Segnaliamo la sentenza della Cass.pen., sez. IV sent. 26 febbraio 2020 - 17 settembre 2020 n. 26130, Pres. Bricchetti Rel. Tanga sulla regola del giudizio di appello in caso di overturnig peggiorativo.
La sentenza in commento ribadisce che ai fini della rinnovazione dell'istruttoria in appello la (ri)valutazione della prova dichiarativa riguarda sia l'attendibilità dei dichiaranti sia tutte le questioni che implicano una diversa interpretazione delle risultanze della prova.
Il tema è strettamente connesso a quelli della "motivazione rafforzata" e del "ragionevole dubbio": <<la sentenza che riformi totalmente, sia in senso assolutorio sia come di condanna, la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar, Rv. 254638)>>.
Si osserva infatti in sentenza che un fatto non sempre presenta una consistenza oggettiva di natura astratta e asettica ma è, talvolta, mediato attraverso l'interpretazione che ne dà il dichiarante, con la conseguenza che la risultanza probatoria risente di tale mediazione che incide sull'approccio valutativo del giudice, anch'esso pertanto mediato.
Se dunque il giudice di appello che ribalta la decisione è tenuto a "rafforzare" la motivazione, si comprende agevolmente come tale obbligo sia più intenso nel caso di riforma peggiorativa, non potendo il giudice del secondo grado confrontarsi con un patrimonio cognitivo meramente cartolare (id est: la mera lettura delle prove dichiarative) rispetto a quello del primo giudice. Quest'ultimo dispone infatti di elementi di conoscenza di "migliore qualità", giusta la immediatezza e l'oralità che hanno caratterizzato la formazione della prova innanzi a sé.
Ne segue che il giudice di appello deve ristabilire il contatto con la prova, per non "maneggiare" un materiale probatorio depotenziato dai metadati di conoscenza che l’immediatezza e l’oralità assicurano (per dirla con le parole della sentenza in commento la <<Regula iuris [è] ritenuta dalle Sezioni Unite necessitata anche dal canone di giudizio "al di là di ogni ragionevole dubbio", codificato dall'art. 533, comma 1, cod. proc. pen., e dai principi del "contraddittorio", "oralità", "immediatezza" nella formazione della prova e "motivazione" del giudice di merito che regolano il processo>> ).