24 settembre 2021

Quale rimedio avverso il diniego di dissequestro temporaneo ?



Con un recente arresto (Cass. Sez. III n. 26608 del 28 maggio - 13 luglio 2021, sentenza al link) la Corte nomofilattica ha segnato un importante revirement in tema di rimedi esperibili avverso i provvedimenti che vertono sul c.d. “dissequestro temporaneo di un bene soggetto a sequestro preventivo.

Per una migliore intelligenza della pronuncia, giova anzitutto ricordare che il G.i.p. del Tribunale di Tempio Pausania, previa acquisizione del parere del pubblico ministero, aveva rigettato un’istanza finalizzata alla temporanea rimozione dei sigilli per ottemperare all’ordine di demolizione impartito dal Comune di Olbia di un immobile oggetto di sequestro preventivo, ex artt. 44 lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 e 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004.

Avverso l’indicata ordinanza, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione e tuttavia per la Corte il ricorso deve essere qualificato come appello cautelare ex art. 322-bis cod. proc. pen..

Al riguardo la sentenza ha precisato che <<per impostare correttamente la problematica concernente i rimedi esperibili avverso le ordinanze emesse nella fase procedimentale afferenti a questioni relative alle modalità esecutive del provvedimento di sequestro preventivo è necessario prendere le mosse dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 48126 del 20/07/2017, Muscari (dep. 19/10/2017, Rv. 270938)>>.
Infatti, i Giudici di legittimità hanno precisato che <<pur intervenendo in una vicenda affatto diversa (ossia se il terzo, rimasto estraneo al giudizio di cognizione, proprietario del bene del quale sia stata disposta, con sentenza, la confisca, sia legittimato a promuovere incidente di esecuzione prima della irrevocabilità della sentenza stessa), le Sezioni Unite hanno affermato che, in tema di misure cautelari reali, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene oggetto di sequestro va chiesta al giudice della cognizione e contro la decisione di diniego è proponibile appello dinanzi al Tribunale del riesame>>.
Orbene, le sezioni semplici ritengono che da tale affermazione possa ricavarsi un principio generale valido per <<ogni ipotesi in cui si pongano questioni in relazione all’adozione e all’esecuzione di un provvedimento ablativo, prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile>>.

A sostegno di tale conclusione, nella sentenza che si annota si sottolinea un passaggio delle citate Sezioni Unite, ove si afferma che <<l'incidente di esecuzione consente infatti la verifica del titolo esecutivo derivante dalla sentenza di condanna>> e pertanto <<si colloca nell'ambito del c.d. ‘rapporto punitivo’ e viene attivato per l'esecuzione e nell'esecuzione della sentenza irrevocabile”>>.

Volendo schematizzare:

1)     il Giudice che procede è legittimato a conoscere del provvedimento di sequestro, quale che sia la questione dedotta;

2)     per converso non può ravvisarsi, in alcun caso, la competenza funzionale del Giudice dell’esecuzione, fin tanto che non vi sia un giudicato; 

3)     avverso il dictum del Giudice che procede potranno esperirsi i rimedi censori tipici della cautela.

Per quanto la soluzione testé prospettata paia piuttosto limpida, essa non sembra costituire un sicuro approdo, emergendo un palese contrasto con altro arresto della medesima sezione semplice.

In particolare Cassazione penale sez. III- 12/06/2018, n. 39275, adita su ricorso avverso un appello cautelare, ha osservato che:

a)      <<con il riesame avverso il decreto genetico del sequestro preventivo, quanto con l'appello avverso le successive ordinanze nella stessa materia, i soggetti legittimati possono far valere le proprie ragioni in ordine all'esistenza o alla persistenza dei presupposti di applicazione di quella misura cautelare reale, ciò potendosi indirettamente desumere dal fatto che l'art. 321 c.p.p., comma 3, cui l'art. 322 bis, è collegabile, si riferisce alla istanza con la quale si chieda la revoca del sequestro preventivo per la mancanza, eventualmente anche sopravvenuta, delle condizioni originarie di applicabilità della stessa misura (così, in motivazione, Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv. 259769)>>;

b)     <<il "dissequestro temporaneo" … attiene certamente … alle modalità di esecuzione del sequestro preventivo>>;

c)      i provvedimenti de quibus sono <<impugnabili con la procedura dell'incidente di esecuzione (Sez. 2, n. 44504 del 3/7/2015, Steccato Vattumè, Rv. 265103; Sez. 6, n. 16170 del 2/4/2014, Stollo, Rv. 259769; Sez. 3, n. 26729 del 23/3/2011, Lannino, Rv. 250637)>>.

Il principio testé enunciato è stato poi oggetto di recente conferma, sebbene sulla scorta di presupposti non del tutto coincidenti.

Invero Cassazione penale sez. III- 14/04/2021, n. 13825 ha affermato che:

·        la richiesta di cd. "dissequestro temporaneo" <<non attenendo alla verifica della sussistenza delle condizioni per l'applicazione della misura, ma alle modalità di esecuzione del provvedimento cautelare, comporta che eventuali questioni ad esso relative vanno proposte in sede di incidente di esecuzione>>;

·     tuttavia le richieste finalizzate ad una fruizione anche temporanea del bene non rientrano nella nozione di  "dissequestro temporaneo", di talché <<il pubblico ministero che non ritenga di accogliere la richiesta di restituzione, anche solo parziale, del bene, é tenuto a trasmettere gli atti al giudice con le proprie valutazioni secondo quanto stabilisce l'art. 321 c.p.p., comma 3>>;

·         ricevuto il parere del Pubblico Ministero, <<il giudice decide con ordinanza impugnabile ai sensi dell'art. 322-bis c.p.p.>>.

Da quanto sopra può ricavarsi che se per Cass. n. 39275/2018 l’incidente di esecuzione riguarda tutto ciò che non attiene ai presupposti del sequestro preventivo o alla loro permanenza, per Cass. 13825/2021 il distinguo tra rimedi cautelari e incidente di esecuzione non può sic et simpliciter ricavarsi su tale crinale. 

Sicuramente per chi si accinge a contestare un provvedimento inerente modalità esecutive il quadro di riferimento è tutt’altro che rassicurante, anche perché nella sentenza annotato il PG aveva richiesto che il ricorso fosse riqualificato non come appello cautelare, ma quale opposizione all'esecuzione, si ritiene ex art. 667 IV co. c.p.p..  

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