20 febbraio 2021

20 febbraio '17 - 20 febbraio '21: il nostro ricordo di Ettore Randazzo

La vita non è quella che si è vissuta, 
ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. 
(Gabriel Garcia Marquez)



Sono passati quattro anni da quando l'Avvocato Ettore Randazzo ci ha lasciati ...
Poche righe sono insufficienti per descriverlo nel suo esempio di uomo, di avvocato, di scrittore, di autore teatrale. Di uomo di cultura. Tanto grande, quanto umile nell'esempio. Come solo i grandi sanno essere (curriculum).

Molti di voi troveranno, rileggendo i suoi scritti, le ragioni di una passione che si chiama Difesa, e molto, molto altro ancora (L'avvocato e la verità, La Giustizia nonostante, entrambi editi da Sellerio; e poi gli scritti giuridici su esame e controesame, indagini difensive, deontologia).


Nella prefazione del suo ultimo libro giuridico Ettore aveva scritto: <<Siamo tutti consapevoli come (e quanto) la Difesa nel processo penale sia il vessillo, il parametro, l'emblema più eloquente della libertà di un popolo. Siamo cittadini di un paese libero solo se gli avvocati sono liberi, la giustizia autentica, il processo giusto>>, Il penalista e il nuovo codice deontologico).

Per cercare di comprendere chi fosse veramente e quanta passione avesse per il processo, per la difesa e per la professione, sarà sufficiente leggere il suo "testamento", edito postumo dalla collana "Il Penalista" della Giuffrè. Lo alleghiamo perché possiate assumerlo ad esempio e ne siate, ogni giorno, paladini.

E' giusto che sappiate che la Scuola della Camera Penale di Trapani, come le altre in Italia, si definiscono "di tecnica e deontologia dell'avvocato penalista" per felice intuizione di Ettore che, da uomo colto, ben conosceva il significato delle parole.

Come ogni anno, vogliamo ricordare Ettore Randazzo con le sue parole:

<<Le sconfitte permangono a lungo nei rimorsi e nelle sofferenze di ogni avvocato. Fanno parte della sua esperienza, della sua formazione, persino del suo amore per la toga.

Nessuna sconfitta si addebita solo al giudice, abbiamo sempre dubbi sulle nostre strategie, sugli approfondimenti in fatto e in diritto, sulla nostra prontezza, sullo scrupolo, sull’efficacia della discussione finale.

Il nostro non è un mestiere che si insegna, è un mestiere che si impara.

Si impara battendosi contro gli errori, le ingiustizie, le angherie, a volta le meschinità.

Si impara indignandosi di ogni sopruso giudiziario, da chiunque provenga.

Si impara nelle notti insonni, nei tumulti delle nostre angosce.

Si impara soffrendo con i nostri assistiti, scusandoci con loro dei misfatti del sistema giudiziario e di chi lo gestisce.

Si impara coltivando una fede doverosa e irragionevole nella Giustizia.

Si impara tremando nell’indossare la toga, sentendoci penetrati dalla sua malia.

Si impara osservando all’opera - se possibile - i Maestri dell’Avvocatura, studiandone le mosse, cercando di emularli, illudendoci di capire il loro ingegno.

Si impara ringraziando i nostri Padri per aver custodito e tramandato l’incantevole seduzione della Difesa>>


Quattro anni fa, durante l'omelia funebre nella Cattedrale di Ortigia, il fratello di Ettore, il collega Giovanni Randazzo, lo ha ricordato così: “Ettore ci ha insegnato tre cose: la capacità di sognare, il talento nel saper realizzare, la voglia di lottare per migliorare“.

Ciao Ettore, vincili tutti i processi lì dove c’e giustizia


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