni della cessione di libertà alla collettività per assicurarne i fini.


3. Sei un giurista preparato e attento alle dinamiche politiche: che momento viviamo?

Difficile da dire. I segnali che io colgo mi destano preoccupazione. Vedo una classe di governo incline, con l’aiuto di alcuni media, a parlare al falangistello che alberga in ciascuno di noi e tuttavia incapace di confrontarsi seriamente con i numeri della giustizia, che imporrebbero una migliore e più attenta analisi dei veri obiettivi da raggiungere, piuttosto che agognare “più delitti e più pene”.

 

4. Hai la passione per le statistiche,  trovi riscontri nelle analisi dei numeri?

Credo di sì. Vorrei però dire che ciò che manca nel dibattito è proprio uno studio accurato dei numeri. Dalla serie storica (2003- 2019) dei dati pubblicati dal Ministero risulta che il numero totale dei processi penali pendenti è sostanzialmente invariato, circa 1.600.000, anzi con un lieve aumento rispetto al 2003. Tuttavia la composizione interna delle pendenze dovrebbe indurre a riflettere, perché mentre sono migliorati i numeri dell’Ufficio Gip Gup, quelli del Tribunale monocratico sono molto peggiorati passando da 334.849 processi pendenti nel 2003 a 605.399 a fine 2019. Ho la sensazione che molti di questi processi, se non ci fosse una risposta muscolare, potrebbero essere definiti altrimenti. Penso alla particolare tenuità del fatto, la cui applicabilità è paralizzata da circostanze aggravanti ad effetto speciale, quale la esposizione alla pubblica fede. Un furto di infimo valore può facilmente non essere definito per particolare tenuità del fatto. 

 

 5. Tema giuridico e politico al tempo stesso: come possono “convivere” la nomofilachia forte e l’articolo 101 della Costituzione?

Se ti riferisci alla riforma Orlando, che ha introdotto il comma primo bis dell’art. 618 c.p.p., non percepisco il contrasto, sebbene autorevole dottrina lo abbia fatto. Anzitutto non mi pare sia un caso di “nomofilachia forte”, piuttosto la definirei “dialogante”. Mi spiego meglio: le Sezioni semplici ben possono interpretare la legge come meglio ritengono e quindi non credo che possa dirsi violato l’art. 101 Cost.; ove però intendano discostarsi da un principio di diritto già affermato dalle Sezioni Unite, pensate proprio per dirimere i contrasti giurisprudenziali, dovranno illustrare alle medesime Sezioni Unite le ragioni del contrasto e rimettergli il ricorso. Del resto credo che le prime applicazioni della norma abbiano dimostrato che le Sezioni Unite non nutrono particolari ritrosie a modificare il proprio precedente orientamento. Piuttosto fammi dire che io mi straccerei le vesti a fronte di casi in cui lo stesso giorno, lo stesso collegio nega e conferma, in tema di bancarotta, l’insegnamento tradizionale sull’irrilevanza del nesso causale tra condotta e fallimento, sol perché muta il relatore. E’ successo il 24 settembre 2012 e se ne occupò Diritto penale Contemporaneo. Da avvocato penso che sarebbe stato molto difficile spiegare al ricorrente cui era andata male che tutto ciò avesse a che fare con la soggezione del Giudice soltanto alla legge. Forse non è del tutto inutile rammentare che la bozza non approvata dell’art. 101 Cost. prevedeva che «I giudici, nell'esercizio delle loro funzioni, dipendono soltanto dalla legge che interpretano e applicano secondo coscienza». 

 

6. L’indipendenza della magistratura è un valore da difendere. In Costituzione il compromesso storico la volle “unica”, associando i magistrati requirenti e quelli giudicanti. C’erano ragioni per temere l’uso politico della giustizia?

In linea di massima ti risponderei, richiamando Wittgenstein, che su ciò di cui non si può parlare si deve tacere, e io su analisi sì complesse farei bene a tacere. Però, a proposito dei timori nutriti dai costituenti su un uso politico della magistratura, si può rammentare che Calamandrei, durante i lavori preparatori della Costituzione, ricordò che nel periodo 1920-1921, in occasione dello sciopero dei ferrovieri, qualcuno domandò a Giolitti perché il Pubblico Ministero non avesse agito contro gli scioperanti e l'onorevole rispose che nei momenti in cui i reati da perseguire sono così numerosi, ragioni politiche impongono di dare ordine al Pubblico Ministero di non agire.

 

7. Approfondiamo il tema. La prevalenza delle indagini ne accresce l’uso politico?

Si tratta di un nodo problematico. Mi limiterò a rammentare che nel 2008 la sola esistenza di un’inchiesta fu in grado di travolgere un Ministro della Giustizia e far precipitare un Governo

 

8. Il progetto di riforma costituzionale di iniziativa popolare promosso dall’Unione delle Camere Penali Italiane prevede, pur nell’indipendenza, la separazione tra magistratura giudicante e requirente. Qual è la tua opinione?

Il principio della separazione delle carriere mi pare assolutamente condivisibile, tenuto conto della tipologia del processo accusatorio e del correlato principio di terzietà del Giudice. Nutro qualche perplessità sull’opportunità di variare l’attuale proporzione tra la componente togata e quella laica nei nuovi Consigli superiori della Magistratura in uno alla riforma dell’obbligatorietà dell’azione penale, da esercitarsi nei casi e nei modi previsti dalla legge. Troppi fantasmi evocati tutti in una volta.  


     

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