Con la
sentenza n. 30046 depositata il 29 luglio (sentenza al link), le Sezioni Unite hanno escluso ogni
operatività del limite di aumento di pena previsto dall'art. 99 VI co. c.p., sia ai
fini della determinazione della prescrizione ordinaria che di quella prorogata.
Per una migliore intelligenza del quesito sciolto dal massimo
collegio della Corte, giova rammentare che ex art. 157 II
co. c.p., <<per determinare il tempo necessario a
prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato
consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze
attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le
aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da
quella ordinaria e per
quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per
l’aggravante>>.
Di talché ai fini della determinazione del tempo minimo necessario
ad estinguere il reato deve tenersi conto degli aumenti di pena previsti per le
ipotesi di recidiva qualificata.
Analogamente l'art. 161 c.p. detta una disciplina
specifica per la proroga della prescrizione in caso di recidiva qualificata.
Sennonché l'art. 99 c.p. u.c. dispone che << in
nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo
delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo
delitto non colposo>>.
La giurisprudenza si è interrogata se i limiti previsti dall’appena
citato art. 99 abbiano un qualche riflesso sulla disciplina della prescrizione,
in caso di recidiva.
Un orientamento
giurisprudenziale minoritario ha ritenuto che, ove l'aumento
di pena praticato per la recidiva non superi un terzo della pena applicata per
il reato contestato, la recidiva perda la sua natura di circostanza
aggravante ad effetto speciale e quindi non se ne possa tener conto, né ai fini
del calcolo del termine ordinario di prescrizione, ex art. 157 c.p., né ai fini
di quello prorogato, ex art. 161 c.p..
Diversamente, un indirizzo maggioritario ha
ritenuto che la natura di aggravante ad effetto speciale della recidiva non
dipenda dal concreto aumento di pena ex art. 99 c.p. u.c. e
che pertanto l'aumento del termine ordinario della prescrizione,
previsto dall'art. 157 cpv., vada comunque applicato, sebbene con i limiti
dell'art. 99 c.p., sesto comma. Per ciò che invece attiene alla
proroga dei tempi di prescrizione in forza di atti interruttivi, il disposto di
cui all'art. 161 c.p. prevede degli aumenti prefissati, che non risentono in
alcun modo del meccanismo mitigatorio citato.
Le SS.UU. hanno rigettato l'uno e l'altro indirizzo.
Anzitutto la Corte ha negato che la concreta quantità
di pena applicata in forza della recidiva ne possa far mutare la natura, così
ripudiando una ricostruzione della recidiva "a geometria variabile".
Ma i supremi giudici hanno anche smentito l'altro indirizzo esegetico.
Infatti nella sentenza che si annota, la Corte regolatrice ritiene
che il mancato richiamo negli artt. 157 e 161 c.p. all'art. 99 risponda ad una visione
unitaria, a mente della quale il calcolo della prescrizione risponde ad una
logica generale e astratta, lì dove invece i meccanismi di determinazione della
pena sono necessariamente correlati a profili concreti e individuali.
Tuttavia la Corte risulta conscia che la portata applicativa dell'impianto normativo così ricostruito potrebbe, in forza di un chiaro effetto duplicatorio dell’ aumento del termine di prescrizione, porre, in taluni casi, problemi di costituzionalità.
in forza del meccanismo di cui